L'anno scorso mi capitò di leggere navigando sul web un articolo* in cui si faceva riferimento al tempo effettivo giocato dalle squadre della Serie A nel girone d'andata della stagione 2017/18.

Secondo l'elaborazione effettuata, la media di ogni partita effettivamente disputata era pari a 51 minuti e 8 secondi, contro i 95 minuti e 19 secondi di orologio.
Già solo questo dato parla da solo su uno dei temi più dibattuti relativamente alla durata del singolo evento: il tempo effettivamente "giocato" è inferiore e di gran lunga rispetto a quello cronometrato.

Fin qui, il problema è abbastanza relativo; il vero danno sta nella scarsa sportività che si riscontra quasi in ogni incontro, dove il team in situazione di vantaggio sfrutta lo scorrere del minutaggio a suo favore con perdite di tempo, infortuni spesso falsi o ingigantiti, creando delle situazioni nervose che poco hanno a che vedere con l'etica del nostro sport preferito e che dunque incidono in modo determinante (in molti casi) sull'esito dei match.
E guai a considerarlo un problema tutto italiano: anche negli altri Paesi le medie vanno dai 53 minuti circa della Liga ai 56 di Premier e Bundesliga**. 

Emerge dunque un quadro abbastanza chiaro della situazione: le partite non si giocano mai per 90 minuti interi, anzi, la costante è che il tempo di gioco reale non super mai l’ora effettiva.

In questi anni molti opinionisti e non solo hanno avanzato l’ipotesi dell’introduzione di tale meccanismo, che però richiede un intervento a livello “normativo”.

La durata della partita, spezzata in due tempi da 45 minuti intervallati da 15 minuti di pausa, è stata infatti decretata fin dagli albori del calcio, venendo introdotta nel 1863 già con lo Sheffield Rules, ovvero le regole basilari del calcio che furono poi adottate dalla FIFA e che ogni anno vengono revisionate.
L’articolo 7 del regolamento del calcio prevede appunto che le partite abbiamo quella durata e quel meccanismo. Ciò, però, non impedisce delle rettifiche, sebbene richiedano come è chiaro uno sforzo non indifferente.

Già sul finire del XIX secolo venne introdotto l’attuale “recupero”, in quanto in una partita disputata in Inghilterra venne assegnato un calcio di rigore a due minuti dal termine, ma il portiere della squadra difendente allontanò il pallone fuori dal campo, ed essendo ancora un calcio molto “rustico”, il direttore di gara si trovò costretto a fischiare la fine del match in quanto il pallone non era recuperabile nei tempi previsti.

Questo aneddoto aveva dimostrato che con la furbizia si poteva ottenere ugualmente un risultato positivo; proprio per tale ragione, l’introduzione del recupero venne ideata per arginare possibili comportamenti scorretti.

Ma ciò, a oltre 120 anni di distanza, non può bastare: il recupero è rimasto a “discrezione dell’arbitro” e pertanto una volta terminati i 45 minuti canonici, in qualsiasi momento, in teoria, l’arbitro può decretare la fine dei giochi.
Bisogna evitare, come è giusto che sia, discrezionalità e soprattutto atteggiamenti infantili e contro le regole basilari dell’etica dello sport: solo l’introduzione del tempo effettivo è in grado di ovviare a questa problematica.

Ma in che modo, concretamente, potrebbe essere introdotto?
L’idea potrebbe essere simile a quella già in uso nel calcio a 5, ovvero affidare ad un funzionario (potrebbe essere tranquillamente il quarto uomo) il compito di avviare un cronometro a scalare (come avviene anche nel basket, ad esempio) ed interromperlo ogni qualvolta il gioco viene interrotto, quindi quando c’è un fallo, quando il pallone varca il rettangolo verde e non è in gioco ed in generale in tutte le situazioni in cui l’attività calcistica pura si arresta.
In questo modo, l’arbitro dovrebbe focalizzarsi esclusivamente sull’andamento della sfida, delegando al quarto uomo (che assumerebbe anche un maggio rilievo rispetto alla figura attuale) il mantenimento del cronometro.
Con questo sistema, cesserebbero di esistere quelle fastidiose perdite di tempo o, anche se vi fossero, non avrebbe impatto sulla correttezza della partita.

Una volta scaduto il timer, si proseguirebbe fino all’uscita del pallone dal campo e, in caso di fallo tattico da parte di una delle due squadre, fino alla conclusione dell’azione interrotta con l’esecuzione di un calcio di punizione o di un calcio di rigore.

Con questo sistema, si azzererebbe la possibilità di perdere tempo e avremmo delle partite sane fino all’ultimo.
La durata dei tempi dovrebbe essere di 30 minuti per tempo, con un intervallo mantenuto a 15 minuti (anche per garantire la copertura degli spot televisivi). Eventuali tempi supplementari sarebbero ridotti proporzionalmente a 10 minuti cadauno.

Questo sarebbe solo una delle tante soluzioni che potrebbero portare a migliorare e a rendere più corretto il gioco del calcio.




* fonte: https://www.calcioefinanza.it/2018/01/04/serie-a-tempo-effettivo-squadre/ 
** fonte: https://www.mondiali.it/serie-a/e-se-nel-calcio-si-introducesse-il-tempo-effettivo-di-gioco/