Il calcio per alcuni è una scienza, per altri è un’arte. Per Conte un mix tra le due cose. Alla faccia dei pratici o dei pragmatici, immagino che per i teorici sia piuttosto meccanica quantistica e relatività generale. Ci fosse Leonardo Da Vinci sarebbe triplete ogni anno. Ed io che non sono né scienziato né tantomeno un artista, ancorché laureto, sono al calcio come un abusivo. Avessi saputo che tra le mie passioni, d’un tratto, sarebbe esploso l’amore per questo meraviglioso sport, mi sarei iscritto alla facoltà di scienze e delle belle arti di Coverciano. Ma non mi lamento, amo il mio lavoro anche più del calcio, seppur non mi consente di estinguere il mutuo con un paio di tiri al pallone.

Per arrivare ad allenare in serie A servono circa 11000 euro, saper fare due palleggi e un paio di conoscenze, di quelle giuste. Il talento come la fortuna sono variabili astratte, più accessorie che fondamentali. Tuttavia la FIGC ha dato un chiaro indirizzo in merito alla formazione degli allenatori professionisti, ovvero favorire l’esperienza pregressa di un giocatore piuttosto che l’ambizione di un profano che gioca a calcetto con gli amici. Mi sembra giusto, anche se mi verrebbe da dire che culo ha avuto il Milan, nonché il calcio italiano, che Sacchi abbia beneficiato dell’amicizia di Italo Allodi, allora Responsabile del centro sportivo di Coverciano. Altrimenti il buon Arrigo avrebbe dovuto ben presto fare i conti con l’impero dei Della Valle, ed io non mi sarei goduto qualche anno di calcio giocato. Per non parlare di Mourinho, che da professore di educazione fisica ha più Champions degli scienziartisti Allegri e Conte.

Inoltre non capisco, se si vuole facilitare esclusivamente la carriera di ex calciatori, allora perché non portare le quote d’iscrizione a 110000?  E perché abbindolare con una quota accessibile i comuni mortali che, con tutta probabilità, non conosceranno mai la luci della ribalta? Sia chiaro, aver giocato a calcio a buoni livelli non può che essere considerato un vantaggio in termini di progressione di carriera, anche se poi non è matematico che basti conoscere una materia per saperla insegnare, tutt’altro. Eppure è piuttosto facile insegnare senza expertise nei settori giovanili (primavera esclusa), dove invece ci sarebbe bisogno di gente qualificata. Con questo non voglio dire che gli ex giocatori debbano insegnare alle “elementari” e i profani fare i docenti “universitari”. Dico solo che parametri più livellati e improntati sul merito, magari che ne esaltino capacità e talento, potrebbero favorire profili più idonei, piuttosto che aspettare che un Cassano qualunque possa risollevare la baracca italiana.

Di conseguenza Allegri può dormire sonni tranquilli, nessun tifoso o appassionato potrà mai soffiargli il posto e confutare i dogmi del suo calcio stitico; al massimo potrà rubare quello di Adani. Infatti, fare il giornalista sportivo è molto più facile rispetto allo scienziartista (non me ne vogliano in Redazione); un po’ di praticantato e il corso di Alta Formazione di CM e puoi mandare il curriculum a SKY, ricevendo una sonora pernacchia. Perché se nemmeno Adani può osare formulare domande ad un allenatore, figuratevi un pinco pallino qualunque: “Mi scusi mister, ma come mai dopo 5 anni e con una rosa fortissima, nonché impreziosita dall’innesto di CR7, non le riesce di offrire un calcio potabile?” Sarebbe allontanato al primo break pubblicitario. Al massimo potrebbe azzardare: “Dottore, mi dica quale domanda posso farle se non è troppo disturbo?”. Quindi no, nemmeno il percorso da giornalista sportivo è agevole per un appassionato di calcio, a meno che non si faccia crescere un bel paio di tette. E non datemi del sessista. Ne ho viste di fanciulle fare il salto da emittenti minori a testate di un certo livello, evidentemente avvantaggiate da qualità che i colleghi maschietti, benché preparati, non potevano certo vantare. Per carità, a chi non piace vedere Eleonora Boi in full HD piuttosto che Criscitiello e Pedullà. Però poi non facciamo i falsi moralisti.

Ma si potrebbe provare con la carriera da procuratore sportivo. In fondo si studia meno che da amministratore di condominio. Il problema semmai è trovare il laghetto giusto dove crescono pesciolini pregiati e gettare l’esca in attesa che qualcuno abbocchi. Che poi siamo solo all’inizio. Perché dovrai prima fare a pugni con il proprietario dello stagno che vorrebbe fartelo pagare come Nemo e, una volta pagato il pesce rosso quanto un’orata, si va dallo squalo sperando che non ti si mangi. Dopodiché bisogna affidarlo alle cure degli chef stellati (vedasi anche scienziartisti) che decideranno se impiattarlo con maestria o farne del sushi per l’happy hour, infine pregare che sia di gradimento alla clientela.  Non proprio una passeggiata, chissà che la biografia dell’esperto pesce palla Raiola non possa offrire qualche spunto in merito.

Il direttore sportivo si differenzia dalla figura di procuratore perché non pesca all’amo ma si sceglie le prede con cura, ma poi valgono più che altro le dinamiche sopra esposte. Chiaro che un buon direttore sportivo si serve dagli squali traendone vantaggio, altri si lasciano intimidire assecondando le fauci fameliche di faccendieri senza scrupoli.

E se queste sono le opportunità riservate agli appassionati che volessero cimentarsi nel mondo del calcio allora non resta che fare un grosso in bocca al lupo a chi ha il fegato di provarci. La vita è fatta di opportunità, ad ognuno le sue. La differenza sta in come ti giochi le carte che hai a disposizione, senza rosicare per chi nasce rampollo ma nemmeno sentirsi superiori rispetto a qualcuno dato alla luce sotto al ponte. Il calcio continua ad appassionarmi da tifoso e da sportivo, ma rimane uno sport. Per gli arricchiti che ne rivendicano chissà quale alchimia rispondo che se non fosse per milioni di gente come Qwerty, questo sport avrebbe ben altro ritorno, e poi sarebbe difficile immaginare gli scienziartisti riuscire a riciclarsi al CERN. Tuttavia possono continuare a pavoneggiarsi dall’alto di piedistalli dorati, ma senza farsi gioco di chi li ha condotti nell’olimpo. I tifosi sono tali, non sono fessi. E nemmeno avatar senza considerazione, come il presidente Agnelli qualche tempo fa ha etichettato i tifosi che popolano i social e siti on line, e che chiedevano la testa del mister.
Perché poi il tifoso potrebbe anche decidere che farsi una passeggiata di salute è meglio che assistere a spettacoli indecenti (e non parlo solo del gioco), con protagonisti che ti prendono per culo alla prima occasione e pretendono che li ringrazi pure, e di conseguenza disertare gli stadi e spegnere la tv.