La terra è piatta? Il triangolo delle Bermuda esiste davvero? L'area 51 conserva realmente degli extraterrestri? L'11 settembre è stato un complotto? È meglio vincere o giocare bene? Tra questi dilemmi della storia dell'umanità ancora privi di risposte certe, il sottoscritto ha buone ragioni di credere di aver risolto almeno l'ultimo punto.
Ma andiamo per ordine e facciamo un passo indietro.

È domenica sera e dopo tre mesi, finalmente, riesco a organizzarmi una serata con i miei amici più stretti e usciamo per una pizza. Come nelle più classiche barzellette siamo in tre, uno juventino un interista e un milanista. Tre amici da oltre trent'anni, tre amici sopravvissuti a qualsiasi evento della vita, morose, moglie, figli, lavori, quarantene e fede calcistiche diverse. Anzi, la fede diversa è stato sempre fonte di confronti e condivisione... e qualche sano sfotto'. Dopo una buonissima gorgonzola e speck e pomodori datterino condita con origano e due Leffe rosse, decidiamo di concludere la serata al "nostro" bar del paese per un amaro digestivo tipo Jeghermaister o Branca menta. Con le dovute distanze, il bar ha un bel schermo e sta iniziando Parma-Inter, il mio amico Lele mi guarda e si accomoda all'esterno del bar rivolto verso l'interno, perché dalla vetrata si riesce comunque a vedere lo schermo.
Inizia la partita, non ho intenzione di fare un resoconto della gara o una sorta di telecronaca, ma racconto le sensazioni vissute da tifoso non coinvolto nella partita.
Inutile dire che l'Inter ha giocato una pessima partita. I vari commenti che si sentivano tra una birra e un'altra o tra un gelato e l'altro, in base alla tipologia di tifoso, erano tutti abbastanza negativi. Il gioco visto in campo era un brutto spettacolo, tutti si lamentavano, dei giocatori, di Conte del fatto che non c'è il bandolo della matassa. Il risultato sembrava non importare un granché, il vero problema era l'incapacità della squadra nerazzurra di creare trame di gioco valide, di esprimere una valida prova tecnica di livello e, dulcis in fundo, l'inadeguatezza di molti giocatori. Bestemmie ad ogni passaggio sbagliato, sbuffi e imprecazioni varie ad ogni azione che faceva ben sperare, poi immancabilmente finita in un nulla di fatto. Niente sembrava poter far cambiare il senso della serata, nulla poteva consolare i tifosi interisti dopo una prova così opaca, perché niente avrebbe potuto cancellare dalla mente una prova così mediocre di chi invece cerca il bel gioco, o almeno, una parvenza di idee. Nulla dicevamo, o almeno così sembrava, perché dopo 84 minuti di agonia De Vrji fa sussultare i presenti riscaldando un po gli animi, e tre minuti più tardi il bravo Bastoni fa addirittura esultare, alcuni in piedi sulle sedie, altri braccia al cielo e gesti da trionfo i restanti tifosi, che al triplice fischio finale, commentano tre punti d'oro e il grande carattere di questa squadra.
Così, mi sono sentito in un attimo investito da una sorta di cono di luce celestiale e un brivido mi ha pervaso il corpo, lasciandomi dentro come un illuminazione divina il senso di uno dei dilemmi dell'umanità, e cioè, che alla fine della fiera, gira e rigira, non solo per noi juventini ma per tutti, vincere è l'unica cosa che che alla fine conta. Ciò che riesce portare dentro di noi un gol al novantesimo che porta tre punti totalmente immeritati non ha eguali con nient'altro. Non ho mai visto esultare nessuno al termine di una gara persa per il bel gioco espresso. Le vittorie sono l'essenza dello sport, in qualsiasi sport, in qualsiasi competizione ad ogni livello, la vittoria porta gioia, la vittoria porta successo, la vittoria va negli albo d'oro, la vittoria ti dà sicurezza, la vittoria è un solco invalicabile che segna la differenza tra vincente e perdente. Il bel gioco è semplicemente estetica, e nessuno sarà mai ricordato o scritto negli albo d'oro per il bel calcio se non accompagnato dalla vittoria. Il bel gioco viene spesso utilizzato da chi non vince per sminuire o non dare importanza alle vittorie altrui, dichiarando che una vittoria pratica cinica senza tanti fronzoli, valga meno di una vittoria ottenuta con calcio champagne. Gli unici tifosi che possono permettersi di poter dire qualcosa in merito sono i tifosi del Milan, che hanno vissuto il Milan di Sacchi e un po' quello di Ancelotti, mix perfetto di idee innovative e grandissimi campioni, che rendevano ogni partita una gioia per gli appassionati. Ma per il resto, si vive su ricordi di grandi imprese, grandi vittorie e la maggior parte di queste ottenute da battaglie fisiche e mentali, da difese rocciose prese d'assedio dall'avversario, e poi vincenti da un contropiede micidiale. I ricordi degli interisti dello splendido triplete esistono grazie alle vittorie, alla sofferenza di Barcellona, alla coppa alzata al cielo, non certo ad un gioco spettacolare e tecnico messo in campo da Mourinho. Per questo non vale? O quei trofei valgono meno di quelli del Barcellona? Noi juventini abbiamo un ricordo lontano di quella coppa del '96 vinta ai rigori, una squadra che non aveva chissà quali idee tattiche innovative, ma grandi cuori grandi campioni e un allenatore di spessore umano incredibile. Oggi tutti vogliono i tre punti, i tre punti cambiano radicalmente ogni giudizio, sentimento, prospettiva. La vittoria ti dà sempre ragione e ti mette al riparo da tutto. Molti parlano di bel gioco, ma vogliono la vittoria per la propria squadra. Per una vittoria importante tutti sarebbero disposti a tutto, nessuno baratterebbe una vittoria sofferta con una sconfitta immeritata. Anche gli stessi allenatori. Quante volte abbiamo sentito in conferenza stampa post partita un allenatore sconfitto che si prendeva i meriti da qualche giornalista per il bel gioco espresso, ribattere con un...."sì ok il bel gioco e i complimenti ma l'importante è fare punti." Alla fine i tifosi della Juventus che volevano il tanto bel gioco, i giornalisti che tuonavano contro Allegri per la sua pochezza tecnica, i tifosi avversari che schernivano la Juve per il gioco noioso, e che si dicevano disposti a annate senza vittorie per costruire qualcosa, oggi hanno il mirino puntato su Sarri e la società che dopo i primi due trofei persi già storciono il naso e se per caso dovesse perdere lo scudetto si aprirebbe un processo in piazza. Perché conta sempre e solo la vittoria, il come avviene è un particolare accessorio che se aggiungie qualcosa di estetico è un plus, altrimenti va bene li stesso.
Poi c'è il falso discorso per cui in Europa arrivi a vincere solo se giochi bene. Anche questo non è del tutto vero. Il Real Madrid ha vinto tre Champions consecutive non certo per un gioco spettacolare, ma perché aveva in campo, in quel periodo i migliori giocatori a disposizione in quasi ogni ruolo. Il City di Guardiola gioca molto bene ma in Europa non vince. Il Liverpool di Kloop non è uno squadrone di tutti fuoriclasse e non eccelle per gioco tecnico, ma è un gruppo con un intesa perfetta, ogni singolo tassello è funzionale al progetto e la grinta e preparazione fisica fanno il resto. In Europa vinci se sai arrivare al momento clou in condizioni di salute ottimali, se sai correre per novanta minuti più dell'avversario, se hai campioni a disposizione in grado di fare la differenza è se il gruppo è unito e non ha paura, e hai un po di buona sorte. Io guardo la mia Juve. Con Conte si pensava solo al campionato e ai record di punti. Con Allegri ci si è andati vicino, ma si è incontrato alla fine due squadre in quel momento superiori a noi a livello fisico e di giocatori determinati, se qualcuno dice che il Real a Cardiff ha vinto perché ha giocato un calcio migliore, più tecnico, dice una bugia. Il Real ha vinto perché mentalmente erano più pronti, fisicamente stavano meglio e avevano a disposizione dei fenomeni che noi non avevamo.
Quindi alla fine posso dire con estrema certezza che nel calcio conta vincere. Il dilemma è risolto. Bisogna avere la bravura, la possibilità e la fortuna di creare una squadra che per varie ragioni tecniche, fisiche, tattiche, umane si intersechi in una sorta di congiunzione astrale e in quel periodo cercare di raccogliere il più possibile.
Vincere è l'unica cosa che conta, alla fine è un motto che riguarda tutti, anche chi vorrebbe dire il contrario.