E alla fine ci siamo arrivati. Il punto di non ritorno. Point Break. Vaso di Pandora.
Non è importante come ce lo raccontiamo, è importante che sia successo.
Capolinea, ragazzi.
La corda l'abbiamo tirata tutti: società, tifosi, giornalisti. Cosa succede quando si porta al limite qualcosa? Al limite fisico, psicologico, meccanico, finanziario? La corda si spezza e non rimane niente di quello che c'era prima, ma, questo, non vuol dire che non ci sarà altro. 
Da questo strappo, nascerà qualcosa di nuovo.

Ho scritto e pensato che Boban potesse essere il nuovo dirigente del futuro, che con il suo carisma ci avrebbe condotto fuori dalle palude del mediocre Milan attuale; ho scritto e pensato che Pioli, con alcune colpe comunque sul groppone, stesse normalizzando l'ambiente; ho voluto credere che Maldini, cuore di drago (grazie Pellegatti!), con la sua forza ci avrebbe ispirato e avrebbe infuso nei calciatori quel dna rossonero che mancava da troppi anni. Ora, tutto è stato spazzato via e, mi sorprendo nel pensarlo, sono sollevato.
Da anni, prima di Singer, prima dei cinesi, prima del duo Barbara Berlusconi/Galliani, qualcosa non tornava più. La disgregazione della squadra è avvenuta storicamente nel giugno del 2012, quando Ibra e Thiago furono ceduti e i grandi senatori lasciarono e rimase una rosa dimezzata in quanto a tecnica e leadership. Quella rivoluzione è stata figlia di una gestione societaria ormai miope, che non ha saputo, o potuto, programmare un ricambio generazionale e che non ha saputo, potuto o voluto, dare una sterzata violenta all'organizzazione, già allora antica e superata, di una società di calcio del nuovo millennio.
Per anni, ci siamo attaccati alle bandiere per risollevarci, bruciandole tutte, da Seedorf (il primo che chiese innesti di esperienza e campioni) a Inzaghi e al più recente Gattuso passando da una proprietà all'altra, da dirigenti scartati da tutti (Fassone e Mirabelli) a dirigenti inventati (Maldini), da giocatori medi (Suso) a scarsissimi (Van Ginkel), con scelte di mercato scellerate, creando un clima intorno alla squadra di scherno e tristezza. Tutto intorno, il solito refrain: noi sino il Milan, meritiamo una squadra vincente, abbiamo 7 Coppe Campioni etc, etc, etc. Caro tifoso milanista, guardiamoci negli occhi: non esiste più quel Milan, devi accettarlo! Dobbiamo essere capaci di entrare nella nostra dimensione attuale, di riconoscerla, senza polemica o cattiveria: siamo un 'altra cosa, seppur con lo stesso nome.

Abbiamo invocato la voce della proprietà, o di Gazidis almeno, ed è arrivata.
Piazza pulita: Boban e Maldini, Pioli e, con tutta probabilità Ibra e Donnarumma. Si parte da capo, con la società che decide da padre padrone: é giusto? E’ sicuramente nei poteri di chi ci ha comprato, salvato, da fine certa: da adesso comando io. Punto. Accettiamolo, la filosofia che ci guiderà, è quella del padron Elliot/Singer/Gazidis. Non sarà una strada vincente dal giorno uno, è impossibile, ma sarà una strada nuova che porrà, almeno, fine alle diverse anime che ci sono adesso e porterà attenzione alla squadra e non ai battibecchi interni. Il passato è passato, guardiamoci i filmati, vecchi, dei nostri trionfi, ripensiamo a quelle vittorie stupende, ma, soprattutto, ricordiamoci le emozioni e il nostro amore per il Milan. Pochi giorni fa, ho spiegato ai miei figli chi era Van Basten, provando a trasmettere i sentimenti che avevo io da bambino nel vederlo danzare a San Siro.
Tutto questo, caro tifoso, non ce lo porta via nessuno, tranquillo, ma è un libro di storia, non è l’attualità. Guardiamo al futuro, godendoci il passato. Pazienza amici rossoneri!

 

Forza Milan!