La formazione Primavera del Bari si sta allenando agli ordini di Eugenio Fascetti in un campetto adiacente allo stadio San Nicola. Proprio in quel momento, lì, ad allenarsi, ci sono Antonio e Nicola. Antonio, pur giovanissimo e fisicamente ancora da costruire, risulta di gran lunga il più bravo: dribbling ubriacanti, tocchi sopraffini, finte… Dal punto di vista tecnico dava l’idea di essere pronto per il salto in prima squadra. L’aspetto caratteriale, noto a tutti, lasciava dubbiosi. Se dicevi disciplina, nella testa del ragazzo non si accendeva, non dico una lampadina, ma neanche un lumino di quelli delle lampade votive. Buio totale. Fuori dal campo, a salvare Antonio, paradossalmente, era suo cugino Girolamo.
Più che una persona un personaggio, Girolamo, privo di intere regioni normalmente ritenute vitali del cervello, era in grado di compiere azioni che denotavano totale sprezzo dell’altrui, ma anche propria incolumità. Da quando, poi, con l’aiuto di Antonio, aveva arrubato un Fantic Strada 125, che aveva smontato pezzo-pezzo, come si dice a Bari, in mille componenti, aveva voluto salvare dallo smembramento il motore che lo affascinava, e da cui traeva ispirazione per compiere sempre nuove “guasconate”. Girolamo, con le sue stravaganze, con le sue imprese scellerate distoglieva l’attenzione da Antonio, il quale godeva di sostanziale impunità.
Fascetti non aveva ancora fatto in tempo a ordinare il rompete le righe che Antonio, che le righe, intatte non le aveva viste mai, comincia al solito suo:
Ou Nicò, tarrcurd d’chella vot’ ca shemm’(andammo n.d.r.) al parco acquatico. Cur’ che’avev’n’ japert’ vicino aBBar’? (Quello che avevano aperto vicino Bari? n.d.r.) Quello che all’andata andammo coi mezzi…”. Poi per un attimo si ferma, come ad aspettare una reazione del tipo: aaahhh siii,i mezzi! mò mi ricooordo… Nicola, invece, non proferisce parola e non cambia la mimica facciale nemmeno di una virgola. A questo punto Antonio, leggermente indispettito dal fatto che Nicola non gli stia dando soddisfazione, non demorde e prova di nuovo a sollecitare una reazione. Antonio: “eh, tarr’curd…eh…”Ammiccando con movimenti della testa e del corpo ampi e inequivocabili, per far capire che sapeva bene (lui stesso, certo,  ma anche, e ben di più Nicola) cosa fosse successo dentro quel benedetto autobus.

Le cose non erano andate come Antonio le stava tratteggiando: Nicola, come tanti altri giocatori, aveva scoperto, suo malgrado, che essere calciatore portava a “conoscere”, a volte anche in senso biblico, tante ragazze, con grande facilità. Quel giorno, in quel benedetto autobus, lui (Nicola n.d.r.) complice l’atmosfera vacanziera e festaiola che si respirava, era rimasto vittima di un tranello teso da una ragazza che, conosciuto “casualmente” Nicola in quell’occasione, nei giorni successivi, in un crescendo che lui percepiva innaturale, e che quindi lo metteva a disagio, si era detta innamorata di lui. Nicola, sicuramente non insensibile alla bellezza femminile, si era lasciato circuire senza rendersi conto che si trattava della classica velina, o letterina, alla ricerca di un buon partito. Solo giorni dopo era venuto a sapere che si trattava della fidanzata di un loro compagno di squadra. Di questo si dispiacque enormemente, e immediatamente pose fine a questa improbabile “relazione”, ma quello che Nicola non sapeva, era che a organizzare l’agguato tanto per farci due risate sopra era stato Antonio stesso, a cui si era rivolta la ragazza. Antonio, sfrontato e menefreghista, quando venne a sapere questa cosa (cioè che lei era già la fidanzata di un loro compagno), non solo non se ne dispiacque, ma addirittura lo portò a considerare Nicola sotto una nuova luce. Migliore! Come un cacciatore che può segnare sul fucile non una, bensì due tacche, perché la preda catturata era di un altro. E quell’altro era lì, ogni giorno lì, fianco a fianco a loro, con Antonio che non la finiva di rimarcare e sottolineare “l’impresa” di Nicola, e quest’ultimo che invece se ne vergognava terribilmente.

Nicola: ”mah, sinceramente non ricordo…”, mimando il gesto del “finiscila, o ci vediamo fuori, fatto con l’indice”
Antonio: “seee, mo non si ricorda… ma vattiiinn’, và, non fare il modesto!”, mentre Nicola, deciso a non cedere neanche di un millimetro, apre le braccia, come a dire: “se non mi ricordo, non mi ricordo!”
Antonio: “M’arrcurd io, non ti preoccupare, che quando arrivar’n’ l’ controllor’, ci fu il fuggi fuggi generale, tu te ne scendesti dal finestrino, ca parev’‘na scimmia, eppoi aiutasti pur’allei a scendere da là. Poi a ttornare ci siamo persi di vista… Tenevàm’ nu poc’ di fretta, a allora c’ fashimm’ pr’stare du o tre mach’n’, che i legittimi proprietari ancora se le vanno piangendo. Ahahahah
Dop’ dù jor’ sutt’o’sol’, annuij, che al mare nan c’ shaam maj’: (Dopo due ore sotto il sole, a noi, che al mare non ci andiamo mai . n.d.r) se ti shev bbun(se ti andava bene n.d.r.),  minimo minimo, diventavi rosso Aragosta. c’t’shev’ mal’ pot’v’ diventare viola morte imminente.

Sabino, che jer’ semp u’solito, con le sue sfide cont’a iss stess, c’ffacev? Invece di prendere lo scivolo acquatico da suus (sopra n.d.r.), e scivolare juus (sotto n.d.r.) com’attutt le crstieen normali, s’arrampicava e andava contro corrente, ca cur che se lo trovavano a sorpresa nn’anz gli veniva minimo, minimo un infarto. Madooo quanta risat. Oh, c’erano certi che si prendevano assì tanto di scanto (così tanto spavento n.d.r.) ca s’ bbuttavano juus, che magari mancavano ancora 10 metri. Ou Nico’, certi se li sò portati via. Nicò… lo sai come? Con la barella dell’ambulanzahahahah. Basta, basta! Si, ma tu mi fai ridere e non mi fai dire la cosa più importante!”
In realtà, Nicola, un po’ anche per il discorso ragazza di prima, ancora parzialmente irrisolto, che non lo fa sentire sereno, si limita a sorridere.
Antonio imperterrito continua: “Come se non bastasse, sa che facev’? Quell’altro cavallo pazzo? Man mano ca s’arrampicav’? allentava pure l’bullon’, ca jet semp’ uno scherz’ ca s’ rid’assaij. Allenta che ti allenta, alla fine sti cazz d’bbullon’ si svitano con le vibrazioni. Quelli ca scenn’n, sà che brivido quando crolla tutto? Nan m facenn p’n’zà, ca va a frnesh ca mi scompiscio. Basta, non dire più niente, ca me la faccio addosso dalle risate ahahah. Ma sta cos’ d’ Sabino, jer nudd (era niente n.d.r). Eh Nicò, almeno quello ca fec’ Girolamo, quello te lo devi arrcurdà, ma pfforz, preep! (per forza proprio n.d.r)
Nicola per un attimo si scorda di tenere il broncio: “quello che fece Girolamo me lo ricordo sì. Io, a ess’r’ sincero, quella volta, Girolamo l’avevo dato per morto!”
Antonio: “Morto è poooco!” “C’ffesh’ chella vota, cur’matt co ccur’ cazz di motore del Fantic 125?'

Antonio si riferiva al solito motore di Fantic 125 strada che si erano arrubbati insieme, e che col tempo era diventato suo compagno inseparabile di scorribande. Girolamo, tanto per cambiare si era portato dietro cuss benedetto motore, e strada facendo quella mattina, aveva rubato le eliche da un motoscafo appoggiato su un carrello trainato da una macchina ferma al semaforo. Due eliche belle grosse che Girolamo riuscì a montare sul motore.

Antonio: “ecceffesh cur’ matt d’ mio cuggin’? a un certo punto prese uno di quei canotti piccoli, chir ca vann bbun p’ l’ criator’ r’ ( per i bambini n.d.r.), quelli che c'hanno le forme delle teste degli animali… Ecco, a uno di quei canotti, che andò a fare, cur matt di mio cuggìn’Girolamo? Non andò a fissare il motore del Fantic 125 a queste benedette eliche, ca jer’n’ state fissate a loro volta al canotto? Cosi, poi, di punto in bianco, senza dire niente a nessuno, senza avvisare, prese e accese il motore e cominciò a dare gas. Ahahahah, mo muoio, mo muoio! Ahahahah” Antonio è costretto a fermarsi un secondo nel racconto perche è in debito d’ossigeno, e comincia a sentirsi male per le risate.
Poi, poco alla volta si riprende: “cominciò a dare gas, ma talmente forte che riusciva a far andare il canotto nello scivolo acquatico controcorrente! e man mano che il canotto risaliva, lo scivolo si sgretolava, coi bulloni allentati e con quelle vibrazioni così forti. Ahahahah, se non muoio stavolta campo minimo minimo ducint’ann! Ahahahah. Duciint ne devo campare, oggi!”
Poi riprende con difficoltà il racconto: “quando arrivò all'imboccatura dello scivolo andava talmente forte che chi si trovava lì vicino vide soltanto qualcosa che usciva, ca potev’jessere una palla di cannone, per quanto andava forte. Ahahahah una specie di missile sparato in cielo. AHAHAHAH basta, bastaaa” con le mani Antonio fa segno di no, che non ce la fa a continuare il racconto. Poi fa un respiro profondo e prova a riprendere da dove era arrivato: “Dicevo che chi si trovava lì vicino vide soltanto che usciva qualcosa, ca potev’jessere una palla di cannone, un missile sparato in cielo. Di Girolamo non avemmo più notizie per un paio di settimane. Poi un giorno, semplicemente, cosi, come se non era successo nulla, si appresentò a casa per l’ora di pranzo, senza dire niente, e senza che nessuno gli ha chiesto niente. Semplicemente, era tornato. Punto. Tutto normale così.
Girolamo è fatto così… non ci puoi fare niente. Cur je matt…
Je matt’assaj!”

Tornando al campo di allenamento, onde evitare che la tracotanza barese si tramuti facilmente in convinzione di avere il diritto di entrare nel campo di calcio anche con giocatori che stanno in quel momento allenandosi, l'area del campetto è opportunamente recintata con reti molto alte. Questo perché il barese è anche solitamente agile e intraprendente. Inizialmente, le reti erano anche state elettrificate, ma il barese, oltre che intraprendente è anche persona che sa cogliere le opportunità, per cui più di una famiglia nelle vicinanze dello stadio si era allacciata alla rete metallica elettrificata, disdicendo la fornitura di corrente dell’ENEL, ed usufruendo della corrente erogata dalla rete di recinzione del campetto dello stadio come unica fonte, in esclusiva.
Per evitare l’accesso al campetto ai non autorizzati, il presidente e proprietario del Bari Calcio, Matarrese, avendo saputo che il rettilario di Bari stava per chiudere, decise di partecipare all’asta fallimentare per comprare l’intero lotto degli alligatori, e di far costruire un fossato, attorno al campetto, riempirlo d’acqua e riempirlo con gli alligatori comprati a prezzo scontatissimo all’asta. Il barese sa trarre profitto, sempre e comunque. In questo caso, per qualche tempo ci fu un rifiorire di pelletterie specializzate nella produzione di scarpe, cinture, borsette; persino pantaloni e giubbotti cosiddetti pitonati. Gli alligatori durarono giusto il tempo di una collezione primavera-estate di Gucci. Alla fine, trovarono finalmente modo di rendere efficaci i fossati, riempiendoli di pantegane grosse come gatti, che si cibavano di qualsiasi cosa e che incutevano un discreto terrore.

Tornati, ahimè, al presente, dopo il rompete le righe di Fascetti, e passata qualche decina di secondi, si sente un boato fortissimo. Il rumore era stato generato senza dubbio da un’esplosione che aveva avuto luogo vicino al famoso reticolo che ha la funzione di impedire l’accesso a non addetto ai lavori. Osservando con maggiore attenzione nella direzione dove si trovava Fascetti, si nota un vero e proprio cratere ancora incandescente, manco vi ci fosse atterrato direttamente il Lem di Armstrong. A fare tutto ciò non poteva che essere stato Girolamo, che a modo suo richiamava l’attenzione di suo cugino Antonio, esortandolo a uscire dal campetto per conferire con lui.
Antonio proprio non ce la faceva a rimproverare Girolamo, come avrebbe potuto? Fascetti, dopo aver constatato di essere risultato miracolosamente illeso, e dopo aver ringraziato la Madonna del Carmelo, di cui conservava gelosamente una immaginetta che gli era stata donata, spacciandola per autografata personalmente dalla Madonna stessa. Stava grossolanamente calcolando, come avesse davanti un immaginario pallottoliere, le giornate di squalifica da infliggere ad Antonio.
Antonio: “Ou Girò, ma com’ sì sceem’? Ma com’ t’ fash la capa?
Girolamo, era uno della vecchia scuola, uno che piuttosto che fare l’infamata di parlare, rispondendo ad una domanda qualsiasi, avrebbe accettato fieramente di essere destinato ad un carcere di massima sicurezza, come ad esempio l’Asinara con isolamento diurno per tutto il periodo da scontare della pena.
A Nicola, che nel frattempo si era avvicinato ai due, viene un’idea: “scusate se mi intrometto, ma se Girolamo non parla perché parlare è da infami, potrebbe dire quello che ha da dire scrivendo…, no?
Antonio, rivolto a Nicola: “Nicò, stai perdendo colpi… ma di brutt’ prep’! Che idea d’o cazz’ ca t’è vvenuta! Ma dico io, ma quando te ne esci con ste cazzate, te le prepari prima? O ti vengono così, spontaneamente dalla capa?
Silenzio, in cui ognuno cerca di farsi venire un’idea per sapere cosa vuole dire di così urgente e importante Girolamo, al punto da mettere in serio pericolo l’incolumità di Fascetti, vivo per miracolo!
Antonio comincia a fare delle smorfie, come stesse facendo qualcosa che gli comporta una fatica indescrivibile. Un giocatore, vedendogli fare quelle smorfie ammonisce tutti: “zitti, zitti, sta per parlare, sta per dire qualcosa” come se Antonio fosse Forrest Gump, (che dopo mesi che correva si era fermato, fermando dietro di sé una folla di persone che da mesi lo seguiva, convinti tutti che fosse un contestatore, o il portatore di nuovi ideali, o chissà cos’altro. Fermato per pronunciare la frase rimasta celebre: “sono un po’ stanchino. Credo che tornerò a casa ora” n.d.r.) Antonio non è Forrest Gump, ma ugualmente si contorce e continua a fare smorfie che non lasciano dubbi: è in fase creativa, sta per partorire un’idea che probabilmente rappresenterà per il genere umano un cambio di paradigma, che dai tempi dell’homo sapiens i nostri progenitori aspettavano. Antonio parla: “se Girolamo non parla perché parlare è da infami, potrebbe dire quello che ha da dire scrivendo”.

Tutto lo spogliatoio esulta, il dado è tratto, un nuovo corso nella storia è ora iniziato, nulla sarà da questo momento com’era. Dopo aver dato ad Antonio il giusto tributo, per quest’idea formidabile, con Nicola che da un lato si limita a scuotere la testa per manifestare il suo sdegno nei confronti di Antonio, ma dall’altro è comunque contento di vedere il problema di interazione con Girolamo forse risolto, viene chiesto a quest’ultimo di scrivere qual era la motivazione che lo aveva spinto ad usare una bomba carta davanti all’ingresso del campetto d’allenamento di Antonio.

Domanda: “scrivi perché hai fatto scoppiare la bomba carta: cosa volevi dire ad Antonio?” Leggendo la risposta scritta da Girolamo si evince un dettaglio penoso, che nessuno si sarebbe aspettato. Girolamo è sostanzialmente analfabeta! In compenso, pur non sapendo scrivere ciò che normalmente viene descritto dalle parole, possiede il dono di vedere, sentire e descrivere cose che le persone “normali” spesso prese da “altre priorità” non vedono e non sentono, e che sono quindi anche incapaci di descrivere. Girolamo possiede insospettabili doti comunicative. Con un foglio e una matita sarebbe in grado di raccontarti tutte le sue sensazioni, le sue emozioni. Girolamo sa scrivere e sa leggere ciò di cui le persone “normali” spesso neanche hanno consapevolezza.

Girolamo è un artista, ma nessuno se ne accorge. Tutti – per primi i suoi stessi familiari - sono troppo impegnati a uscire il prima possibile di galera - se già vi si trovano, o, latitanti, troppo impegnati a rientrarvici il più tardi possibile.

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La nuova saga tra ironia e risate: Ragazzi di vita di Bari vecchia (II)