Ci sono cose che non si possono spiegare e a tentare di farlo non ci proveremo neanche, perchè in effetti nessuna spiegazione reggerebbe.

Cosa potremmo inventarci per motivare la vittoria del campionato Europeo da parte della nostra Nazionale di calcio, dopo 53 anni; dopo che – in questi 53 anni campioni del mondo come Totti e Del Piero non c'erano riusciti; con loro neppure i palloni d'oro nostrani Cannavaro e Baggio; a tanto cosi era arrivata la nazionale del 2000 ma una strana regola – senza passato e senza futuro- come una ghigliottina montata solo per quella finale, alla fine fece (in)giustizia della squadra di Zoff.

La nemesi della Dea bendata che in quella unica vittoriosa edizione targata 1968, forse pentitasi di aver sorteggiato in favore degli azzurri la semifinale contro l'URSS (era ancora così denominata), nelle successive edizioni volle rivalsa con capitale, interessi e sbeffeggiamenti.

Come potevamo pensare di riuscirci all'indomani della clamorosa mancata eliminazione dalla fase finale del Campionato Mondiale in Russia (oggi si chiama così, ma sono sempre loro, corsi e ricorsi...); come possiamo spiegare quello che è accaduto con un gruppo di giovani, guidati da un paio di anziani destinati secondo l'anagrafe a godersi una pensione dorata. La spiegazione è che non c'è spiegazione, perchè nel libro dello sport come in quello della vita non tutto si può comprendere.

L'estate è proseguita nel solco di una pandemia che ci ha privato di molti affetti, di libertà che erano così radicate che neppure ci accorgevamo più di quale privilegio esse rappresentassero, di diritti come quello all'istruzione che mai pensavamo potessero esserci negati, del divertimento con gli impianti sportivi i teatri i cinema privati del pubblico, quindi del motivo stesso della loro esistenza e conseguentemente degli incassi necessità primaria di sopravvivenza. Gli atleti, quelli veri, quelli che non pensano di potersi arricchire, ma lottano per una medaglia che possa loro ritagliare un lembo di albo d'oro olimpico e per quel lembo, per quella medaglia sacrificano ogni giorno della loro vita.

Sanno che meritarsi anche solo il viaggio sarà un impresa difficile e molti di loro resteranno a casa a riprogrammare gli ulteriori anni che li separano dalla ripetizione dell'esame; non migliori sono le aspettative dei prescelti, che pure sull'aereo saliranno: l'olimpiade apre le sue porte ai migliori dei 5 continenti conosciuti o sconosciuti che siano, medagliati o esordienti, anziani o emergenti; frotte di concorrenti che hanno la stessa voglia, la stessa fame, lo stesso obiettivo; hanno tutti fatto un percorso di difficile e sudato sangue per essere lì e ora che ci sono vogliono solo una cosa: la medaglia olimpica.

Per tutti loro la sofferenza e il sacrificio di una preparazione impostata sui previsti 4 anni è stata spostata più avanti di un anno causa la pandemia; sono moltissimi quelli che con il virus hanno combattuto e fortunatamente vinto e ora sono lì pronti a gareggiare, a dare il meglio di loro stessi perchè le rivincite da prendere sono tante, contro i rivali, contro il ritardo, contro la pandemia...e lo dovranno fare senza il sostegno del pubblico, la cui sola presenza stimola a tutto spiano gli ormoni che riversano adrenalina nel sangue.

In questo contesto, riuscire ad accaparrarsi una medaglia vale di più, molto di più; non deve quindi stupire se Federazioni come ad esempio la scherma, non riesce a dare il solito contributo di vittorie; zero tituli per citare Mourinho, da parte dei nostri schermidori equivale a un incredibile e infamante fallimento, riprovevole sensazione, che poco attenua ogni altra medaglia conquistata per un secondo e/o terzo posto.

Questo non vuole essere un atto di accusa contro gli schermidori (anche perchè più o meno analogamente potremmo esprimerci per ciclismo, tiro, ginnastica, tuffi e nuoto...) ma anzi sosteniamo che il “peso” delle medaglie oggi è aumentato e tra pandemia, cambi generazionali, globalizzazione non è contando le medaglie che troveremo risposte. Parlavamo del peso delle medaglie e allora ricordiamoci di pesarle tutte quelle che metteremo in valigia al momento del ritorno dei nostri piccoli grandi eroi dell'Olimpo; ma già sappiamo che in questo Olimpo non possono mancare due dei,

Gli dei sono più che uomini, sono quelli che hanno il fattore X, sono quelli che sono campioni ed eroi come atleti, ma campioni ed eroi nella testa; sono quelli che nella sofferenza che riserva la vita forgiano il carattere sovrumano, alzano la soglia della sofferenza fisica e psichica al di sopra dei comuni mortali, sono quelli che non conoscono la resa. Avrete capito che sto parlando di Marcel Jacobs e GianMarco Tamberi, che hanno avuto un passato di grandi difficoltà, ma che sono andati a vincere le due medaglie d'oro più ambite nei Giochi Moderni (dal 1896), quella dei 100 mt piani e quella del salto in alto.

L'eccezionalità del caso è testimoniata dall'inedito delle medaglie d'oro per atleti azzurri in queste discipline; non solo Jacobs succede a un mito assoluto che si chiama BOLT e lo fa pareggiandone la performance cronometrica; Tamberi salta 2,37 mt dopo un infortunio che per un saltatore, normalmente, significa fine della carriera.

Quando si vince una olimpiade si ottiene un lembo di Storia, ma nel caso dei due dei si è riscritta la Storia dello Sport italiano; adesso i nostri giovani sanno che nessuna impresa è irraggiungibile e il Mondo ha imparato a rispettarci.

Forse tre anni alla prossima edizione olimpica è un tempo troppo breve per avere riscontro immediato, ma alla edizione successiva a quella di Parigi, l'Italia proverà a scrivere il primo capitolo di una nuova Storia sportiva Nazionale, dove basterà contare solo le medaglie d'oro per essere lassù sul medagliere, insieme alle potenze mondiali dello sport.

Le nostre future generazioni potranno cosi leggere e tramandare che tutto iniziò in una calda estate del 2021.