C'è un bisogno inascoltato nel profondo della sconfitta, un velo sottile che taglia e deprime nello spazio di qualche giorno. Si rincuora noi stessi nella miseria di un gioco di parole effimero, di quelli che non lasciano mai una traccia duratura, quei palliativi per l'anima già scaduti una volta messi nel carrello.

"Le sconfitte fortificano” / “Dalle sconfitte si impara sempre qualcosa”

C'è nell'aria qualcosa di diverso, stamattina. Come quella strana sensazione nello sfogliare l'album delle foto di una stagione che doveva essere ma che non sarà. C'è l'arrivo di Ronaldo, il ritorno di Bonucci, l'esplosività di Cancelo, la scoperta di Emre Can, la sorpresa di Moise Kean. La maturità e l'esperienza di tutto un gruppo che doveva farcela, e poteva, almeno sulla carta. Istantanee che perdono colore di fronte ai nostri occhi, un pugno nello stomaco al quale vuoi sorridere, disperatamente.

La sensazione è che il destino, ancora una volta, stia parlando sottovoce all'orecchio del buon intenditore: se è vero che la sconfitta contro l'Ajax rappresenti l'ennesima strada europea che termina in un burrone, è altrettanto vero che la caduta vertiginosa di ieri sera non sia paragonabile alle tragedie precedenti.

UN DISASTRO PEGGIORE – Nelle finali perse del 2015 e del 2017 la sconfitta venne attribuita alla superiorità strutturale e complessiva del Barcellona prima e del Real Madrid dopo; nell'eliminazione col Bayern Monaco agli ottavi del 2016 la responsabilità venne ricondotta ad un non-rinvio del Patrice Evra di turno nei concitati minuti finali; nel 2018 il concorso di colpa coinvolse addirittura tre figure distinte quali Benatia, l'arbitro e il suo bidone dell'immondizia al posto del cuore, all'ultimo respiro di una rimonta bella ed inefficace. Il retrogusto di questa lunga lista di alibi è spiacevole, irrazionali e di poco valore ieri, figurarsi oggi: l'Ajax non vince soltanto, cancella la Juventus col minimo sforzo insieme a tutte le costruzioni difensive che il mondo-Juve, dal giornalismo di parte ai tifosi illogici, tenterà inutilmente di innalzare a protezione di un orgoglio che oggi non merita di essere preservato.

BASTA POCO – Pochi tocchi, tutti di prima, movimento veloce della palla e una mente sgombra. Oltre a non aver inventato niente, questo Ajax manda al manicomio soprattutto per aver abbattuto la Juventus con le sue stesse armi, quelle con cui i bianconeri scalarono il tabellone di Champions League nei primi anni di Allegri, quando in mezzo al campo c'erano più idee, meno pressioni e meno campioni. Se basteranno 10 € in tasca in quel famoso ristorante di pesce da 100 € si scoprirà sempre alla fine, ma non è questo il punto: i meriti sono da ricondurre tutti alla semplicità, alla rilassatezza di un ambiente giovane che prima di giocare un calcio pulito lo gioca spensierato, e lo fa bene. Magnificamente, anche quando Ronaldo fa il Ronaldo e segna sia all'andata che al ritorno, anche quando Rugani all'andata tiene in piedi la baracca oltre le aspettative di tutti, anche quando Szczesny evita il peggio con interventi decisivi, anche quando l'arbitraggio è perfetto ed inappuntabile.

RESTERANNO LE FOTO – Oltre all'amarezza per i pronostici di inizio anno, questa stagione della Juventus si porterà con sé una fitta incurabile, il colpo dolente subito da tutti quelli che per la prima volta dopo vent'anni erano tornati a sperarci sul serio, non per finta. Scomparsa la scaramanzia, scomparso il timore, di colpo si era dissipata perfino la paura di nominare quell'obiettivo: dalla dirigenza a scendere, il credo era sempre più forte e concreto. Tentare oggi di sminuirlo risulterebbe ipocrita, far sparire le foto e l'entusiasmo di quando vennero scattate sarebbe un gesto insulso.

Le immagini sono le stesse di quando vennero immortalate, ma assumono inevitabilmente sfumature differenti, demoniache come i negativi che si conservano per non dimenticare anche quando dimenticare potrebbe essere la strada più veloce per tornare a sorridere.

E' il momento di dire grazie agli avversari e fare il tifo per loro. Ma le foto, quelle che ci avevano illuso, devono essere valorizzate in qualche modo. Stampate in negativo, incorniciate e messe nello spogliatoio per ricordare ai posteri il lato duro e tetro del calcio, insieme all'unica cosa che conta: vincere le partite dopo e non prima, solo sul campo, dopo aver dato tutto.

Perché chi non dà tutto, non dà niente.