Nei suoi romanzi Henry James poneva al centro della narrazione il contrasto fra gioventù e maturità, fra condizione generale e individuo, fra tradizione e nuovo mondo. Il suo lavoro forse più celebre, “Ritratto di signora” a modo suo non fa eccezione. In un ambiente tipicamente maschile, una donna sembra ancor oggi fuori posto e per gli uomini che ne fanno parte confrontarsi con lei non è del tutto semplice. Trattarla con eccessivo riguardo può apparire ingiusto e discriminatorio, non avere riguardi di sorta sembra quasi assenza di galanteria. Per un periodo della sua vita Maria Grazia Lombardi, per tutti Lella, entrò nel mondo più maschilista in assoluto stabilendo non soltanto un rapporto alla pari con l’ambiente ma diventando la prima donna in assoluto a garantirsi un piazzamento nel Campionato Mondiale di Formula 1. Lella non è stata la prima a gareggiare sulle 4 ruote e non sarebbe stata l’ultima. Ma sarebbe diventata l’unica a prendere punti in una competizione iridata. Pardon, mezzo punto. Anche Henry James avrebbe applaudito. Quello 0,5 in classifica è esso stesso un perfetto Ritratto di Signora. A quattro ruote, ma sempre una gran Signora.

BAMBOLE E BULLONI. Nascere a Frugarolo, non è essere venuti al mondo nel nulla, ma nemmeno al centro della scena. Meno di 2000 anime in un ambiente un po’ sonnolento. Alessandria dista pochi chilometri, Torino è già molto lontana ed è lì che da oltre un secolo nascono le principali macchine italiane. Il 26 marzo del 1941 nasce una bambina di nome Maria Grazia. Forse i signori Lombardi avrebbero preferito un maschio, ma Lella è fin da piccola una femminuccia piemontese che ama passatempi tradizionalmente maschili. Primo fra tutti, la velocità sulle quattro ruote. Suo padre è un commerciante di carni e con un furgone essenzialmente lavora in giro per il Nord Italia. Porta spesso con sé la figlia, lei lo aiuta e nel frattempo è affascinata da volanti, cambi, motori. Vuole capire tutto: cosa muove un mezzo, come si cambiano le gomme. Davvero tutto. Vuole imparare a guidare e nelle campagne dell’alessandrino si può fare pratica senza dare troppo nell’occhio. Mantiene la sua femminilità ma nel contempo viene presto etichettata come “maschiaccio” da coloro che la conoscono e la vedono all’opera. Forse non hanno capito che è nata una vera passione. Che quello non è un hobby, ma un sentimento che durerà tutta la vita.

C’E’ SEMPRE UNA PRIMA VOLTA. Il 15 giugno del 1958 è per molti aspetti una data storica per la Formula 1. Lella Lombardi è un’adolescente che ha da poco compiuto 17 anni e quella domenica a Spa-Francorchamps si svolge il Gran Premio del Belgio. Quinta prova del Mondiale. La pole position è tutta Ferrari (Hawthorn e Musso), seguono la Vanwall di Stirling Moss e la terza Ferrari, quella di Peter Collins. Più dietro c’è anche il francese Maurice Trintignant, zio dell’attore Jean-Louis. Nelle ultime file, coperto da un casco che può trarre in inganno, c’è però un volto diverso dagli altri. È quello di Maria Teresa De Filippis su Maserati, l’unica donna in gara. È un precedente assoluto. La De Filippis è riuscita a qualificarsi e termina la gara al decimo posto. Non va a punti ma è come se un santuario, tutto al maschile, sia stato violato senza preavviso. L’anno dopo Lella Lombardi ha preso la patente ed è seriamente intenzionata a dare sfogo alla sua idea fissa. Se la De Filippis è stata la prima, lei un giorno sarà la seconda. Lo promette a se stessa e per carattere non è una che promette a vanvera.

GLI ESORDI. Passano gli anni e nel frattempo nessuna passione a quattro ruote si è spenta. Dopo un inizio sui kart in Formula Monza (guida un mezzo acquistato a rate), nel 1968 la 27enne Lella Lombardi si fa notare in Formula 3. Due anni più tardi vince il titolo italiano della Formula 850: la sua Biraghi vince 4 delle 10 gare in cartellone. È talentuosa, è perfezionista, ha modi affabili ma è anche molto ferma sui propri convincimenti. Chi pensa di poterla gestire in quanto donna in un mondo di uomini, deve ricredersi in fretta. Le gerarchie sono quelle del talento e della competenza, non quelle della morfologia. Lo sanno bene gli inglesi della Lola, che nel 1974 le affidano la vettura di punta per il Rothmans5000 Championship. Lella Lombardi non fa notizia solo perché non è un maschio ma perché è brava e in gara non fa sconti a nessuno. Non c’è cavalleria, non ci sono blandizie. Quella è la pista e lì si vede quanto vale l’uomo. O la donna, in questo caso.

IL CIRCUS, FINALMENTE. Proprio perché è brava e ha un coraggio da leoni, oltre che un ottimo senso strategico, quelli della Brabham non esitano a darle una chance. Il 20 luglio del 1974 a Brands Hatch, in Inghilterra, Lella Lombardi fa il suo esordio in Formula 1. Il grande Circus la accoglie. È stata una gavetta lunga e dura, vincere il pregiudizio non è stato semplice ma l’italiana ce l’ha fatta. Vince la gara il sudafricano Jody Scheckter, lei non si qualifica, ma è solo l’inizio. Sarà per la stagione 1975, quando disputerà 12 gran premi su 14 alla guida di una March Ford Cosworth. Dopo aver saltato i GP iniziali di Brasile e Argentina, il debutto di Lella è previsto per il 26 marzo, nel giorno del suo 34° compleanno a Kyalami, Sudafrica. Con l’ultimo tempo utile per la qualifica, anche stavolta un volto femminile ingentilisce la griglia di partenza. È costretta al ritiro, ma ancora una volta salta agli occhi di tutti il talento di una concorrente che non è più considerata una sorta di brutto anatroccolo del Circus, una che sta lì, “tanto per”. Ma è ciò che avviene domenica 27 aprile 1975 nel Gran Premio di Spagna a consegnare Lella Lombardi alla storia dello sport. Circuito del Montjuic, a Barcellona. La corsa viene contestata da molti piloti per un motivo chiaro: le misure di sicurezza sono del tutto inadatte. Lella guida la sua March, ventiquattresima in prova, Niki Lauda parte in pole position con la Ferrari. Il brasiliano Emerson Fittipaldi, decide di non correre, altri si fermano dopo appena un giro. Un atteggiamento che dovrebbe far riflettere, eppure l’organizzazione fa finta di nulla. Si ha come un sentore di tragedia e poi quello che si teme accade. 25° giro. Il tedesco Rolf Stommelen perde l’alettone della sua Lola, esce di pista e l’impatto causa la morte di quattro spettatori, oltre al ferimento di altri malcapitati. La corsa viene sospesa, l’ordine di gara viene congelato e i punteggi dimezzati. Lella è sesta e guadagna mezzo punto. Nell’ambito di una tragedia c’è almeno un motivo per sorridere. Sarà quello il suo unico risultato utile. L’unico risultato al femminile nella storia dei Gran Premi iridati. Guida corretta, programmata e a volte istintiva. Lella Lombardi come pilota c’è, è la macchina di alto livello a mancare. L’anno successivo è l’ultimo in F1. Corre 4 volte: in due casi non si qualifica, in altrettanti termina la gara ma senza guadagnare punti. Con il 1976 la pilota piemontese e il Circus prendono strade differenti. Quello che poteva essere un grande cambiamento soprattutto di tipo culturale, resterà semplicemente una piacevole eccezione.

DOPO LA FORMULA 1. Se fino all’inizio degli anni 80 Lella Lombardi, ormai quarantenne, si dedica con risultati di un certo livello alla World Sportscar Championship - il campionato iridato per prototipi sportivi - poi si concentra sul Campionato Europeo Turismo. La reputazione è ottima, il talento non si è incrinato. I modi sono gentili, la grinta è quella di sempre. Nel 1982 la Lombardi si dedica al Campionato Europeo Turismo con l’Alfetta GTV6 conquistando con Anna Cambiaghi 3 successi di classe (2500cc). Nel 1983 si aggiudica il primo posto nella Gara di Monza in coppia con Gianfranco Naddeo e nel 1984 vince quattro volte in coppia con Giorgio Francia. Nel 1985 si aggiudica la classe addirittura in sei gare in coppia con Rinaldo Drovandi. Solo il fatto di non gareggiare nella classe di maggior cilindrata (oltre i 2500cc) le impedisce di aggiudicarsi il titolo piloti, ma contribuisce ai 4 successi consecutivi nel campionato da parte dell'Alfa Romeo, prima di ritirarsi. Nel 1988 lascia le corse diventando team manager. Apre la scuderia Lombardi Autosport. Ha un cognome da spendere e lo fa nel migliore dei modi. Ma c’è un male in agguato che è molto peggio di una gomma che si buca o di un alettone che rovina a terra. Il 3 marzo 1992, 23 giorni prima di compiere 51 anni Maria Grazia Lombardi, Lella per amici, collaboratori e avversari, muore di un male incurabile. Quel mezzo punto conquistato in Spagna la consegna alla storia. Il suo essere donna in un mondo di uomini con piglio, dignità, orgoglio e grandi capacità professionali fa di lei una leggenda.

Diego Mariottini