I calcoli stanno a zero. Mancano ancora 180’ e ipotizzare oggi probabili incroci agli ottavi serve a poco. Anche perché la storia europea della Juve insegna che i bianconeri sanno perdere con avversarie sulla carta abbordabili ed esaltarsi con squadre temibili. Più utile invece un bel “veni, vidi, vici” in terra anglosassone: utile per la testa nel girone sì, ma ancor di più per la testa e basta.

Riavvolgiamo il nastro. Torniamo alla partita di andata. Come ci eravamo lasciati? Con una Juventus altalenante in campionato (fino a quel momento 2 vittorie contro Spal e Samp, 2 pari con Udinese e Milan, 2 sconfitte con Empoli e Napoli) e convincente in Europa (3-0 al Malmö). Trend europeo che i bianconeri confermeranno proprio nella gara di andata contro i Blues. Eppure, le premesse alla vigilia non lasciavano presagire nulla di buono. La Juventus si presentava al cospetto dei Campioni d’Europa senza l’attacco titolare (out sia Morata che Dybala) e con una difesa altamente (e stranamente) perforabile (10 gol subiti in 7 gare). Fino ad allora, unico clean sheet proprio in Europa contro gli svedesi, prima di quello (ancor più prestigioso) sempre in Europa contro il Chelsea (seguiti da Torino, Roma e Zenit). Ma andiamo con ordine.

La strategia dell’andata. Disegnata magistralmente da Allegri ed eseguita alla perfezione dai suoi giocatori: difesa stagna e contropiedi fulminanti. Il mister toscano se la gioca con Bernardeschi falso nove e con Cuadrado e Chiesa a rimorchio. Difesa e centrocampo blocco unico: Jorginho non riesce a far gioco, Lukaku è isolato in attacco e, quando gli arrivano palloni giocabili, è subito francobollato da Bonucci. Il primo tempo dei bianconeri è tatticamente perfetto, con gli inglesi mai pericolosi e i lampi in contropiede di Chiesa. Sì, proprio lui che, all’alba del secondo tempo, innescato in velocità da Bernardeschi, lascia scoccare una fucilata che si insacca sotto l’incrocio. È 1-0 per la Juve. Il Chelsea si butta in avanti alla ricerca del gol, ma continua a sbattere contro il muro bianconero. La Juve si difende con ordine e riparte. Proprio con una ripartenza rischia anche di chiuderla, ma Bernardeschi da ottima posizione tira a lato. Unico pericolo per Szczesny uno spunto di Lukaku, immediatamente disinnescato dalla difesa bianconera. Tuchel cambia gli interpreti, senza riuscire a cambiare pelle alla sua squadra, imbrigliata com’è nelle strette maglie juventine, né il risultato.

A caccia del primato e non solo. Questa sera a Stamford Bridge la Juve si gioca il ritorno e il primato nel raggruppamento. Cosa non da poco, visto che essere testa di serie potrebbe garantire un’avversaria meno forte agli ottavi. Vero, ma non verissimo. Infatti, per come si stanno mettendo le cose negli altri giorni, le eventuali seconde non sembrano poi così morbide: nel girone A potrebbe essere il PSG (in lotta con il Manchester City), nel girone E il Barcellona e nel girone B, con il Liverpool ormai sicuro del primo posto, la lotta per la seconda piazza si gioca tra Porto (brutti ricordi per gli juventini) e Atletico Madrid. Fare calcoli adesso quindi ha poco senso: in 180’ tutto (o quasi) può cambiare e qualificarsi per primi non è sinonimo di “ottavi in discesa”. Anche perché, proprio quando la Juve ha pescato avversarie sulla carta alla portata (Lione e Porto), le cose non sono andate così bene. Quindi qualificarsi come prima serve sì per provare ad indirizzare la fortuna dal proprio lato, ma serve soprattutto a dare certezze e nuove prospettive alla Juventus. L’effetto benefico della vittoria dell’andata si era prolungato per le successive 4 partite (3 vittorie e 1 pareggio), prima degli stop inattesi contro Sassuolo e Verona. Un risultato di prestigio in casa dei Campioni d’Europa in carica stasera, però, potrebbe indirizzare una volta e per tutte la stagione dei bianconeri: chissà che, abbandonati i sogni Scudetto, la Juventus non possa trovare finalmente in Europa la sua dimensione (e magari qualcosa di più).

Chiara Saccone