Premetto che non sono un anti-Sarriano, da buon tifoso juventino, mi limito solo ad una disamina più profonda, cercando di capire quelle che sono state le vere cause della disfatta contro il modesto Lione. Ritengo che l'allenatore, mio conterraneo per regione di appartenenza, abbia sì le sue colpe, ma che queste non siano pari al 100%. Ed è proprio grazie a questo aspetto che nasce il mio ragionamento. La partita di ieri può essere lo spartiacque che sancirà la fine di questa breve era del Sarrismo a Torino;

  • Siamo però così sicuri che non meriti una seconda occasione?

Partiamo da due aspetti fondamentali:

  • Il primo è il mercato dello scorso anno, condotto in maniera confusionaria fin dai primi mesi, dal duo Paratici-Nedved. Le cose più importanti sono state: non vendere Dybala e prendere De Ligt, ma questi due, non accompagnati da innesti di spessore a centrocampo (credendo di aver sistemato il buco di reparto con i due "parametri zero" Rabiot e Ramsey), non sono bastati. Con l'unico vero acquisto di spessore, quello dell'olandese appunto, di gran lunga il migliore della stagione assieme a Ronaldo e Dybala, ci si è crogiolati in un sottile limbo di assuefazione da "mercato top", come se solo lui bastasse a risolvere tutti i problemi della rosa, gravati da innumerevoli infortuni, specie di tipo muscolare e da giocatori sempre più a fine carriera. Tutto questo la dice lunga su quanto i demeriti organizzativi della squadra siano grandi fin dalle basi; se cerchi di vendere il tuo gioiello più brillante, fino all'ultimo giorno disponibile di mercato, per giunta ad una tua rivale europea, e questo a fine campionato si rivela MVP dell’intera Serie A, non puoi far altro che ammettere le tue colpe e cercare di correre ai ripari al più presto.

Non dimentichiamoci che Allegri, come condicio sine qua non per la permanenza, lo scorso anno aveva imposto alla società lo smantellamento di parte della rosa (6/7 giocatori). Sarri si è ritrovato con gli stessi giocatori, o quasi, e per di più senza troppa capacità decisionale sugli acquisti, accettando a priori un mercato ed un progetto non condotto da e per lui. Polmonite a parte, si è ritrovato in partenza con una squadra da riassestare in poco tempo e secondo i suoi dogmi calcistici, ma con giocatori non troppo propensi a farlo, vuoi per carriera o per caratteristiche tecniche. Se ci aggiungi, come vedremo, che quest'ultimi si sono persi man di mano durante la stagione, ecco servito e spiegato il patatrac finale.

Bernardeschi non pervenuto per tutto l'anno, idem per Ramsey ed Higuain. Douglas Costa pochi lampi di luce e tanta ombra, gravato dai troppi infortuni, come i due inseparabili al J Medical: Khedira e De Sciglio. Matuidì e Danilo male, e non da Juve o perlomeno non da squadra che vuole ambire a vincere la coppa dalle grandi orecchie, che ormai non nomino nemmeno più. Lo stesso Rabiot, positivo a metà, ma solo grazie ad un brillante periodo post lockdown Molto positivo anche ieri, come il buon Alex Sandro, anch’egli però, non pervenuto per gran parte di questa stagione. Mensione a parte per Pjanic, il bosniaco è riuscito a sciogliersi ai primi tepori primaverili e soprattutto al torrido caldo estivo, con la testa probabilmente già altrove, andando così a rovinare una prima parte di stagione tutto sommato positiva. Emre Can e Mandzukic dati via troppo frettolosamente per sanare un bilancio che fa ancora acqua, anche se qua devo ammettere che c’è uno dei tanti demeriti gestionali del mister. Il tecnico di Figline si è ritrovato così a dover fare i conti con una rosa ampia ma non perfetta per lui, combattendo con tanti infortuni, giocatori bolliti e un gruppo che non lo ha seguito sempre. Il buon Allegri tutto sommato non aveva poi così tanti torti…

  • Il secondo aspetto verte più sulle singole partite giocate dai neocampioni d’Italia. La prima parte di stagione è stata piuttosto buona, e non avrebbe mai lasciato presagire questo infausto finale. Tra le tante partite giocate due su tutte mi preme ricordare positivamente, quella a Milano contro l’Inter e la partita di Madrid al Wanda Metropolitano. In tutte e due si sono visti sprazzi di bel gioco che nelle partite successive alle due menzionate sono stati molto più flebili. Anche nelle altre partite di Champions la banda juventina non si è affatto comportata malissimo, anzi, il record di punti (16) ne è una chiara dimostrazione. La Juve col passare dei mesi però, si è come distaccata sempre di più dai pensieri del suo allenatore per riapprodare ad un sistema collettivo di gioco molto simile a quello degli anni precedenti (tranne che nel match casalingo con i neroazzurri di Milano). Siamo così arrivati in questa situazione precaria a giocarci un ottavo di finale, in uno stadio deserto e per di più con una rimonta da fare, difficile dopo aver buttato al vento l'andata, contro una "squadretta"... seppur "molto rognosa". Certo è che il coronavirus, i mesi di stop, la precaria condizione atletica e un palcoscenico vuoto, non sono stati d'aiuto, ma è anche vero che come lo sono stati per noi anche le altre squadre hanno dovuto subire tutto questo.

Sarri si è distaccato man di mano dai suoi dogmi, per fare propri quelli di una squadra e una società che negli ultimi 10 anni, aveva fatto della cinica e della concretezza le sue armi di forza, fregandosene del bel gioco. In fondo "Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta" come ripete il grande Giampiero Boniperti. Ne è nato un ibrido che nel periodo post chiusura ha mostrato le prime grandi crepe.

In conclusione trovo che proprio per tutti questi aspetti sia corretto dare una seconda opportunità al mister; quest’anno con tutti i suoi problemi ha sicuramente insegnato qualcosa anche a lui, vediamolo come una fase di adattamento ad un ambiente difficile per lui ed i suoi modi. La cosa fondamentale per il prossimo però è che la società capisca anche i propri errori, facendo mea culpa, allestendo una rosa degna di poter competere anche nell’Europa che conta. Solo allora potremo esprimere un vero giudizio sull’operato di Sarri.