L’annuncio a caldo dell’addio di Conte ha fatto saltare il coperchio di una pentola che borbottava da tempo. Per quanto si sia cercato di nascondere la cosa per diversi mesi, chiunque con una piccola infarinatura di economia ci sarebbe arrivato con largo anticipo. Al di là della questione stipendi in costante ritardo, situazione comune a numerosi altri club, c’erano ben altri segnali che avrebbero dovuto far scattare i primi campanelli d’allarme. Innanzitutto la totale irreperibilità di fondi liquidi da qualsiasi fonte interna, società stessa o proprietà cinese, che ha costretto Zhang a cercarli in soggetti terzi. Ma soprattutto alcuni indicatori economici e patrimoniali che, al di là di quelli finanziari, già da un po’ erano un alert importante di cui tenere conto. Più che colpevole - questo è doveroso dirlo - la proprietà nerazzurra è stata una vittima degli eventi. Prima acquisire una società con conti da riformare completamente - ma questo si sapeva da principio -, poi la notizia che il governo cinese chiudeva i rubinetti dei fondi in uscita e, dulcis in fundo, il crollo dei ricavi a causa della pandemia. Al di là di ciò, Suning è rea di non aver reso trasparente la situazione traballante su cui la squadra meritatamente campione d’Italia stava navigando. Lasciare che i non detti, le speranze, per non dire le illusioni, parlassero per lei. E così, proprio all’indomani dei sacrosanti festeggiamenti per un campionato pressoché dominato, almeno nella sua seconda parte, ecco giungere la doccia fredda. Il progetto di crescita della società deve passare necessariamente da una seria revisione dei conti, per quanto la cosa possa far soffrire. Il primo a farne le spese ovviamente lo stesso Conte, che magari peccando di un’apparente arrendevolezza eccessiva, in realtà tira fuori sassolini fastidiosi che si è portato dietro per troppo tempo. Il fatto di non aver nemmeno lui chiara la situazione in corso d’opera. Il vedere le promesse che gli erano state fatte due anni fa andare - ripeto, per necessità - in fumo. L’essersi sentito un po’ abbandonato, soprattutto quando un possibile scudetto nerazzurro non era ancora completamente nei radar. Al di là di ciò, questo non è un mio tentativo di difenderlo, tutt’altro. Però è bene visionare con chiarezza ciò che i conti dicevano, anzi gridavano a pieni polmoni, già da diverso tempo. Vediamolo nel dettaglio. 

Situazione Economica
Faccio una piccola premessa. Nei primi anni dal suo arrivo il lavoro di Suning all’Inter è stato sopraffino. Conti in miglioramento, struttura costi più ordinata anche se pur sempre onerosa, aumento costante dei ricavi. Tutto bene, sino a quando Cina e Covid non ci hanno messo lo zampino. Ciò però non vuol dire che Suning sia stata semplice vittima del caso. Dando un rapido sguardo al conto economico infatti, quando alla fine della stagione 2019 cominciò seriamente a investire, il saldo ricavi-costi ancora non tornava. Si contavano infatti ancora perdite per ben 48 milioni di euro. Mossa probabilmente dettata dall’arrivo di Conte, dal fatto che l’Inter fosse tornata stabilmente in Champions e si cominciava a credere che il trend positivo sarebbe continuato. Eppure, non c’erano ancora le condizioni per cui il bambino, che aveva appena cominciato a camminare, potesse mettersi a correre per vincere la finale dei 100 metri alle olimpiadi. Così, Cina e Covid complici, il 2020 chiudeva con una perdita monstre di oltre 100 milioni, il che portava la società necessariamente a ricapitalizzare il proprio patrimonio. Ma non potendo attingere da ricavi dissanguati e nemmeno dalla Cina fattasi avara per motivi politici, da dove andare a prendere la liquidità necessaria a mettere benzina nella macchina? Una risposta molto semplice: indebitandosi. A dimostrazione di ciò, una voce del conto economico: oneri finanziari - gli interessi che di solito si pagano sui debiti - equivalenti a 25 milioni di euro. Facendo due conti, mi sono accorto che tale cifra corrispondeva al 6% sull’ammontare dei ricavi. Un valore che metterebbe un po’ di ansia a qualsiasi consulente, perché starebbe a significare due cose che non necessariamente si auto-escludono a vicenda: 

  • monte debiti molto elevato

  • tasso d’interesse sui debiti in essere sproporzionato

Come spesso accade, l’impressione di partenza non era sbagliata. Per spiegarlo meglio, passiamo dunque alla situazione patrimoniale, dove ufficialmente si iscrivono i debiti.   

Situazione Patrimoniale
Per farla breve, due sono i modi in cui una società trova liquidi: attraverso i soldi che soci e società stessa decidono di conferire all’azienda, oppure attraverso i debiti. Come abbiamo già visto, i soci si sono trovati impossibilitati nel rifornire l’azienda della giusta liquidità, mentre quest’ultima navigava in una situazione di perdita. Ecco dunque il dover ricorrere a soggetti terzi per finanziarsi. Sì, ma quali soggetti? Non di certo le banche, le quali hanno versato “solo” 25 milioni nelle casse dell’Inter. No, il modo prescelto dall’Inter per reperire liquidi è stato quelle delle obbligazioni. In altre parole, invece che accendere mutui o prestiti, la società ha chiesto soldi a terzi, promettendo di ripagare il capitale messo a disposizione, oltre a un tasso d’interesse periodico che di solito è molto più elevato rispetto a quello delle banche. Perché non le banche, mi chiederà qualcuno. Molto semplice. Prima di erogare un mutuo le banche fanno delle valutazioni molto serie e burocratiche. Se un soggetto non è in grado di restituire il denaro, o comunque non appare così solido, il credito non viene erogato. Se si decice di procedere comunque, lo si fa chiedendo alla società qualcosa in pegno, una cosiddetta garanzia che di solito può essere di due tipi: 

  • i soci garantiscono con il proprio portafoglio

  • oppure si ipoteca un immobile - chi ha aperto un mutuo per la casa, sa di cosa parlo - 

Non potendo, o forse anche solo non volendo, seguire questa strada si è chiesto a soggetti che di solito di garanzie non ne chiedono. Strada giusta? In realtà forse era l’unica a disposizione della società di Suning, anche se ciò lo ha portato a chiedere soldi al fondo Oaktree per finanziare i prossimi 3-4 mesi. A differenza del passato, tale fondo ha messo una clausola sulle azioni dell’Inter, messe in pegno come garanzia, o almeno così pare. E così, i debiti finanziari dell’Inter salgono a circa 700 milioni, di cui quasi la metà dovranno essere rimborsati entro la fine del 2022. Nel caso poi tra tre anni la società non dovesse ripagare il fondo Oaktree - che chiede tra l’altro un bel 9% d’interesse -, si potrebbe assistere a una cosa simile, ma non identica, a quanto accaduto tra il Milan ed Elliot

Mostrata la situazione, si dovrebbe dunque capire il perché l’Inter ha preso le decisioni di cui ora il mondo intero è a conoscenza. Molto semplice: non credendo che la Cina possa cambiare le proprie politiche finanziarie nel medio periodo, Suning ha deciso di portare l’Inter a essere autosufficiente. E questo, almeno secondo la mia interpretazione, in 3 mosse: 

  1. Plusvalenza dal mercato immediata → 80/100 milioni dal prossimo mercato serviranno a ripianare l’attesa perdita del prossimo bilancio, evitando problemi con la UEFA e, nel contempo, dando fiato alle casse dissanguate della società

  2. Ridimensionare il monte ingaggi → l’attuale costo della rosa dell’Inter si aggira intorno ai 300 milioni (200 milioni di stipendi + 100 milioni di ammortamenti). Abbassando di un 20% il monte ingaggi e vendendo alcuni giocatori - alcuni  di quelli che hanno un ammortamento elevato, per esempio - le perdite si ripianerebbero non solo il primo anno con le plusvalenze, ma anche nel lungo periodo

  3. Ritorno dei ricavi e conti in ordine → attraverso la revisione dei costi e il ritorno dei tifosi allo stadio, la struttura economica tornerebbe in equilibrio. L’Inter così potrebbe autofinanziarsi, tenendo sempre conto che parte dell’autofinanziamento dovrebbe andare, almeno per i primi 3 anni, a ripagare i debiti

Un piano di lungo periodo, certo, ma che potrebbe tenere l’Inter pressoché competitivo e comunque lontano da un finale ben più truculento. Forse una comunicazione più consona, e con i tempi giusti, avrebbe aiutato, ma probabilmente la società non voleva interferire con i risultati di campo. Detto ciò, per quanto a caldo gli ultimi avvenimenti siano dolorosi per i tifosi, in realtà segna come la società interista abbia una chiara visione del reale. La direzione che il calcio deve prendere è quella di un ridimensionamento serio, che piaccia o meno. Farlo prima di altri potrebbe salvare la società, così come renderla già pronta rispetto ad altri quando, più che per necessità che per volontà, UEFA, FIFA e leghe varie dovranno intervenire seriamente per evitare, ancora una volta, che il calcio fallisca. 

Da milanista, do dunque un consiglio ai miei amici interisti. Lasciate che la rabbia e la delusione sbolliscano. Chiedete, anzi pretendete che la società sia più trasparente in futuro, è vostro diritto. E tranquilli, non credo che l’Inter s’indebolirà tanto. Forse qualche rospo dovrà essere ingurgitato nel breve periodo, ma nel lungo, se il piano dovesse andare come si spera, l’Inter continuerà a stare sulla scena delle grandi.

Un abbraccio
Igor Z