Nella conferenza del dopo gara di Coppa Italia col Perugia, Gennaro Gattuso è tornato sugli “attacchi” rivolti ad Ancelotti, e ha fornito una serie di precisazioni sul fatto che le sue parole sono state strumentalizzate (come al solito dalla stampa), perché la sua intenzione non era certo quella di attaccare il suo vecchio amico. 
Non solo ma ha voluto ribadire che considera Ancelotti un suo padre calcistico. E che con quelle parole intendeva dire soltanto che la squadra sta cambiando pelle tatticamente e sta tornando al 4-3-3, attraverso un metodo di lavoro che è diverso da quello di chi l’ha preceduto. Poi a proposito dell’ultima affermazione “abbiamo toccato il fondo” ha precisato dicendo che era riferita esclusivamente alla propria avventura sulla panchina azzurra. E ha concluso con un richiamo abbastanza esplicito (sempre verso la stampa) dicendo che non vuole polemiche inutili e che ci vuole serietà da parte di tutti.

Insomma un Gattuso in piena versione “Ringhio” che non le ha certo mandate a dire; tutt’altro. Ma se da una parte il tecnico azzurro ha confermato certe sue peculiarità caratteriali ben conosciute da chi bazzica il pianeta calcio, dall’altra ha fornito una conferma ormai piuttosto chiara di come sta vivendo questa fase iniziale dell’esperienza napoletana. Infatti basta andare a vedere alcune sue dichiarazioni da quando è arrivato a Napoli per capire che probabilmente c’è stato da parte sua un approccio sbagliato verso le  presunte problematiche di natura tattica e fisica della squadra. E tutto quello che è stato scritto dalla stampa sulle critiche più o meno velate rivolte al lavoro di Ancelotti non  è stato altro che la “cartina di tornasole” delle sue  dichiarazioni  che ha fatto in più di un’occasione. A cominciare dalla conferenza di presentazione  di Castel Volturno, quando aveva dichiarato che la squadra aveva tutte le caratteristiche per poter giocare con il 4-3-3.
Quella è stata indirettamente la prima grande critica rivolta ad Ancelotti, che all’epoca faceva giocare la squadra con il classico 4-4-2. Tra l’altro L’ex tecnico azzurro era passato a questo modulo tattico dopo aver sperimentato in avvio di stagione l’iper offensivo schema del 4-2-3- 1. E per questo aveva ricevuto diverse critiche, anche da chi scrive, perché la squadra subiva troppi goal e non risultava sufficientemente equilibrata. Ma Ancelotti, dall’alto della sua grande esperienza, nel momento in cui si è accorto che la coppia Manolas-Koulibaly non funzionava come lui aveva ipotizzato inizialmente (a causa soprattutto della forma precaria di Koulibaly che era tornato dalla Coppa D’Africa fisicamente distrutto), ha deciso di cambiare modulo tattico e ha virato sul meno offensivo 4-4-2. E per aver deciso in questo senso ci deve essere stata una ragione tecnica ben precisa legata alle caratteristiche dei giocatori presenti in organico, che hanno convinto Ancelotti ad adottare questo assetto tattico. Evidentemente l’ex tecnico azzurro si deve essere reso conto che nella rosa a disposizione non c’erano giocatori con quelle qualità sia tecniche che fisiche che sono necessarie per poter schierare la squadra ad esempio con quel 4-3-3, che Gattuso ha evocato sin dalla suo arrivo a Castel Volturno.

Infatti non è un caso che il Napoli proprio in questi giorni abbia perfezionato l’acquisto di due centrocampisti come Diego Demme del Lipsia (costo 12 milioni) e Stanislav Lobotka del Celta Vigo (costo 20 milioni + 4 di bonus), che guarda caso sono entrambi dei registi di centrocampo. Allora  evidentemente non era vero che la squadra era fatta apposta per giocare col 4-3-3, perché altrimenti non sarebbe stato necessario tornare sul mercato e fare spendere altro denaro alla Società.

Ma non è finita qui, perché il buon Ringhio nella sua grande voglia di fare, e forse anche di volersi prendere qualche rivincita nei confronti di chi lo ha liquidato frettolosamente dal Milan, ha sempre parlato del Napoli come se fosse una squadra da dover ricostruire sin dalle fondamenta. Anche qui basta andare a rileggere certe sue affermazioni come ad esempio quella dell’undici gennaio scorso quando nel commentare la sconfitta subita a Roma con la Lazio ha dichiarato: "Io penso già al futuro, bisogna lavorare, pedalare e cercare di cominciare a fare risultati positivi. Solo con un filotto importante questo gruppo potrà trovare fiducia e dimostrare il proprio valore". E poi sempre nel dopo gara col Perugia è tornato sull’argomento dicendo: "Dobbiamo migliorare, la squadra è in crescita ma la strada è lunga. Il lavoro è l'unica strada che possiamo intraprendere"."Adesso avremo due partite in casa contro Fiorentina e Juventus. Dobbiamo alzare l’asticella  sia a livello fisico che mentale. Mi aspetto miglioramenti in tutti i sensi. La squadra deve avere continuità e costanza di rendimento".

Insomma si tratta di dichiarazioni che vanno più o meno verso la stessa direzione e che “fanno a pugni” con la realtà. Perché non si può dimenticare ad esempio che  questa squadra  tra settembre e novembre dello scorso anno ha battuto in pratica per  due volte ( perché il pareggio ad Anfield equivale ad una vittoria) il Liverpool, che come è noto è campione d’Europa e del Mondo in carica. Vale a dire che  il Napoli che Gattuso ha trovato quando è arrivato a Castel Volturno, non è  da ricostruire di sana pianta, ma è una squadra di livello Internazionale capace di battere anche i migliori del Mondo.

Gattuso per primo dovrebbe sapere che gran parte degli attuali problemi del Napoli sono nati fuori dal campo. Perché se è vero che in campionato il percorso della squadra di Ancelotti è stato inferiore alle aspettative è altrettanto vero che tutto o quasi è cominciato con il famoso ritiro punitivo comandato da Aurelio De Laurentiis. Al quale è seguito il rifiuto e l’ammutinamento della squadra, e  che ha indotto il Napoli a multare i giocatori per una somma complessiva di 2,4 milioni di euro. Nell’occasione probabilmente anche Ancelotti ha sbagliato, perché prima si è dichiarato in disaccordo con la Società e poi ne ha accettato la decisione. E questo lo ha messo in contrapposizione con la squadra e ha finito per condizionarne il rendimento anche sul campo.

In conclusione si può dire che Ringhio Gattuso, se da un lato è da lodare per il grande entusiasmo che ha dimostrato sin dal suo arrivo sulla panchina azzurra, dall’altro non si può non notare una certa mancanza di esperienza per come ha affrontato la gestione della squadra. Nel senso che  di solito quando un allenatore subentra nel corso della stagione, inizialmente evita di stravolgere la squadra e cerca di introdurre le novità a piccole dosi. Altrimenti il rischio che si corre è quello di dover ricominciare da capo o quasi. 
Ed è proprio quello che sembra stia succedendo al suo Napoli.