Non è la prima e non sarà l'ultima esperienza del genere che si racconta per le vie, le strade, le città del nostro Bel Paese. Un Paese che ha l'anima nel calcio, ma che è fuori dal podio, Inghilterra, Spagna e Germania al momento sono al top tra i campionati Occidentali. Decenni di sfascio, di terremoti, ma la ricostruzione non è mai partita, macerie su macerie, cumuli di macerie.
Stiamo costruendo la cattedrale del nostro calcio sulle macerie e con le macerie. In tutto ciò, si continua a sognare, a seguire con passione ciò che accade nei campi, e fuori da campi. Nel bene, come i risultati sportivi, nel male, come le solite polemiche, teorie del complotto, e beceri comportamenti di pseudo tifosi che inquinano il tifo e gli stadi e avvelenano il calcio. Giorno dopo giorno, perchè nel Paese dove regna l'impunità, sanno di poter continuare a colpire, impunemente. Eppure l'Italia sta vivendo momenti difficili, una crisi sociale ed economica enorme, un miracolo che non ci siano ancora rivolte per le strade, però, giorno dopo giorno, i pezzi per strada si perdono, eccome. A partire dallo stesso calcio, giovani che lasciano, giovani che abbandonano, perchè proibitivo, perchè non se lo possono più permettere.

E allora ritornano al centro, quei campi di periferia, che hanno sempre caratterizzato l'adolescenza di diverse generazioni. Ognuno che indossava o si disegnava la maglia del proprio giocatore preferito, per una partita dove si dava tutto e si ritornava a casa con le ginocchia sbucciate, sudati e sporchi ma contenti come se si fosse vinta una coppa del mondo. E questi campi di periferia oggi vedono alternarsi esperienze e modi diversi.
Camminando nella cittadina dove vivo, a Ronchi, mi son fermato ad osservare - in un campo dove il Comune ha da poco sostituito le porte, ma solo una per ora con la rete nuova, l'altra si è smarrita chissà dove - una partitella.
Musica araba da contorno, ragazzi immigrati, richiedenti asilo e lavoratori del posto, ai Cantieri navali di Monfalcone, ognuno vestito a modo suo, chi con la tuta, chi con i pantaloni da lavoro, chi in pantaloncini, per una partita a pallone. Agonismo, passione, qualche azione anche interessante, ma la cosa bella è stata vedere come quel campo abbia unito, lo stesso campo su cui giocano diverse persone, autctone o meno, un campo da cui passa a modo suo l'integrazione, perchè il pallone è anche questo, in un mondo sempre più osceno e cattivo dove i valori diventano solo clausole di stile.