Caro Lutero... così iniziava una lettera aperta che Giussy Farina, allora presidente del Milan, indirizzò tramite i quotidiani sportivi al centravanti della sua squadra nella stagione 1983-84, l'anglo-giamaicano Luther Blissett. Il povero Farina fu spinto dalla disperazione ad appellarsi pubblicamente all'uomo che, giunto dal Watford per far sognare i tifosi rossoneri, aveva costellato il loro sonno di incubi raccapriccianti.

Nel 1983 Farina aveva commesso l'errore di rispedire all'Inter Aldo Serena. Questi nel campionato di B 1982-83, aveva giocato nel Milan, ma i rossoneri avevano rinunciato a riscattarlo. Quando Farina se ne era pentito, era stato troppo tardi, in quanto il presidente Fraizzoli aveva già deciso di tenersi l'attaccante in nerazzurro. Per questa ragione Farina si era messo alla ricerca di un centravanti su cui investire i 2 miliardi di lire ricevuti a sua volta dall'Inter per Fulvio Collovati, passato definitivamente in nerazzurro. Pur senza essere una cifra da capogiro, si trattava comunque di un discreto gruzzolo per le tariffe dell'epoca, una somma con la quale la società rossonera ritenne di tentare un colpo in prospettiva.
C'era Norman Whiteside, un diciottenne dell'Ulster conterraneo di Georgie Best, che giocava già in prima squadra nel Manchester United e di cui si parlava molto bene. Il volo in Inghilterra non si rivelò fruttuoso, comunque, un po' perché il Man-U non era una società di poveri da addomesticare con 2 miliardi, ma anche perché lo stesso Whiteside non era convinto di trasferirsi in una società neopromossa dalla seria cadetta. Aveva una gran carriera davanti che non si concretizzò, perché fu perseguitato da infortuni al ginocchio che lo costrinsero al ritiro dal calcio a soli 26 anni. Per non tornare in Italia a mani vuote, tuttavia, i dirigenti milanisti ripiegarono su Luther Blissett, attaccante del Watford, fresco capocannoniere nella massima serie inglese con 28 gol. In consimili casi la retorica del calciomercato impone di dire che il Milan strappò Blissett al Watford. Molto probabilmente Elton John, allora proprietario della squadra inglese, non credette alle proprie orecchie, quando si sentì offrire 2 miliardi di lire per quel ragazzo caraibico dal sorriso gioviale di cui, evidentemente, conosceva i limiti al di là dei gol segnati. Gli stessi inglesi, infatti, avevano realizzato un calembour trasformando Blissett in Miss it! (Sbaglialo!), un campanello d'allarme che fu trascurato.
Come accade ancora oggi in consimili situazioni, il pupo fu esageratamente gonfiato per infiammare la fantasia dei tifosi. Blissett fu soprannominato il bombardiere nero e presentato da autorevoli fonti della carta stampata come qualcuno destinato a essere, in prospettiva, meglio di Zico. Lo stesso Blissett si pose l'obiettivo di segnare più di Platini Poi iniziò il campionato e il bombardiere nero diventò Callonissett, secondo la definizione di Brera.
Questo giocatore, in realtà, era di per sé un eccellente atleta con la muscolatura elastica dei velocisti caraibici. Tale caratteristica, unita a un accettabile controllo di palla in corsa, gli consentiva di mettere insieme delle decenti penetrazioni sulle fasce laterali. Il problema era che il povero Luther Blissett non vedeva la porta, neanche a mettergliela a pochi centimetri dal naso. Anzi, da questo punto di vista, il paragone con Calloni tirato fuori da Gianni Brera (Callonissett, come anticipato sopra) suonava offensivo proprio per l'Egidio di Busto Arsizio, il quale in rossonero era andato avanti al ritmo di quasi un gol ogni 3 partite. Una percentuale non disprezzabile, considerato che negli anni '70 si segnava meno di oggi. In ogni caso, è rimasto famoso il gol a porta vuota mancato da Blissett nel derby di andata 1983-84 (vinto per 2 gol a 0 dall'Inter), con Ilario Castagner che allargava le braccia disperato e Tognazzi che a fine match si lamentò di non essere stato acquistato dal Milan al posto del giamaicano, dal momento che sarebbe costato meno. A Pisa Blissett reiterò lo svarione a porta sguarnita, in Coppa Italia poi sparacchiò un rigore in maniera goffa e contro l'Udinese di Zico a San Siro segnò di testa per poi craniare sul palo per lo slancio.
Spinto dalla disperazione più nera. Giussy Farina finì per lanciare un appello sui giornali al caro Lutero, invitandolo a non deludere le aspettative dei tifosi. Una lettera aperta che, involontariamente, finì per apparire patetica esponendo ulteriormente il ragazzo alle beffe. Gianni Nardi, vicepresidente tifoso di provata fede, lo invitava a pranzo per tirargli su il morale. Nelle ultime giornate poi, con Italo Galbiati in panchina al posto di Castagner, Luther Blissett fu defilato maggiormente sulle fasce e la mise dentro un paio di volte . Fu allora che Gianni Nardi, affezionatosi al ragazzo, terrorizzò i tifosi dicendo che quel Blissett meritava la conferma. Evidentemente intendeva dire che come ala non era male e non sarebbe stato inutile alla causa, ma il Milan di Farina aveva bisogno di recuperare un po' di soldi per acquistare il benedetto centravanti. Alla fine Elton John, gran dritto, lo riprese a metà  prezzo facendoci la sua bella cresta, se non altro consentendo alla società rossonera di limitare la perdita.

Luther Blissett si definiva un giamaicano atipico, perché conduceva una vita regolare e morigerata. Era un bravissimo ragazzo, indubbiamente, tutto campo e casa, dove lo attendeva una bella moglie. Come diceva Angelo Moratti, in realtà, "I bravi ragazzi si fanno sposare alle figlie.". Nessuno, del resto, lo ha mai accusato di essere un balordo, ma solo di perdersi al momento di segnare e un centravanti che si perde davanti alla porta è un ossimoro, no? A sua scusante Blissett diceva di essere uno che su 10 occasioni ne sbagliava 7, ma ne segnava 3, ritenendo che ciò dovesse bastare. Purtroppo per il giocatore, la sua media di 5 gol su 30 partite, rivela che Blisset forse rimase molto al di sotto anche di quella discutibile statistica.

Posseggo ancora il poster a figura intera che il Guerin Sportivo dedicò al bombardiere nero. Me lo regalò un interista che acquistava tale rivista e, dal momento che Blissett era appena arrivato, lo fece convinto di fare una cosa buona. Per quanto il soprannome "Miss it!" già circolasse, neanche il mio amico di provatissima fede avversa poteva pensare che il giamaicano, alla fine, facesse così male.




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