Gli anni d’oro del grande Real si avviano verso la conclusione. Il verdetto imposto sulle torri del Bernabeu sembra essere più o meno questo, perché il tempo passa per tutti e ripetere le grandi gesta del passato risulta assai difficile. Gli anni d’oro dei blancos però hanno qualcosa di unico nell’assetto morale del calcio, quell’insieme di meccanismi che identificano la crescita di squadra, ma che soprattutto trasformano un club normale in uno stellare. Sì, perché i madridisti si sono  caratterizzati per la voglia di vincere, quella che è mancata alla Juventus di Allegri per alzare la Champions League.

Ma anche le grandi gioie spesso portano alle amare verità e nella capitale spagnola si inizia a respirare un’aria cupa, dovuta non dall’arrivo dell’inverno, bensì dalla consapevolezza che le vittorie sono finite e adesso dovrà avvenire quella rifondazione calcistica iniziata da tanti, forse troppi club. La storia del calcio parla chiaro: i campionati vanno avanti a suon di cicli. È successo in Italia con l’Inter di Mancini e Mourinho, in Inghilterra con le vittorie di Ferguson alla guida del Manchester United e in Germania con l’ascesa del Bayern Monaco. In Spagna, tuttavia, il testa a testa fra Barca e Real è sempre stato presente, ma dall’addio di Zidane si percepisce una chiusura di un progetto, che ha portato alla vittoria di 3 Champions consecutive, ma che adesso dovrà essere resettato per inserire in squadra nuovi talenti. 

Questo processo di rifondazione però è partito nel peggiore dei modi. Primo su tutti, l’addio di Ronaldo. Il campione portoghese, benché se ne dica, si è lasciato male con la dirigenza del Real Madrid e i tifosi se ne sono accorti, ma forse la parola riconoscenza ha evitato le critiche. In secondo luogo, la scelta di Lopetegui è stata autolesionista non tanto nell’annuncio, ma nella definizione del nuovo progetto madridista. Il tecnico spagnolo sta provando a creare una fisionomia di squadra, ma non è facile riuscire a trovare le giuste motivazioni con un gruppo di ragazzi che negli ultimi anni ha vinto tutto.

PEREZ IL PRIMO RESPONSABILE.

È inutile stare a girarci intorno, il presidente Forentino Perez dal giorno dopo Kiev ha sbagliato tutto. Ma gli errori non stanno nell’acquisto dei giocatori, bensì nel comportamento nei confronti degli altri club. In un mondo pieno di signori dalle disponibilità liquide elevate, ogni tanto un po’ di onestà intellettuale non fa mai male. Già la scelta di Lopetegui prima dell’inizio del mondiale non è stata una forma di correttezza, ma fatta eccezione per quanto è successo in quella circostanza, il caso Modric rappresenta in pieno il carattere del patron dei blancos. Per la cronaca, il talento croato considerava chiuso il suo ciclo al Real e avrebbe voluto vestire la maglia dell’Inter per tornare con i suoi amici connazionali , ma soprattutto per provare l’avventura nel campionato italiano. Ma il no di Perez ha interrotto tutto e lo stesso presidente ha avuto il coraggio di denunciare l’Inter per aver contattato segretamente il calciatore prima di parlare con il club spagnolo. Ognuno di noi sa come sono andate veramente le cose, ma se adesso il Real Madrid si trova in crisi nera, con un Modric sempre più scontento e con un Lopetegui sull’orlo del precipizio, gran parte del merito è anche di Perez. È tempo di prendersi le proprie responsabilità, caro Florentino. E questa volta l’Inter non ha nessuna colpa.