Nel corso dell’ultima giornata di campionato, in Atalanta-Verona e nella partita disputata all’Olimpico tra Lazio e Juventus (vinta con pieno merito dagli aquilotti), si sono nuovamente verificati episodi, che evidenziano il delirio delle attuali regole del sistema calcistico. Nelle partite precedenti, le polemiche hanno, in particolare, riguardato le assurde regole concernenti il fallo di mano e le ancora più assurde interpretazioni fantasiose dei vari direttori di gara e dei relativi “varisti”, che si sono cimentati nel giudicare (o non giudicare) i vari episodi.

Eppure l’introduzione del VAR (Video Assistant Referee) avrebbe dovuto costituire un supporto strumentale – e quindi oggettivo – atto a consentire agli arbitri di modificare determinati giudizi, forniti nel corso della gara. Ciò avrebbe dovuto di conseguenza comportare il sostanziale azzeramento delle polemiche durante la partita e anche dopo il triplice fischio finale. E invece? Assolutamente no…il totale delirio.

Ci sono arbitri, che si credono al di sopra della tecnologia, e quindi ricorrono al VAR raramente e magari solo, comunque, a conforto di decisioni già prese. Altri arbitri, che non vedono clamorose infrazioni (o fanno finta di non vedere o giudicano superficialmente), tanto sanno che, al limite, saranno richiamati dai “varisti” per correggere gli errori effettuati.

Limitatamente ai falli di mano, stiamo, in particolare, assistendo ad una tale varietà di interpretazioni per episodi sostanzialmente simili se non identici che un osservatore è legittimamente portato a chiedersi: ma a cosa serve il VAR? A parere dello scrivente, il VAR serve senza dubbio perché il problema non è certamente lo strumento ma l’utilizzo dello stesso, in funzione di demenziali regole arbitrali e ridicoli protocolli di applicazione del VAR.

Infatti, a parere dello scrivente, l’introduzione del VAR avrebbe dovuto consentire di riportare i falli di mano alla regola di un tempo (l’unica che possa avere un senso per chiunque abbia mai calcato un campo da gioco), ovvero punire esclusivamente la volontarietà dell’intervento, lasciando quindi all’interpretazione dell’arbitro (prima) e del varista (eventualmente dopo) se il fallo di mano possa o meno considerarsi volontario. Invece, sono riusciti a confezionare un’assurda regola, la n. 12 “Falli e Scorrettezze” del Regolamento del Giuoco del Calcio, che lascia il fallo di mano (come si è ampiamente visto in questo scorcio di stagione) alla libera e soggettiva interpretazione di ciascun arbitro e varista. Se il lettore avesse il tempo e la pazienza di andarsi a vedere il testo della Regola n. 12, scoprirebbe una sorta di trattato incomprensibile su punibilità o meno del fallo di mano, con commi che possono anche apparire in contrasto tra loro.

Ciò premesso sul fallo di mano, passiamo alle altre, clamorose e assurde situazioni createsi in Atalanta – Verona e, soprattutto, in Lazio-Juventus.

Nella prima partita, intorno alla metà del primo tempo, il Verona effettua una rimessa laterale (i) una decina di metri più avanti rispetto a dove era uscita la palla. La rimessa arriva direttamente sui piedi dell’attaccante Di Carmine, che tira e realizza la rete dello 0-1 ; (ii) con un giocatore del Verona, nel punto corretto della rimessa, con un’altra palla in mano; (iii) con i giocatori dell’Atalanta concentrati sul punto dove doveva essere effettivamente rimessa la palla.

In questo caso, le infrazioni sono due, la prima è il punto errato dove è stata effettuata la rimessa e la seconda è che la ripresa del gioco viene effettuata con un altro pallone in campo.

La marcatura era quindi palesemente irregolare ma il protocollo VAR non prevede la possibilità di revisionare la corretta esecuzione della ripresa del gioco, che è esclusivamente affidata all’arbitro (nel caso specifico all’arbitro Valeri, che evidentemente dormiva in piedi) e ai suoi assistenti (parimenti assopiti). Per quanto concerne la presenza dei due palloni in campo, il regolamento recita che il gioco va interrotto se il secondo pallone “interferisce con il gioco”, intendendosi normalmente per interferenza se il pallone disturba “fisicamente” l’azione, ma ci starebbe anche un’interpretazione estensiva, ovvero che sia sufficiente la mera “distrazione” (ed effettivamente tutti i difendenti dell’Atalanta puntavano l’attenzione sul giocatore che aveva in mano il pallone nel punto esatto dove era uscita la sfera).

L’esito finale della partita (vittoria dell’Atalanta) ha reso del tutto ininfluente l’episodio, che ha comunque del grottesco stante la dinamica della situazione. Discorso ben diverso, va invece formulato per Lazio-Juventus, dove l’episodio “incriminato” si è rivelato decisivo, come da cronaca di seguito descritta.

E’il 55’ e la Juventus reimposta l’azione su un errato disimpegno di Acerbi, intercettato da Pjanic, che appoggia in verticale a Bernardeschi. Passaggio a Ronaldo, che ha un rimpallo con Luiz Felipe. La palla sfila a Matuidi al limite dell’area. Sul francese piomba il brasiliano. Nel contrasto che segue, Matuidi resta a terra. L’arbitro è a meno di 10 metri ma non interrompe il gioco mentre 5 giocatori della Juventus alzano le braccia per protesta (Ronaldo e Pjanic si mettono addirittura a rincorrere l’arbitro). Dopo il contrasto, la palla schizza su Lucas Leiva, che si invola verso il centrocampo e, incontrastato, arriva a 15 metri dall’area avversaria. A quel punto, tenta il passaggio in verticale a favore di Immobile, che viene però anticipato da Bonucci. Non appena entrato in possesso della palla, il capitano bianconero la calcia in fallo laterale, per consentire i soccorsi a Matuidi, ancora a terra nei pressi dell’area avversaria.

Rivedendo l’azione al replay, si nota che l’intervento di Luiz Felipe è involontario, ma oggettivamente connotato da estrema pericolosità (piede a martello con pianta del piede sullo stinco del francese, ginocchio teso e velocità del contatto elevata). Dalle immagini televisive, si nota inoltre l’arbitro che, in occasione del contrasto, indica che Luiz Felipe ha colpito chiaramente il pallone…

Tutti i commentatori e moviolisti vari (a parte Pistocchi, che ha segnalato il precedente fallo di Matuidi, reo di aver fatto le boccacce a Luiz Felipe e quindi meritevole di espulsione) hanno concluso che l’intervento di Luiz Felipe concretava, senza alcuna riserva, l’integrazione della fattispecie di cui alla Regola n. 12 del Giuoco del Calcio, ovvero “Se un calciatore utilizza vigoria sproporzionata o brutalità nei confronti di un avversario per il possesso del pallone, egli è colpevole di grave fallo di gioco; se ciò è commesso nei confronti di chicchessia, purché non per il possesso del pallone, si tratta di condotta violenta. In ogni caso, il calciatore deve essere espulso”. Di conseguenza, il brasiliano doveva essere espulso.

Tenuto conto di quanto sopra, non si comprende quindi perché il VAR non sia intervenuto, per segnalare all’arbitro l’ “evidente errore” in cui era incorso, ovvero che l’intervento di Luiz Felipe era, preliminarmente, fallo e, in secondo luogo, da sanzionare con il cartellino rosso. D’altra parte, solo nove minuti dopo, l’addetto al VAR, l’arbitro Irratti (considerato tra l’altro uno dei migliori varisti), ha richiamato il direttore di gara, Fabbri per segnalare che l’intervento di Cuadrado su Lazzari non era da sanzionare solo con il "giallo" (come fatto dall’arbitro) ma con il "rosso" come “suggerito” dal varista. Pertanto, in sostanza, Fabbri "non vede" il fallo di Luiz Felipe su Matuidi da sanzionare con il rosso e il VAR non interviene; mentre Fabbri "vede" il fallo di Cuadrado su Lazzari e lo sanziona con il giallo. In questo caso, il VAR interviene e Fabbri cambia la decisione da “giallo” a “rosso”.

Sarebbe stato decisamente preferibile che i calciatori bianconeri, resisi palesemente conto della colossale svista di Fabbri, anziché frapporsi all’azione di rimessa della Lazio, avessero lasciato la strada spianata ad Immobile, al fine di consentirgli la marcatura.

In tal caso, il VAR sarebbe stato obbligato ad intervenire per esaminare l’azione. Il varista avrebbe rivisto le immagini del fallo di Luiz Felipe (e con Lui milioni di telespettatori) e avrebbe “suggerito” a Fabbri l’annullamento del goal di Immobile e l’espulsione di Luiz Felipe. Tralascio la “succosa” opportunità del calcio di punizione a pochi metri dal limite, perché tanto lo avrebbe calciato Ronaldo e quindi il pallone sarebbe finito in curva.

Al di là di tutte le considerazioni dettate dall’appartenenza del tifo (in proposito, non oso immaginare cosa sarebbe accaduto qualora le parti in causa fossero state invertite...), mi sembra pacifico che il VAR, così come è gestito, appare uno strumento francamente inidoneo a dirimere controversie di gioco, perché è lasciato, anche in questo caso, ad una interpretazione soggettiva (a titolo di cronaca statistica, sarebbe interessante sapere da Irratti perché nell’occasione Luiz Felipe/Matuidi, il VAR non sia stato utilizzato).

In un tale contesto, mi riesce arduo immaginare cosa potrebbe succedere se un anche un solo episodio di questo tipo dovesse verificarsi in una delle ultime giornate di campionato, ovvero che, inopinatamente e senza alcuna motivazione valida, il VAR non intervenisse su un episodio chiaro e decisivo, in cui l’arbitro ha palesemente giudicato in modo errato la situazione.

Per ora, dobbiamo accontentarci di vivere queste situazioni come una rievocazione nel calcio del teatro dell’assurdo della quarta, quinta e sesta decade dello scorso secolo, i cui principali tratti distintivi sono l’abbandono della razionalità (VAR sì e VAR no: quattro passi nel delirio) una illogica successione di eventi, apparentemente privi di significato (mancata espulsione ed espulsione); dialoghi senza senso, ripetitivi e serrati (arbitro e varista), capaci di suscitare a volte il sorriso (calciatori avversari) nonostante il senso tragico del “dramma”, che stanno vivendo i personaggi (calciatori della squadra penalizzata).