Per un appassionato di Premier League, il dominio del Liverpool non è stata la notizia più bella del decennio. I Reds hanno cannibalizzato il campionato, con meriti evidentissimi ma anche troppi blackout dei rivali. Il City, si proprio la squadra di Guardiola che ha più campioni che posti a sedere nello spogliatoio, viaggia in seconda classe a 25 lunghezze di distacco, con il Leicester terzo e le altre nobili londinesi e lo United che arrancano.
Chi conosce il calcio inglese sa bene che la squadra è del popolo e si sostiene anche dopo le sconfitte, ma nei pub, nel tardo pomeriggio dopo lavoro, nessuno è felice di commentare lo strapotere dei Reds e la caduta degli dei. A Londra, sponda Chelsea, l’ultimo trofeo lo ha alzato Sarri, ma l’obiettivo è tornare primi in Premier e tingere Londra di blue. Un sogno svanito in questa stagione, in cui Lampard ha messo in chiaro alcune regole e gettato le basi per un progetto vincente. La strada da percorrere riparte da lui, scelto perché bandiera, perché migliore marcatore della storia del Chelsea con 211 reti. Una nuova identità che riparte dalle sue scelte e dai giovani.
Dopo un inizio non del tutto esaltante, l’allenatore ha messo fuori qualche pezzo grosso e lanciato la squadra del futuro. Dentro Mount, talento smisurato, e Abraham, forse non un principe di eleganza ma cattivo sotto porta. Accanto a loro Pulisic, 5 reti e tanta creatività e un buon numero di senatori affidabili. Non basterà per la Premier, neanche per ribaltare il Bayern in Champions League, ma è una base da consolidare. Le prime due mosse sono davvero ambiziose. Zyiech ha già salutato l’Ajax, e porterà talento e duttilità ai bleus, mentre Werner, affare praticamente fatto, è quel bomber che mancava da tempo, forse ancora da prima dell’arrivo di uno spento Higuain. Immaginate quindi un reparto offensivo con gli ultimi due innesti di mercato, più Pulisic, Mount, Abraham e Hudson-Odoi. Età media bassissima e talento pronto ad esplodere.
Ma cosa sta cambiando nel club londinese? Le strategie innanzitutto. Troppi giocatori non sono stati capaci di affermarsi a Londra. L’esempio più facile è Salah, ma anche Lukaku ha toppato, in anni in cui il Chelsea si è anche affermato ma mai con continuità. Roman Abramovich ha quindi mescolato le carte pensando al campo ma anche al fatturato. Lo stop al mercato imposto dalla FIFA ha condizionato un club che ha riconsiderato i propri talenti e gli uomini in società. Abramovich ha snellito tutto, ha affidato una rete di scouting innovativa a Scott Mclachlan e affidato trattative alla Granovskaia, dipinta dai media inglesi come una professionista molto fredda nel condurre gli affari di sua competenza e capace di gestire le trattative senza perdere tempo o cedere a prezzo fuori mercato. Le sue figure si intrecciano con quella del proprietario del Chelsea e di Lampard, che ha avanzato qualche richiesta importante ma intanto ha dato valore a molti giovani in questa stagione.
Snellire, perdere meno tempo possibile nelle trattative, valorizzare un'accademia sempre in crescita grazie a McLachlan e gonfiare le casse provando a competere.

È nato un nuovo Chelsea, che con Werner e Ziyech si mostra ambizioso e qualitativo. Allo Stamford Bridge vogliono tornare ad esultare, perché vincere è lo scopo dei blues, come recita l’inno dei tifosi, e per farlo, al tempo dei cannibali in maglia rossa, servono gli uomini giusti al posto giusto.