Nella commedia scolastica cult degli anni '70, Animal College, celebre è il discorso fatto da John Belushi, nel film Bluto, ai propri confratelli stanchi e abbattuti. Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare, dice un fomentato Bluto, al termine di un discorso condito da errori storici, nel tentativo di rianimare i compagni e aizzarli nuovamente alla "guerra" contro le autorità, che in quel momento sembrava ampiamente persa. Nei momenti importanti e decisivi ognuno deve tirare fuori il meglio da se stesso, questo è il significato della frase forte e incisiva, poi citata e applicata innumerevoli volte soprattutto in ambito sportivo. 

Questa citazione non può certo essere lo slogan dell'Inter formato 2019/20. La squadra allenata da Antonio Conte, dopo anni di buio, è tornata a lottare per le primissime posizioni del campionato, e in questo inizio di ciclo ha trovato basi solide da cui partire per migliorare ulteriormente in futuro.
Prima di tutto il modulo, il celeberrimo e collaudatissimo 3-5-2, fedele compagno dell'allenatore salentino in ogni sua esperienza, la coppia d'attacco che riesce a trovare in campo combinazioni che a San Siro non si vedevano da troppo tempo ormai, i giocatori di classe non ultimo Eriksen che oggi non sembra ancora integrato perfettamente nei meccanismi assiduamente ripetuti da Conte, ma una freccia che chiunque vorrebbe per il proprio arco, infine una società solida con un progetto prestigioso disposta anche a investimenti importanti per mettere a disposizione del mister il miglior materiale umano possibile, un mister condottiero seguito ciecamente dai suoi soldati. 

Oggi però quando il gioco si fa duro... l'Inter smette di giocare.
Una costante evidente finora e non certo positiva è invece, l'assenza dei giocatori nerazzurri nelle serate importanti, nei momenti clou della stagione, nelle cosiddette partite che valgono 6 punti. In campionato contro le squadre che occupano le prime cinque posizioni, la squadra di Milano ha totalizzato finora solamente 5 punti sui 54 totali, grazie alla vittoria con la Lazio nel girone d'andata e i pareggi in casa con Atalanta e Roma. Nelle altre occasioni dove i nerazzurri avrebbero dovuto dimostrare il proprio valore, non sono mai arrivate prestazioni all'altezza della situazione: nel big match di San Siro all'andata contro la Juve che avrebbe potuto valere il +3 in classifica, a Roma contro la Lazio per allontanare i biancocelesti dalla zona scudetto e infine ieri sera, che sarebbe potuto essere l'ultimo treno per rimanere in scia a Lazio e Juve, treno perso anche stavolta.
Andando ad analizzare queste partite possiamo notare come  l'Inter in realtà si sia sempre presentata bene ai vari appuntamenti, non rimanendo però mai fino alla fine. Al termine dei primi tempi dei match citati, il risultato temporaneo è sempre stato in pareggio o a favore dell'Inter, e le prestazioni mai squilibrate ampiamente da una parte o dall'altra. La situazione è sempre cambiata nelle seconde frazioni, quando il risultato lo porta a casa chi realmente vuole ottenere l'obbiettivo, non solo ipoteticamente.
Già perchè ipoteticamente se l'Inter avesse concluso i match decisivi così come li ha iniziati oggi sarebbe prima in classifica, ed espandendo il discorso in area europea, agli ottavi di Champions.

Anche in Europa infatti il discorso non cambia, iconica è la partita di Dortmund, prima in vantaggio di due gol e virtualmente qualificati, poi rimontati e soprattutto scomparsi totalmente e ingiustificatamente dal campo. Vorrei inoltre prendere come esempio il primo gol bianconero di ieri sera. Ramsey riesce a trovare la conclusione vincente sugli sviluppi di un cross di Matuidi, il francese arriva sul fondo con una sovrapposizione interna su un filtrante di Alex Sandro, nel momento in cui inizia la corsa Vecino è esattamente di fianco al giocatore bianconero, i due non hanno velocità di base molto differente, eppure Matuidi crede continuamente di poter arrivare su un pallone che inizialmente sembra leggermente lungo e destinato sul fondo, mentre guardando attentamente Vecino, si può notare come non segua l'avversario con decisione rallentando la corsa due volte,  sia sui primi passi che negli ultimi.
Anche nel momento in cui l'avversario riesce effettivamente ad arrivare sul pallone non crede forse nella pericolosità dell'azione, allunga semplicemente la gamba per provare un lieve disturbo, quando probabilmente un intervento in scivolata avrebbe risolto il piccolo svantaggio creatosi nei primi metri e fermato l'azione che ha invece portato al vantaggio juventino. In sintesi un grande giocatore e più in generale una grande squadra crede sempre in ogni pallone, partita e obbiettivo oggi forse quello che manca all'Inter è proprio questo, la convinzione nei propri mezzi e nella possibilità di raggiungere davvero gli obbiettivi per cui lotta.

Insomma, Conte ha più volte dichiarato che quest'anno è il primo di tanti step che porteranno l'Inter a tornare grande, la stagione, nonostante le sconfitte importanti, non si può certo considerare fallimentare, a Milano c'è un entusiasmo (sportivamente parlando)  che no si vedeva praticamente da un decennio e per i tifosi si prospetta un futuro roseo e ricco di soddisfazioni.
In mezzo a tante certezze positive però, ve ne è anche una negativa e se quest'estate l'Inter ha iniziato una scalata che la porterà a ritrovare la gloria perduta, il prossimo gradino include sicuramente iniziare a vincere anche le partite decisive, così da colmare interamente il famoso gap che dal post triplete in poi si è formato con le top squadre italiane ed europee.
Perchè se quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare, oggi i giocatori interisti non riesco proprio a definirli dei "duri".