Spiace sempre vedere un giocatore che indossa la nostra casacca fischiato dal pubblico. Se esiste una tifoseria diversa dalle altre anche per il fatto di sostenere ad oltranza profili indifendibili, questa è la nostra.

Non sono certo tra coloro che hanno risparmiato critiche, anche feroci a Suso (che paga per molti): raramente infatti ho sentito parlare o udito con le mie orecchie di egual trattamento nei confronti di giocatori la cui esperienza al Milan è evidentemente esausta quarto quella del buon Jesus. Esausta intesa come finita o, meglio, mai veramente iniziata.

Lo spagnolo di Cadice in realtà ha poche colpe: acquistato in una delle tante campagne al ribasso dal geometra che godeva di un potere illimitato, incluso quello di imbottirci per anni di scarti, non ha mai fatto mistero delle sue caratteristiche tecniche che sono e rimarranno limitate per un giocatore del secondo millennio. Agire in una mattonella di un metro per uno, correre poco e male, avere un solo piede e, come se non fosse sufficiente, segnare col contagocce, sono semplicemente da sempre le caratteristiche dell’iberico. Provare a fargli fare il trequartista o la seconda punta è come chiedere a Federer di partecipare ad un torneo di Hockey su prato. E non certo perché il nostro sia il Roger del calcio, sfortunatamente per lui e per noi.

Il punto è che oggi ad una squadra un finto esterno, con tutti i suoi deficit, serve a ben poco: ragione per la quale trovare un club che necessiti di tale profilo appare impresa assai ardua. Ripeto che le contestazioni a Suso fanno incredibilmente da contraltare a quelle mancate dei vari Rodriguez (finalmente in uscita!), Kessie, Biglia e Calhanoglu (clamorosamente lontani dalla cessione e costantemente risparmiati): per l’ivoriano ed il turco, quasi come una sorta di beffa, sento poi sproloquiare quotidianamente della solidità del primo e del palleggio sopraffino del secondo; evidentemente sono neologismi coniati per termini in disuso quali ferro da stiro, confusione tattica ad oltranza ed inconsistenza. Ho la certezza che la società, quindi la squadra Milan, avrà compiuto una vera svolta epocale solo quando si sarà liberata da equivoci del genere: nessuno dei giocatori di cui sopra può essere preso in considerazione da uno staff tecnico degno di tal nome per rilanciare una squadra di calcio nel club di quelli che contano.

Tra le voci di mercato che si rincorrono con insistenza e sono ormai arrivate a considerare solo il capitolo cessioni, perché sembra che uno dei centrocampi più scarsi del panorama europeo vada bene così, vi è quella relativa alla cessione di Piatek. Farlo per il solo motivo che ha un mercato vicino alle cifre richieste sarebbe un errore sesquipedale e spiegherò perché.
Arrivato da un solo anno ha diritto a qualunque chance di riscatto perché ha 22 anni, vede la porta e, convinzione personale, il vero Piatek è quello ammirato a Genova e nei primi mesi rossoneri.

Quello che sta facendo fatica a rialzarsi è il Kris frastornato da una squadra mediocre con guide tecniche adeguate alla pochezza generale. Vale quindi la pena di insistere, ora, che sembra ci si stia liberando del 4-3-3 su cui si è costruito il nostro tracollo.