La recente uscita del calcio italiano dal panorama che conta ha suscitato molte critiche, alcune sicuramente giuste e di competenza, altre secondo me non prendono in considerazione cause storiche ed anche solo notizie, di come si giocava anni fa.
Sono stato un giocatore di calcio negli anni settanta, ed ero un semiprofessionista, ovvero giocavo in serie D. Ma non la serie D di oggi. Infatti allora, fino ai primi anni ottanta, l'organigramma della federazione calcio contemplava queste categorie: serie A e B, professionisti; Serie D e C, semiprofessionisti. Il resto delle categorie, ovvero Promozione, Prima. Seconda e Terza, restavano dilettanti. 

Nei primi anni ottanta si cambiò tutto. Serie A, B, C1 e C2, diventarono professionisti. Le altre categorie furono ancora spezzettate e divennero Interregionale, Eccellenza, Promozione, Prima, Seconda e Terza categoria. La C 1 e la C2 diventano oggi Prima divisione Lega Pro, e Seconda divisione Lega Pro, ma sempre professionisti. Se da una parte si è fatta chiarezza sullo status di alcuni giocatori, vedi serie C e D, e si è migliorata tecnicamente la categoria dal basso, relativamente ai professionisti, dall'altra, si è impoverito tecnicamente il versante dilettantistico, diminuendo la concorrenza per accedere nelle prime squadre, dove oggi giocano ragazzi non adeguati alla categoria, senza educazione tecnica e tattica, che non consente il passaggio in categorie superiori. La promozione dei miei tempi presentava un livello tecnico e fisico notevolmente superiore a quello che si può oggi vedere. Inoltre la frammentazione di tante squadre non consente, sempre a livello dilettantistico, di predisporre squadre competitive e, scendendo sempre di più, si ha in alcune regioni, l'abolizione della Terza categoria, per mancanza di adesioni ai campionati. Nel frattempo, la curva demografica è drammaticamente scesa, e molti meno giovani sono  presenti nell'organico delle squadre, sia a livello giovanile, che a livello di prima squadra. Mettiamoci anche una crescente crisi economica e finanziaria ed il quadro è ancora più drammatico, e la pandemia ci dirà quali ulteriori danni registreremo su questo versante. L'arrivo di giovani extracomunitari, anche se numerosi, non ha colmato il gap generazionale, anche se qualche lieta sorpresa ce l'hanno data in chiave professionistica. 

Ci sono altre considerazioni, tra le quali il cambio di regole immesse da chi, secondo me non ha mai capito niente di calcio: Blatter. L'avere messo mano a regole ancestrali, come il passaggio indietro al portiere, ha snaturato il calcio portandolo simile ad altri sport, come il Rugby, il Basket, la Pallamano, che hanno regole simili, ma che hanno anche dinamiche totalmente diverse. E tralascio l'avere distrutto i campi di calcio, livellandoli, ed eliminando la famosa "schiena d'asino" che consentiva all'acqua di defluire ai bordi del campo, non consentendo la formazione di  pozze stagnanti nel mezzo, portatrici di  danni  per la flora erbacea. E questo per motivi "televisivi", cosa che mi fa pensare che le schiene d'asino soggiornavano sopra a degli umani personaggi poco avvezzi al gioco del calcio. 

Ma tornando ai regolamenti, questo ha portato alla restrizione del campo di gioco effettivo, ha consegnato ai portieri il ruolo di libero, oltre che di ultimo difensore. Il fondamentale più sollecitato è il contrasto (una volta Tackle) e si corre in quaranta metri ci campo, in scatti ripetuti e brevi. Si assiste a giochetti da brividi, con la palla che gira pericolosamente nell'area del portiere, e che ha portato anche danni(si veda il fattaccio Bentancour con il Porto), palloni che rimbalzano come "flipper" da un giocatore all'altro, l'impossibilità di potere anche solo "stoppare" un pallone senza che si venga assaliti da tre, quattro giocatori in pressing, che chiudono traiettorie di passaggio e pure il respiro. 
Da queste nuove regole e situazioni, i preparatori atletici hanno cambiato i sistemi di allenamento. Si è passati da una preparazione aerobica, ovvero l'allenamento dello sforzo prolungato, a quella anaerobica, ovvero lo sforzo nel breve, con recupero veloce. E premetto, che non mi trovo d'accordo, perché? Innanzitutto, lo sforzo alla lunga è prolungato, e allenarsi a questo porta anche al recupero di sforzi brevi, l'aerobico porta "benzina" per il prosieguo del campionato. Inoltre l'uso prolungato di palestre, che hanno ingrossato masse muscolari, proprio quando si è capito che il toccasana dello stretching, che consentiva l'allungamento del muscolo, era un ottimo viatico contro gli infortuni, ha snaturato la fisicità e le prestazioni degli atleti.
Tornando alla situazione aerobica, la mancanza proprio di allenamento aerobico, portando meno consumo di ossigeno, comporta un minore uso di energie, non utilizzate bene in campo dal giocatore, e non altera il dimagrimento necessario alla tenuta atletica e tonificante.
Oggi, infatti, i giocatori di calcio ingrassano più facilmente. E non tragga in inganno che la vita agonistica è più longeva; una volta i giocatori giocavano di più, e consumavano più energie, i ricambi consentiti erano uno o due giocatori al massimo, le rose limitate. In campo medico, ci sono stati notevoli miglioramenti, ed i recuperi da infortuni sono più brevi ed alcuni malanni, che una volta decretavano la fine di un giocatore, oggi sono curati in via veloce e definitiva(vedi la pubalgia ad esempio). 

Ma vorrei tornare ai miei tempi. Mi ricordo che allora giocavo ala tornante di destra (ma anche a sinistra mi trovavo bene), e ogni partita, percorrevo la fascia, per un equivalente di Ottanta/novanta metri, almeno cinquanta volte a partita, e quasi sempre a velocità sostenuta. In mezzo al campo, si marcava a uomo, (e gli unici che giocavano a zona erano i Brasiliani) e le forze ed il dispendio di energie era notevole, le punte, si incrociavano in continuazione, con scatti ripetuti, in un gioco di alternanza di posizioni. La palla viaggiava tra un giocatore all'altro molto più veloce, percorrendo più metri, e non un ripetuto "ping pong" tra giocatori vicini.Anche i palloni, erano più pesanti, infatti pesavano 640 grammi(contro i 420 di oggi), ed anche il calciare il pallone era più faticoso, ed il tiro in porta, si doveva effettuare con il collo del piede, imprimendo maggiore forza, mentre oggi ci danno di piattone anche da venti metri. Il gioco del calcio era più verticale, e meno orizzontale.
Anni prima, vivevo a Torino, vicino allo stadio Comunale(ora Grande Torino) e potevo andare a vedere tante partite di campionato di serie A. Mi ricordo che i giocatori viaggiavano a velocità pazzesche, con palloni smistati rapidamente, scambi al fulmicotone. Tornai trent'anni dopo, e vidi un calcio al rallentatore. Rimasi deluso, e un po' preoccupato. Qualcosa di degenerativo stava accadendo al nostro calcio.  
A trent'anni circa, smisi l'attività agonistica e mi ritirai dal calcio definitivamente, perché i ritmi non li reggevo più, e i giovani correvano troppo veloci. Quindici anni dopo provai a fare una partita amichevole, contro ragazzi in attività, e mi scoprii stranamente, con poco allenamento, che stavo in campo al loro livello anche fisicamente (se non in taluni casi superiore), avevo ancora dentro il ritmo di quando giocavo, e qualche chilo in più. Naturalmente a livello tecnico li sovrastavo, abituato al semiprofessionismo, contro dei dilettanti, e considerata anche l'esperienza. Fu un'altra conferma di quanto si fosse sceso a livello fisico, anni prima io avevo smesso in Prima categoria, e questi giocavano in Prima categoria. Nel frattempo per almeno dieci anni non mi occupai neanche di calcio, avendo intrapreso un percorso lavorativo e di studi che mi assorbiva totalmente. 

E questo come si concilia con il nostro "flop" in Europa? Si concilia con le considerazioni di calcio estremamente tattico e poco tecnico che ha invaso le tesi di molti allenatori e preparatori atletici. Conte e Mourinho, ad esempio, allenano diversamente, senza palestra e con lunghe corse di preparazione aerobica, sforzo e recupero sia sul prolungato che nel breve. All'estero, si allena la difesa dell'uno contro uno, i giocatori vengono educati a più ruoli, mentre qui, guai se uno lo sposti dieci metri più in là della sua zona. Abbiamo assistito alle partite del Bayern e del Real Madrid, notando che non solo corrono più veloci, ma percorrendo più chilometri, con la palla che viaggia più veloce e  precisa, anticipando tempi di gioco, quello che ti permette di superare il pressing. I difensori, saltano anche l'uomo, le punte ed i centrocampisti si alternano nell'inserimento e nel recupero palla. Nssuno rimane in fuorigioco, perché un giocatore fermo dietro alla difesa commette due errori, il primo, è inutile alla squadra, il secondo non può ricevere il pallone. Mettiamoci anche che è più facilmente marcabile, perché statico, e il quadro è completo. Si deve tornare ad una visione più sbarazzina e fantasiosa del calcio, giocatori come Dybala, hanno la capacità di farci vedere quella fantasia che una volta ci facevano vedere i Rivera, i Corso, Baggio, giocatori che oggi starebbero in campo anche a quarant'anni suonati. Devo fare anche dei rilievi sul movimento, le squadre estere si muovono molto, e questo consente di smarcare sempre un giocatore, libero di ricevere palla e in grado già di distribuirla velocemente ad altri giocatori liberi. Ammetto che il giocare tutti intruppati in quaranta metri, consente l'uso del fallo sistematico, e questa è una delle nuove tattiche immesse dal nuovo corso calcistico (vedi Atalanta), ma ritengo che gli arbitri, dovrebbero permettere meno questo tipo di interventi, e avere più benevolenza in situazioni a volte meno "cattive".

Termino con un ricordo, un'amichevole giocata a diciannove anni contro il Genoa di Corso, Gregori, Bergamaschi, Rossetti, Maggioni (che l'anno prima era alla Roma e che mi marcò). Ebbene, io fisicamente ero molto bravo, ma quelli non li prendevo mai, correvano e pensavano a velocità doppia della mia, lo stesso Mario Corso, giocatore della" Grande Inter", definito un "lento", era dura stargli dietro. A fine partita chiesi il pallone, volevo vedere come era fatto. Saluti e viva l'Italia.