La Nazionale italiana è reduce dalla sconfitta per 2 a 0 contro la grande Argentina. Per la precisione, la Nazionale italiana lo è dopo non essersi qualificata al mondiale di Russia 2018 per la prima volta dopo 60 anni. E questo, vedo, colpisce duramente l'orgoglio calcistico del popolo italiano, notoriamente eruditissimo di cose calcistiche e fiero del proprio ruolo nello scacchiere del calcio europeo. Indubitabilmente questi ultimi sentimenti sono giustificabili e fondati... l'Italia è, magnificamente e senza ombra di dubbio, un paese di calcio... non si spiegherebbero altrimenti i nostri 4 Mondiali vinti, le nostre generazioni favolose di grandi campioni offerte agli annali di questo sport, gli allenatori vincenti e richiestissimi che si danno battaglia nei campionati migliori d'Europa e in Champions League, tutti formatisi nel bel Paese, e ultimo, ma non ultimo, la nostra grande competenza media nelle questioni di calcio... 

Ma... c'è un ma... un ma abbastanza grande con cui tutti abbiamo dovuto fare i conti lo scorso novembre... il nostro movimento ha cominciato a perdere colpi... la qualificazione è sfumata impietosamente contro una squadra non proprio blasonatissima, e, peggio ancora, la figura sul campo è stata di quelle da dimenticare per sempre...quali sono le motivazioni?
Per noi schiere di grandi esperti calcistici non è stato affatto difficile trovare le miriadi di spiegazioni, più o meno plausibili, a questa debacle, e, come si addice alla popolazione creativa e fantasiosa che siamo, non abbiamo tardato a creare una tragedia, nel senso "greco" del termine, su questa disavventura sportiva...

Ma, mi domando... è lecito considerare la non qualificazione una tragedia sportiva epocale e una cicatrice che deturperà il nostro "volto" sportivo per sempre? 
La prima risposta che darei è un po' banale e sbrigativa, oltre che apparentemente provocatoria (ma non del tutto priva di senso)... no, perché non si può vincere sempre.
La striscia di qualificazioni dell'Italia è stata, come abbiamo detto, molto lunga ed è il principale motivo per cui abbiamo maturato la convinzione (semi giusta a mio parere) che nelle competizioni internazionali l'Italia non potesse mancare per nessun motivo, ma, andando a portare il livello dell'analisi ad un piano più profondo, emergono motivazioni più solide e più tecniche a darci risposte... e ciò ci porta a parlare delle implicazioni inevitabili che le pecche nella gestione del nostro movimento calcistico stanno facendo maturare... senza sconfinare nelle arcinote questioni extra campo (stadi, diritti tv, leadership, merchandising), esistono delle palesi mancanze nella gestione delle cose di campo che a piccoli, ma inesorabili passi, hanno portato il movimento del calcio italiano a passi falsi un tempo inimmaginabili...

In primis la questione dell'allenatore...
Giampiero Ventura che dall'allenatore che (dati alla mano) ha fatto fare un ottimo cammino all'Italia in settembre si è trasformato in due mesi in un incompetente di proporzioni colossali e in uno st... che tutto ha fatto per gettare iattura sul calcio italiano...
probabilmente nessuna delle due cose è del tutto vera, perché la scelta di Ventura, a mio avviso, è sì stata infelice per una panchina come quella della Nazionale (che vive di internazionalità) fin dal principio, dopo l'abbandono di Conte (e forse di quest'abbandono è figlia la scelta di Ventura; le casse della federazione, ampiamente provate da quella che era solo una parte dello stipendio di Conte, in quel periodo probabilmente non avrebbero permesso molto di meglio di Ventura); alla luce di ciò, appare straordinario il fatto che a sole 4 partite dal termine del girone l'Italia avesse gli stessi punti della Spagna poi prima classificatasi.
E qui veniamo al secondo punto: la mentalità della squadra.
Nel momento clou, quando bisognava tenere saldi i nervi per il rush finale, i giocatori hanno evidenziato una pochezza mentale impressionante che si è tradotta in un'impotenza tecnica che ha chiaramente penalizzato il gioco sia con la Spagna (duro, ma accettabile) che con Israele e Macedonia, squadre modeste ma con una grande solidità difensiva; i reparti più deludenti sono stati proprio quelli che dovrebbero superare i muri difensivi altrui con le loro superiori doti tecniche, ovvero centrocampisti offensivi ed esterni, con Insigne (indubitabilmente il giocatore italiano più tecnico del momento) limitato in zone di campo piuttosto ristrette e incapace di mettere la sua impronta nella partita, ad esempio andando a prendere palla dai compagni, e i terzini delle grandi squadre inglesi, Darmian e Zappacosta, ugualmente poco propositivi o estremamente prevedibili e mai pericolosi...

Tali mancanze fanno sorgere un dubbio che rappresenta anche una terza probabile motivazione del calo qualitativo del calcio italiano... la qualità intrinseca dei giocatori italiani...che non abbiamo più i Nesta, i Cannavari, i Del Pieri, i Maldini, i Vieri lo sappiamo tutti... ma i calciatori a nostra disposizione sono davvero un abisso sotto quella fantastica generazione in termini di qualità?
Solo i risultati possono certificarlo, ma vi sono alcuni fattori che appaiono indubbi... la marginalità della formazione di talenti e la limitatissima esperienza internazionale fatta coi club...
Il primo punto si spiega da sé, e vi sono dei fatti che ci dimostrano quanto sia un problema reale e determinante, quello inerente il mancato investimento nella formazione: le due superpotenze calcistiche di oggi, Spagna e Germania sono paesi che negli ultimi anni hanno fatto investimenti massivi nei vivai; una decina circa di anni fa erano delle incompiute le quali era impensabile potessero anche solo arrivare alle finali di Europei e Mondiali; le squadre tedesche in coppa erano quelle che l'unica di cui dovevi preoccuparti era il Bayern (e anche lui poteva perdere con le italiane)... tutte le altre al limite risultavano fastidiose in casa loro, ma fuori casa erano tutte abbordabilissime...

La svolta? L'arrivo di generazioni terribili dai vivai... la Germania campione d'Europa U21 nel 2009 (Khedira, Hummels, Ozil e tutti gli altri), la Spagna campione nel 2013 (Morata, Isco, De Gea, Koke, Ilarramendi per citarne alcuni) vecchie big che vivevano ormai anni di anonimato ritornano prepotentemente in auge come il Borussia Dortmund con uno sfiziosissimo mix di giovani tedeschi "autoprodotti" e acquisti internazionali mirati (Barrios, Grosskreutz, Kagawa, Gotze, Pisczek, Schmelzer, Hummels, Subotic)... la Spagna, addirittura, ha fondato la sua fortuna non su una serie di vivai, ma praticamente solo su tre, dato che la maggior parte dei talenti ispanici proviene dalla "cantera" o del Real, o del Barça, o dell'Atletico Madrid... tralascio i successi delle nazionali maggiore perché è inutile ricordarli...

In Italia? Fino a due stagioni fa, se alcuni club non avessero preso a puntare sui giovani (Fiorentina, Atalanta e le romane in primis, il Milan in seguito, sulla scia delle sue peripezie societarie), eravamo ancora alla solfa incomprensibile e oscurantista dell'"è bravo, ma deve crescere" mentre anche club di media-bassa fascia, con tecnicamente nulla da perdere, preferivano ancora schierare 28enni alla prima stagione in A...

E in un certo tipo di mentalità, non proprio "internazionale", risiede anche l'origine del secondo punto, ovvero la mancanza di esperienza...
Per anni la partecipazione alle coppe internazionali è stata vista come una calamità piuttosto che come un opportunità dalle squadre qualificatesi magari in seguito ad un buon campionato... già da quando era ancora "Coppa UEFA" e non "Europa League" ricordo squadre che schieravano seconde linee o addirittura i primavera per risparmiare i migliori che nei week-end sarebbero andati a giocare magari cercando di guadagnare punti-salvezza...i l risultato? Ranking europeo in continua picchiata per l'Italia e una spaccatura allargata tra i pochi italiani delle big che partecipavano stabilmente alla Champions e quegli altri delle altre squadre che un match europeo non sapevano neanche come era fatto, e se si fossero trovati a giocarne uno (magari in nazionale) dovevano fare i conti col tremolio di gambe prima che con gli avversari... 

Dato tutto questo, allora, quanto senso ha disperarsi perché ci è sfuggita la qualificazione? Il diritto divino di partecipare alle competizioni non cala dal cielo, e non lo ha mai fatto, per nessuno (e viva Dio! Il calcio è bello perchè tutto quel che ti viene dato viene dal campo... in quello è democratico, e chiunque può dire la sua)... se adesso ci troviamo a piangere per quel che abbiamo perso, sarebbe giusto e costruttivo convincersi che dietro tutto ciò ci sono dei motivi concreti, strutturali, che si sarebbero potuti evitare a tempo debito... le polemiche, le speculazioni becere e selvagge, la mentalità anche di noi utenti (che abbiamo la nostra bella fetta di responsabilità) hanno contribuito a privilegiare aspetti del calcio che si discostano dal campo e questo alla lunga i suoi effetti li avrebbe dovuti per forza sortire... forse è il caso che invece di darsi alla prosa drammaturgica gratuita, ci sia dia una sana iniezione di realismo, sportività e consapevolezza... da noi utenti ai cervelloni che questo sport hanno l'onore e l'onere di gestire.

       

   Fil.S.