In principio furono gli Stati Uniti: negli anni '70 si trasferivano in America (in particolare ai Cosmos) giocatori a fine carriera, desiderosi di giocare in un campionato con meno pressioni dell'Europa o del Sudamerica senza rinunciare ad un ingaggio faraonico. Poi è stato il turno degli Emirati, che attraevano giocatori che avevano poco da dare al calcio sotto l'egida dell'UEFA, facendo pubblicità al loro movimento nazionale. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un fenomeno simile per alcuni versi, ma allo stesso tempo estremamente diverso: quello dei trasferimenti verso la Cina. Negli ultimi 4-5 anni sempre più giocatori di medio e grande spessore sono accostati a squadre come Shanghai o Ghuanzhou, e molti scelgono di fare armi e bagagli verso l'Oriente. Ma, dopo 5 anni di acquisti faraonici, il calcio cinese si sta davvero sviluppando? La nazionale migliora con l'afflusso di campioni e allenatori di primo piano, oppure siamo di fronte a poco più di un circo fine a sé stesso?

Un piano perfetto- Xi Jiping (che è, per chi non lo sapesse, il segretario del partito comunista cinese) è un grande appassionato di calcio. Già questa notizia, quando l'abbiamo letta, ci ha abbastanza colpiti. Ancora di più, però, ci ha colpiti vedere che la General Sport Administration (GAS), i vertici della Chinese Football Association e il ministero dell'educazione cinese si siano riuniti, nel 2015, per la redazione di un documento per uno sviluppo organico del calcio cinese. 

Già nell'introduzione è ricordato che "Il compagno Xi Jiping, da quando è diventato segretario del Partito, [...] ha messo in primo piano nella sua agenda un programma di sviluppo del calcio cinese. [...] Per noi questa è un'incredibile opportunità di sviluppo". Si continua poi sottolineando il ruolo dello sport nella formazione dell'uomo, per la gloria del paese e per lo sviluppo economico, che ha portato negli anni '90 alla professionalizzazione del calcio. Si dice, poi, che diversi scandali alla fine degli anni 2000 hanno reso improrogabile una riforma del sistema calcistico. 

Tralasciando tanti parti che sono più utili ad una certa retorica nazionalistica, soffermiamoci sui punti principali del programma: "Uno sviluppo del calcio cinese sul modello di quelli più avanzati" (quindi principalmente quello europeo e sudamericano); "Una strategia a lungo termine per dare a questo sport una solidità, attraverso incentivi e operazioni di promozione materiale e culturale"; nel breve termine ci si aspetta di "avere un ambiente più favorevole allo sviluppo del calcio; un miglioramento del managment e uno sviluppo di un piano di medio e lungo termine, che crei un modello cinese. Creare una struttura per sviluppare un'industria calcistica e il calcio professionistico allo stesso tempo".

Sono però gli obiettivi sul medio e lungo periodo i più interessanti: nei prossimi anni ci si aspetta "Una crescita significativa nel calcio giovanile, il modo che l'organizzazione della Lega e il livello di competitività diventi il maggiore dell'Asia, dove la squadra maschile deve primeggiare e quella femminile tornare al suo antico splendore". Sul lungo periodo "Il calcio deve diventare uno sport di massa [...], il campionato uno dei migliori al mondo e la nazionale una delle favorite per la coppa del mondo".

Continuando poi sul documento (promettiamo di essere il più sintetici possibili, ma è difficile con un tomo del genere) fra gli scopi c'è "Lo sviluppo di una lega autonoma dalla GAS" (come da regolamento FIFA, ndr), "Quote per i giocatori stranieri", "Valorizzazione dei talenti, partendo dalle categorie più basse fino alle maggiori", "Sviluppo dei vivai" etc...

L'euforia del biennio 2016-18- Nel giro di un paio d'anni dalla pubblicazione di questa sorta di "piano quinquennale del calcio asiatico", i cinesi erano già divenuti proprietari o soci di maggioranza di realtà come Inter, Milan, Atletico Madrid, Aston Villa, Wolverhampton (quest'anno in EL), Sochaux, Granada, Parma ed Espanyol. Tutti questi cambi di proprietà non sono stati un caso, ma un disegno ben architettato, nel quadro del dirigismo sfrenato del partito comunista al governo del Paese. Così come non erano casuali le scelte delle società (Milan, Inter ma anche City, di cui i cinesi avevano comprato il 15%) di festeggiare il capodanno cinese con maglie celebrative.

Riguardo al campionato locale, si è passati da investimenti piccoli (il trasferimento record del 2014-15 era stato Ricardo Goulart) a nomi del calibro di Tevez, Gervinho, Jackson Martinez, Ramirez, Witsel, Guarin, Oscar, Hulk. Insomma, giocatori che ancora potevano dare tanto in Europa o in Sudamerica e che hanno accettato, anche in virtù di stipendi da capogiro, di traferirsi in un paese che ha un campionato di professionisti solo dal 2004. Per cercare di trovare un equilibrio fra necessità di farsi pubblicità e formazione di talenti, si è scelta una regola abbastanza stringente: 4 giocatori possono venire da un campionato qualsiasi nel mondo, uno da un altro paese della confederazione asiatica e tutti gli altri devono essere cinesi. L'eccezione sono i portieri, che debbono essere del posto.

Riguardo ai top coach che si sono trasferiti in Cina, nel tempo si sono accumulati nomi pesanti (anche se nessuno è sulla cresta dell'onda da parecchio tempo): Villa Boas, Sven-Goran Eriksson, Crujiff, Ramon Lopez. C'è anche un bel po' d'Italia in queste squadre: in campo c'è Graziano Pellè; sulla panchina della nazionale si alternano Lippi e Fabio Cannavaro (nel cui staff c'è anche il fratello Paolo). A favorire questo esodo è stata anche la scelta di non mettere limiti di spesa ai club, evitando di creare un sistema paragonabile al Fair Play Finanziario che tanto fa penare i club europei.

"Ma non è solo una questione di soldi" dichiarava Demba Ba, ex Newcastle e Chelsea alla BBC nel marzo del 2016 "Noi stranieri rendiamo il calcio più attraente, ma chi gli farà fare il salto di qualità definitivo sono i calciatori che sono sul campo, le accademie e la federazione che deve formare le prossime generazioni per la nazionale cinese, partendo dai vivai". Mats Davidasen, vice di Eriksson, ha dichiarato lo stesso anno "Alcuni giocatori vengono qui pensando di prendere una valanga di soldi per giocare in un campionato facile. E' un grosso malinteso. I cinesi, avendo un limite di quattro stranieri tesserabili [cinque in realtà, ma uno deve venire per forza d'origine asiatica] non hanno pazienza: se non rendi secondo le loro aspettative (che spesso sono irrealistiche), alla finestra successiva si liberano di te"

Contrordine compagni- A leggere l'articolo, se ancora non lo avete notato, non è stato nominato nemmeno un giocatore cinese. Questo perché i presidenti delle varie società si erano concentrati a strappare contratti multimilionari a giocatori che potevano portare visibilità alla propria società, oppure a investire in realtà del calcio europeo già consolidate, talvolta anche per operazioni poco trasparenti (come il riciclaggio di denaro). Proprio per questo, il piano è stato pesantemente rivisto dal segretario e dal suo entourage, contrariati dai risultati poco incoraggianti: questo si è tradotto, per esempio, in un ridimensionamento delle società cinesi nelle quote di squadre straniere. In un'economia statalista come quella cinese, quello che decide il partito è legge: perciò il gruppo Wanda si è ritirato dall'Atletico Madrid; a Milano ora abbiamo il fondo Elliot (anche quello di passaggio); tante altre società in serie minori (incluso il Pavia) sono state vendute. Anche l'Aston Villa non è più cinese, dall'estate 2018.

Al contrario, nella Chinese Super League, la musica non è troppo cambiata: Ferreira Carrasco ed Hamsik non sono giocatori minori rispetto a quelli che li hanno preceduti. Anche per le trattative per il futuro, pur non essendo nomi al livello di Ronaldo, le trattative per El Shaarawy e per Benitez non sono da meno di quelle degli anni passati. La differenza la fa il fatto che ora si sta aprendo un contro-esodo: Tevez è tornato al Boca Juniors il prima possibile, malgrado uno stipendio di 32 milioni di sterline (difficile da quantificare in euro, ma comunque sostanziosissimo); Demba Ba, dopo le dichiarazioni d'amore per il campionato cinese, ha fatto la spola fra lo Shangai e il campionato turco, nel quale gioca adesso; Ferreira Carrasco chiede solo di scappare dal campionato cinese e tornare in Europa (si è informata l'Arsenal; lo punta anche la Roma). Gli stipendi restano da capogiro, ma evidentemente la competitività è ancora molto bassa. E le firme di top players, lungi da favorire lo sviluppo del calcio cinese, sembrano invece limitarlo.  

Consapevoli di questo, si è provato a cambiare strategia, favorendo gli investimenti delle società europee nel calcio cinese e la fondazione di accademie sportive: già nel 2012 c'era un'accademia del Real; poi è stato il turno del Barcellona, una squadra che in quanto a formazione di talenti non vuole essere seconda a nessuno. Nel 2016-17 sono arrivati Ajax e Juventus (che ha da poco aperto un altro centro a Shangai). Fra fine 2018 e inizio 2019 il Manchester City ha aperto due scuole calcio, che si aggiungono ad una pre-esistente. E questi sono solo alcuni dei club più "visibili" che hanno fatto questo genere d'investimento. Malgrado ciò per il momento nessun giocatore cinese si è affermato in qualche big del calcio europeo.

La nazionale uomini - E' notizia di un mese fa che la nazionale stia cominciando a pensare alla naturalizzazione della punta brasiliana Elkeson, classe 1989, che gioca in Cina dal 2013. La notizia lascia intendere che, evidentemente, il piano di sviluppo della nazionale cinese fa acqua da tutte le parti. E questo non è solo legato alla Chinese Super League.

Sulla panchina della nazionale cinese siede, praticamente senza soluzione di continuità dal 2016, Marcello Lippi. I risultati del tecnico italiano sono altalenanti: complici i pochi posti disponibili, qualificarsi come nazionale asiatica al mondiale non è semplice. Però il penultimo posto nel girone per Russia 2018 è un po' deludente. Nella Coppa d'Asia di quest'anno, invece, Lippi riesce ad arrivare agli ottavi, ma viene eliminato dall'Iran. In seguito si dimette, lascia la panchina ad interim per un paio di mesi a Fabio Cannavaro, prima di ritornarci lo scorso maggio. Tutto questo mentre nell'U21 si è scelto Guus Hiddink come CT. Ma non è nemmeno la guida tecnica il problema. 

Il problema vero è ancora una concezione abbastanza "padronale" e militare del potere della GAS sui calciatori della nazionale: nell'ottobre 2018, per esempio, vengono convocati 55 giocatori della Super League per un training camp di due mesi. Giusto perché sia chiaro, sì, sono due mesi in cui si gioca il campionato. In seguito, ci sono quattro giorni di lezioni sul collettivismo all'università dello sport di Pechino, prima di essere trasferiti in un campo d'addestramento militare, dove hanno tenuto attività che non erano attinenti in nessuna maniera al calcio. Il ministero dello sport, in seguito a delle sconfitte nei mesi precedenti contro Galles e Rep. Ceca, aveva dichiarato che il problema era la scarsa carica a livello ideale dei propri giocatori. Scoperto il mistero.

A livello tecnico, i miglioramenti ci sono stati, ma non in maniera così evidente: la Cina è passata dall'83°posto al 73° del Ranking FIFA. C'è molto tempo fino al mondiale del 2050, ma dopo tutti gli investimenti ci si aspettava un progresso più rapido per una nazionale che, per la metà del nostro secolo, vuole vincere la Coppa del Mondo. Si sta cercando di aggiungere degli ulteriori correttivi: si era parlato di schierare la nazionale come squadra nella Chinese League, ma l'idea è stata subito rigettata. Al contrario, per permettere anche alle società più piccole di svilupparsi meglio, a partire dalla prossima stagione ci sarà la Salary Cup. L'ex coach del Francoforte e delle giovanili del Ghuanzhou Marco Pezzaiuoli dà la propria ricetta per il salto di qualità del calcio nel paese di Confucio: "Servirebbe più calcio di strada, una maggiore collaborazione fra le società e la federazione, giocatori disposti a confrontarsi di più con il calcio estero, imparando altre lingue e scambiandosi conoscenze. Una cosa che non si potrà realizzare prima di una-due generazioni". Per provare a rendere meno cupo il quadro, ricorda che "Le società europee hanno avuto bisogno di quasi un secolo per raggiungere il livello attuale. La cosa bella di qui è che, quando mi sveglio, vedo fuori dalla finestra giovani e vecchi che fanno sport insieme". Malgrado ciò, bisognerà accelerare questo sviluppo, se si vorrà essere competitivi.

Xi Jiping dice che lo sviluppo del calcio nel suo paese sta andando a gonfie vele. Delle tre, una: o non ha mai acceso una televisione per vedere una partita della propria squadra; o ha delle informazioni che noi non conosciamo; o sennò, l'ultima, è che stia cercando di salvare un progetto che per il momento, a livello maschile, sembra abbastanza fallimentare. 

Un Raggio di luce- Nel documento del 2015 si parlava di una nazionale maschile competitiva per i mondiali e nazionale femminile ai livelli del passato. Come è successo in parte per l'Italia, è proprio la nazionale femminile a "salvare" un po' la faccia del football cinese: in effetti, le nostre azzurre (alé) hanno sconfitto con un rotondo 2-0 una nazionale che non è l'ultima arrivata. Le ragazze in Cina, differenza degli uomini, hanno già giocato in fasi finali dei mondiali in passato: nel 1991 un quarto di finale, nel '95 un ottavo, nel '99 la finale persa ai rigori con gli USA (altra superpotenza del calcio femminile). Le "Rose d'Acciaio" (questo è il loro soprannome) hanno dominato il proprio girone di qualificazione, sconfiggendo agevolmente Filippine e Thailandia. Il cammino nel mondiale è stato più deficitario, ma questo non cancella il fatto che si siano qualificate per la fase ad eliminazione diretta, al contrario dei loro colleghi uomini, che sono al centro dei riflettori nazionali. Può essere che l'assenza d'esercitazioni militari abbia aiutato? Pensiamo di sì. Detto ciò, le rose d'acciaio non possono addolcire il quadro abbastanza deprimente del calcio cinese: per il momento è deficitario dal punto di vista formativo e la sua visibilità è eccessivamente dipendente dalle star internazionali che decidono di trasferirsi lì. Malgrado piani faraonici, la strada per il successo sembra ancora abbastanza lunga