Ci sono due immagini che descrivono perfettamente il clima che si vive a Milanello e durante le partite.

La prima è quella di Torino, dove, finita la sfida con la Juventus, Maldini aspetta i giocatori all’uscita dal campo e si avvicina ad ognuno abbracciandoli e scambiando con loro parole di incitamento. Paolo rappresentava in quel momento la massima espressione della società, manifesto del Milan odierno, uomo della rinascita milanista.

La seconda immagine si riferisce a mercoledì. Gli indisponibili (tanti) della gara col Venezia esultano e sono vicini ai loro compagni in campo. Gli infortuni oramai sono una costante, già dallo scorso anno hanno condizionato le scelte del Mister, ma gli assenti non solo si godono la partita da una postazione privilegiata, ma non fanno mancare il loro sostegno e i loro consigli.

Queste immagini sono la giusta espressione del momento, sinonimo di compattezza e condivisione di un percorso comune, voglia di raggiungere certi traguardi e, per farlo, serve l’apporto di tutti. Possono essere definiti dei ritratti di famiglia dove vengono messi in evidenza lo spirito, la collaborazione e l’unione fra le parti.

C’è una frase che mi piace molto, che parla di un filo rosso del destino. Più o meno fa così: Secondo l’antica leggenda cinese del filo rosso del destino, gli dei hanno legato un filo rosso alle nostre caviglie, collegandolo a tutte quelle persone con cui siamo destinati a entrare in contatto. Quel filo potrà allungarsi o aggrovigliarsi ma non si romperà mai. Portando questo concetto all’interno della squadra immagino un filo, stavolta rossonero, legato alle caviglie dei giocatori. Stavolta non si parla di destino, ma si riferisce a concetti come fiducia, identità, partecipazione fra chi gioca e chi rimane fuori.

È un filo impercettibile, quasi invisibile, che accomuna tutti nella condivisione delle responsabilità e accompagna i protagonisti durante tutta la stagione. L’ambiente, galvanizzato anche da una buona classifica, mostra in tutto il suo splendore il clima che si respira. Una situazione di partenza buona, base per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. E se da altre parti si vede che non tutto fila liscio invece, a Milano, va tutto a gonfie vele. Abbiamo visto squadre molto più quotate perdere e non raggiungere l’agognato trionfo, perché veniva a mancare una coesione tra tutte le componenti. Al Milan c’è e viene mostrata in ogni occasione. Ciò non significa che alla fine sarà il biglietto vincente per arrivare primi al traguardo, ma sicuramente aiuta sia nei momenti di difficoltà e, soprattutto, quando ti ritroverai ad affrontare squadre, sulla carta, più forti. Se con il Liverpool ha aiutato a rimanere in gara fino alla fine, nonostante il divario in campo, in altre situazioni ha permesso di rimettere in sesto la gara o, come ieri, di vincere contro un Venezia che ha cercato in tutti i modi di difendere quel punticino per il quale era venuto a Milano.

Ieri, proprio perché è importante il contributo di tutti, è bastato tirare fuori la leggenda del filo rossonero, che dichiara un principio essenziale: non importa chi scende in campo dall’inizio, chi parte dalla panchina, o chi sta in tribuna ed è un semplice spettatore. Non importa se hai giocato di più o di meno perchè in questa squadra tutti sono chiamati a dare il proprio contributo in perfetta sintonia.

Solo così tutti si sentono responsabili, solo così tutti sono coinvolti. E se, a fine partita, qualcuno ha detto chiaramente che giochiamo per vincere il campionato, bene ha fatto Pioli a metterli davanti alle proprie responsabilità, incitandoli a prestazioni da Milan.

Queste dichiarazioni sono frutto della consapevolezza che, nello spartito da seguire, elaborato dall’allenatore, tutti devono dare un contributo essenziale e lo fanno potendo contare sempre sull’aiuto del compagno. Sanno cosa fare e cercano di farlo nel miglior modo possibile. Le individualità sono al servizio del collettivo e questo viene premiato dai tifosi, i quali travolgono di passione ed entusiasmo la squadra. Un entusiasmo contagioso, che non contamina solo loro ma anche tutto l’ambiente circostante. In passato qualcuno avrebbe ipotizzato un patto fra giocatori per vincere. Attualmente non credo a questo, ma sono dell’idea che ci sia un patto per crescere, dove la crescita di uno è legata a quello dell’altro. E la somma di tutte le componenti, in maniera proporzionale a quelle che sono le qualità del singolo, fa si che la crescita coinvolga tutto il Milan.

Come vado dicendo da molto tempo, in questi anni, non sono cresciuti solo i giocatori, ma è cresciuto anche l’allenatore, i dirigenti e tutti coloro legati al mondo rossonero. Di conseguenza è la società che è maturata, step by step. Una società che era diventata agli occhi degli altri troppo piccola rispetto alla storia e al blasone. Troppo esile per fronteggiare le sfide nelle varie competizioni in cui era coinvolta. Ed erano gli stessi giocatori a finire per primi sul banco degli imputati, con prestazioni non all’altezza della maglia che indossavano. Chi veniva a giocare a San Siro, lo faceva senza quella paura che di solito impone uno stadio importante come quello di Milano. Tutti hanno sempre provato a fare risultato, tutti hanno sempre provato a portare via i tre punti ai rossoneri o comunque a giocarsela a viso aperto. Se in passato era così, ora questa paura sta ritornando perché il Milan è una squadra completamente diversa e va a prendersi, sul campo, il rispetto che merita.

Il Venezia visto ieri ha provato a resistere all’impeto del Milan, finchè a potuto, e non ha fatto altro. Una volta vinta la resistenza non c’è stata più gara e la squadra di Pioli ha avuto vita facile.

C’è fiducia nei propri mezzi, c’è fiducia nei compagni, e guardando la fase difensiva ci si rende conto di come attualmente sia il reparto più unito e compatto. La squadra sia col vecchio portiere, di cui non cito il nome, sia ora con Maignan ha la caratteristica di prendere pochi gol e conservare la porta inviolata. Solo due gol presi e, aspettando il Napoli, fino ad ora la migliore difesa del campionato, proprio come la squadra allenata da Spalletti.

Dietro si è formata una diga che aiuta maggiormente Mike e permette al Milan di portare a casa il risultato con la porta inviolata. Questo non vuol dire che in futuro il Milan non prenderà più gol, ma che in questo momento è difficile fargliene, perché c’è compattezza e unità d’intenti.

Quella continuità che riprende proprio quel filo rossonero di cui parlavo all’inizio e che è il filo conduttore sia della passata stagione che di quella presente. Cambiando il portiere il risultato non cambia, grazie al legame che si è creato tra i protagonisti della difesa rossonera e chi difende la porta.

Ma in società il filo è presente nelle caviglie di tutti. Penso a Dida che racchiude il vecchio e nuovo corso della porta rossonera. A Maldini che rappresenta la storia di questa società, che da dirigente prova a ripercorre le gesta da calciatore, fino ai calciatori che scendono in campo o che aspettano il proprio turno.

Sono l’emblema di un Milan che è ritornato famiglia, che in quest’ultima cerca le soluzioni migliori per crescere e migliore. E nel sentirsi legato a questi valori il filo diventa sempre più spesso e resistente.

Un filo rossonero identitario della storia, del blasone, del passato, presente e futuro del Milan.