COVID, COVID, sempre e solo COVID.

Dopo quasi un anno in compagnia del virus, è innegabile come sia ormai divenuto parte integrante della nostra società, che gioco forza continua ad affannarsi nel tentativo di adeguare se stessa al cambiamento innescato dalla pandemia nelle vite di tutti noi.
Ovviemente lo sport non è esente da questo processo e finalmente, dopo un'intera primavera trascorsa nell'incertezza, il carrozzone del calcio è riuscito a rimettersi in moto, seppur un po' ferito e rattoppato.

I vari campionati hanno già ripreso il loro corso, nonostante le moltissime difficoltà e defezioni ereditate dalla scorsa stagione; vuoi per il ritardo di condizione di molti protagonisti che stanno inevitabilmente pagando la preparazione estiva ridotta all'osso a causa del protrarsi oltre ogni previsione della scorsa annata; vuoi per la spada di Damocle dei contagi che colpiscono ciclicamente tutte le squadre costringendo i rispettivi allenatori a schierare formazioni molto rimaneggiate, ma signori, il calcio è un'azienda a tutti gli effetti e pure parecchio grossa, quindi volenti o nolenti "the show must go on".

La vera prova di maturità per il sistema di fortuna messo in piedi in quattro e quattr'otto in piena pandemia, però, inizierà con il fischio di inizio della Champions League 20/21 questa sera; solo da questo momento in poi si capirà se il calcio europeo potrà reggere l'urto della pandemia, perché una condizione di emergenza come l'anno scorso, con modifiche regolamentari enormi introdotte in corsa, causerebbe danni di immagine enormi alla competizione regina del vecchio continente, con conseguenti e ulteriori perdite a catena per tutto il sistema.

Va spezzata, tuttavia, una lancia in favore della UEFA, che nonostante le difficoltà oggettive riscontrate nel portare a termine la scorsa UCL è riuscita a salvarsi in corner con l'introduzione delle final eight, presentando al pubblico un prodotto che seppur non entusiasmante  ha messo una bella toppa momentanea al problema.

Non a caso ho appena scritto "momentanea": sarebbe da stolti pensare che il problema sia superato, anzi, forse la tanto famigerata seconda ondata del virus farà pure più danni della prima, ma ora come ora è imperativo farsi trovare pronti e salvare il calcio, perché se i danni dovessero essere ancora più estesi e contarsi sempre di più nell'ordine di miliardi di euro, potrebbe non esserci una terza opportunità.

Ad oggi il prodotto Champions League ha tre problemi fondamentali: l'assenza di pubblico, che rende inevitabilmente dei templi sacri del calcio enormi gusci vuoti e silenziosi, le difficoltà oggettive nell'organizzare spostamenti rapidi e frequenti tra stati diversi a seconda delle varie situazioni epidemiologiche e il basso livello di gioco espresso dalle squadre partecipanti, troppo spesso penalizzate da numerose assenze in rosa e quindi costrette a schierare seconde linee.
A peggiorare ulteriormente questo già compromesso quadro, si aggiunge poi la variabile relativa all'evoluzione pandemica, che ad oggi nessuno è in grado di prevedere e quantificare con certezza.
Insomma, il rischio di distruggere tutto il buon lavoro portato a termine dalla UEFA negli scorsi anni per promuovere la Champions e darle un peso economico-sportivo importantissimo è estremamente alto e concreto, ma è proprio qui che un'intuizione completamente fuori dagli schemi potrebbe far svoltare la situazione: introdurre un nuovo format "itinerante", sul modello dell'europeo che (speriamo) si giocherà quest'anno.
In sostanza si manterrebbe inalterato l'attuale sistema di turnazioni, con gironi e fasi eliminatorie in gara doppia fino alla finale, con la differenza che ogni turno si svolgerebbe in una o più sedi predefinite, che verrebbero scelte strada facendo in base all'evolversi della pandemia nei vari paesi, dando così modo agli organizzatori di creare delle "mini bolle" in cui isolare le squadre partecipanti per rendere più agevoli e sicuri gli spostamenti.
In questo modo si potrebbe vendere un prodotto completamente nuovo e di impatto al grande pubblico, una sorta di edizione celebrativa della competizione per club più prestigiosa al mondo, disputandola solo nei grandi stadi europei che hanno fatto la storia (Santiago Bernabeu, Old Trafford, Allianz Arena, San Siro, ecc...) come se fosse una sorta di corsa a tappe fino alla finale.

Logisticamente sarebbe piuttosto semplice da organizzare: basterebbe istituire delle pause nei vari tornei nazionali (della durata di 14 giorni per la fase a gironi e di 7 per i turni a eliminazione diretta visto il minor numero di partite da giocare) sul modello di quelle per le nazionali, con le squadre impegnate in coppa che effettuerebbero i tamponi di controllo il giorno immediatamente successivo allo svolgimento della propria partita di campionato, per poi partire alla volta della mini bolla a loro assegnata appena ricevuti gli esiti negativi; in questo modo avrebbero qualche giorno di tempo per riposare e preparare al meglio l'impegno europeo.

Per la fase a gironi sarebbero necessarie due pause, una per disputare le tre partite di andata e una per le tre partite di ritorno, mentre dagli ottavi in poi ne basterebbe una sola in cui disputare la doppia gara di ogni turno.

E' interessante notare come questo nuovo format porterebbe in dote numerosissimi vantaggi: in primis, agevolerebbe lo svolgimento sia della coppa che dei campionati nazionali, diminuendo drasticamente la gravosità dell'impegno europeo, che negli ultimi anni viene sempre di più visto come una sorta di handicap a causa del maggior numero di match da disputare in pochi giorni e allo stesso tempo garantirebbe alle squadre non qualificate in Champions il tempo per smaltire eventuali infortuni o positività, aumentando anche il livello di competitività dei vari tornei.
Secondariamente, non intaserebbe i vari calendari (già stracolmi) dei club, in quanto libererebbe 12 slot temporali per disputare turni infrasettimanali (sei per i gironi e 6 dagli ottavi alle semifinali) a fronte di appena 7 weekend che verrebbero "rubati" ai vari campionati.
Dal punto di vista economico e commerciale poi, avrebbe tutte le potenzialità per essere un'edizione di enorme successo, andando a rompere quella monotonia creatasi negli ultimi anni in Champions League, che per quanto rimanga un torneo molto ben strutturato inizia a necessitare di una ventata di aria fresca per non cadere nell'eccessiva ripetitività; inoltre anziché vendere a milioni di tifosi e appassionati uno spettacolo incompleto e ridimensionato dalla pandemia, questa edizione "celebrativa" della UCL sarebbe un prodotto completamente nuovo e unico nel suo genere, il quale a sua volta aprirebbe a molte ulteriori possibilità e allo stesso tempo i singoli club non ci perderebbero nulla, in quanto gli introiti da stadio sarebbero comunque azzerati dalla limitazione di giocare a porte chiuse.
Si potrebbe giocare "addobbando" i vari stadi prescelti per non farli apparire come enormi gusci vuoti, ma al contrario rendendoli la cornice di un grande spettacolo, oppure per mantenere alto l'interesse si potrebbe svelare di volta in volta le sedi selezionate per lo svolgimento del turno successivo, andando a creare grande hype nei fan e contemporaneamente riservandosi un'ampia possibilità di manovra per potersi riorganizzare in corsa a seconda delle varie situazioni epidemiologiche locali, insomma: l'unico limite è la fantasia!

Un altro aspetto da non tralasciare è l'aumento dei proventi generati dall'impatto televisivo di una simile revisione nel format, dando la possibilità ai broadcaster privati di poter contare su molte più fasce orarie e persino migliori per trasmettere le partite, favorendo un aumento di share dei singoli match.

Insomma, la mia è solo una proposta che viene da un fan come milioni di altri, ma il fulcro del mio pensiero è molto semplice: perché pensare ancora secondo gli schemi tradizionali e provare a tornare ad una normalità che appartiene al passato, quando si potrebbe sfruttare questo periodo di enormi ed inevitabili cambiamenti come un trampolino di lancio verso il futuro?