LA PASSIONE MAL COLTIVATA - Il calcio è lo sport più seguito al mondo e per noi addetti ai lavori, cosi come per tanti tifosi, è anche il più bello del mondo. I tifosi investono tempo nel guardare le partite, seguire i loro beniamini e muoversi per vedere partite anche in luoghi del mondo quasi sconosciuti. Gli stessi tifosi che investono anche denaro in merchandising, abbonamenti e tutto ciò che ruota attorno al campo da gioco. Alle volte peró, la passione travolgente rischia di fare dei guai irrisolvibili.,,
MARIO FERNANDEZ - É il caso di Mario Fernandez, protagonista di una lite con un arbitro durante una partita della lega di Las Heras. La lite fu cosi plateale che il calciatore venne scortato addirittura in penitenziario, ma gli animi si erano scaldati davvero troppo e, in seguito ad una colluttazione con un poliziotto, perse la vita. Un destino beffardo per il calciatore, ucciso da un colpo di pistola dietro la nuca partito accidentalmente, in seguito alla caduta dell’arma.
ANDRES ESCOBAR - Giocare a calcio in Sudamerica può rivelarsi molto pericoloso. Qualche anno dopo la vicenda appena raccontata, nel 1994, la Colombia che nei primi anni '90 aveva dato spettacolo e mostrato un ottimo calcio, viene eliminata ai Mondiali dai rivali degli Stati Uniti. Per stampa e tifosi, la colpa è tutta di Andres Escobar, difensore centrale 27enne in forza al Nacional di Medellin, colpevole dell’autogol del 2-1 americano.
Se in Europa il calcio è sempre stato un business, in Sudamerica ai tempi era al centro del traffico dei narcotrafficanti, e a qualcuno quell’autorete costó tanti denari. Humberto Munoz Castro decise che fosse giusto far sapere al calciatore di questo perdita, proprio fuori da uno dei ristoranti più rinomati della zona, litigando con lo stesso. La lite proseguì finché i due non vennero divisi e mandati via, ma per poco purtroppo, qualche minuto dopo infatti, Castro decise di uccidere Escobar con 12 colpi di pistola, inflitti mentre il calciatore si accingeva a tornare a casa con la sua auto. Per molti si tratta di un fatto ricollegato alle scommesse sportive, per altri il problema fu che quella sera, Escobar avvicinò delle donne legate al mondo del narcotraffico, la questione degenerò e finì in quel modo. E pensare che proprio l’anno prima c’era già stato un precedente con un compagno di squadra proprio del Nacional, club accusato di essere legato ai grandi narcotrafficanti dell’epoca.
JESUS LOPEZ - Il narcotraffico continuerà a mietere vittime in Colombia, cosi come il povero Jesus Lopez. Il 30enne stava disputando un’amichevole a Santuario, tra la sua squadra, il San Bartolomeo, e una giovane selezione locale. Sul 2-1, Lopez ha la possibilità di pareggiare, ritrovandosi la palla tra i piedi, parte in fuga verso la porta avversaria e proprio davanti al portiere, viene fermato. Fermato sì, ma non da un difensore, bensí da un proiettile vagante partito, probabilmente, dagli spalti. Ovviamente l’assassino non venne mai punito, ai tempi, specialmente in Colombia, non c’erano telecamere o grandi impianti di ripresa.
ALVARO ORTEGA E COLLEGHI - Calciatori sì, ma anche arbitri. I possessori del fischietto sono spesso presi di mira, molto più dei calciatori stessi. Molti di loro vengono presi di mira da frasi ingiuriose, altri come Alvaro Ortega, vengono uccisi al termine di una partita di campionato per scelte di gioco considerate sbagliate. Nel 1999, sempre in Colombia, a Cali, toccherà al povero William Varela, arbitro 34enne, perdere la vita per colpa di una partita di calcio amatoriale. Finito l’incontro, una volta trovatosi nel parcheggio dell’Università di Santiago, venne trivellato proprio affianco ad un collega. Non solo la Colombia in questo tipo di cronaca e, purtroppo, non solo “vecchi casi”. Nel 2013, in Brasile, durante una partita amatoriale nello stato di Maranhao, l’arbitro Octavio da Silva Giordano, di soli vent’anni, viene ucciso e squartato al centro del terreno di gioco dopo che, poco prima, lo stesso accoltellò un calciatore 31enne.
SENZO MEYIWA - Ci sono situazioni in cui il calcio fa solo da contorno, come accaduto al portiere della Nazionale Sudafricana del 2013, Senzo Meyiwa. Il calciatore venne trovato assassinato nella casa della fidanzata, vicino a Johannesburg. La ricostruzione dell’accaduto parla di due malviventi incappucciati, entrati nell’abitazione per rubare soldi e oggetti di valore, che si sono trovati di fronte il calciatore e hanno sparato. Ma la storia fa acqua da tutte le parti e, seppur vengano arrestati tre colpevoli, nessuno crede alla sfortunata rapina, ma iniziano a nascere delle voci riguardanti una mente a capo dell’operazione. Secondo alcuni giornalisti locali infatti, poteva trattarsi di un regolamento di conti. Mewiya in patria era una stella, nemmeno un delinquente avrebbe mai fatto una cosa simile, ma qualcuno poteva iniziare a provare fastidi per la notorietà del calciatore e per la sua vita privilegiata. Per molti, infatti, la colpevole fu la moglie, stanca dei continui tradimenti del marito. Per altri, la colpevole fu l’amante del calciatore, conosciuta per la sua indole violenta e stanca di dover condividere il suo uomo che, a detta di alcune persone vicine allo stesso, voleva chiudere la sua relazione extraconiugale. Mistero che ancora oggi rimane irrisolto.
MUHAMMAD AMIN - Non ci sono sempre motivazioni reali o sconcertanti dietro alle morti sul campo. È il caso di Muhammad Amin, portiere Curdo dello Sinjar, squadra di Baghdad, ucciso da un proiettile nello stadio di Hilla. La stampa diede la colpa ad un tifoso avversario, ma l’agenzia Irachena Nina, fece uscire la verità sull’accaduto. Un poliziotto a bordocampo imbracciò l’arma di ordinanza per sparare un colpo in aria in segno di festeggiamento, ma fece un errore e sparó ad altezza uomo, c’entrando pienamente il calciatore e uccidendolo.
LUCIANO RE CECCONI - Una morte accidentale e infame, come quella accaduta a Luciano Re Cecconi, nel 1977. Il centrocampista della Lazio, il 18 gennaio, decise assieme ad un suo amico di fare uno scherzo ad un loro amico gioielliere, simulando una rapina. Scherzo finito male poiché il gioielliere, che nello stesso mese aveva già subito due rapine, all’atto intimidatorio di alzare le mani, sparò nel petto del calciatore che morì solo mezz’ora dopo.
HELMUT DUCKADAM - Tra storie beffarde e assurde, a volte anche le leggende popolari si mischiano alla cronaca omicidio-calcistica. Un caso é quello di Helmut Duckadam, portiere della Steaua Bucarest del 1986, diventato leggendario per aver parato quattro rigori al Barcellona nella finale di Coppa dei Campioni che permise ai Rumeni di vincere il trofeo. Per detta dello stesso calciatore, purtroppo la sua carriera si fermò lì, poiché un grumo di sangue spostatosi al braccio gli provocò una trombosi alle mani. Alcune leggende però raccontano di un regalo da parte di Re Juan Carlos di Spagna, in favore dello stesso portiere, in seguito a quella meravigliosa finale di Coppa dei Campioni. Una Mercedes per congratularsi della splendida prestazione offerta. Pare però che Valentin Ceausescu, figlio del famoso dittatore, non vide di buon occhio l’idea che un portiere di calcio potesse avere un’automobile tanto bella e obbligò il portiere a rivendergliela, ricevendo un secco e spregiudicato no, che gli costò due mani spezzate da parte della securitate di Ceausescu. Leggende, ribadisco.
FRANCO NIETO - Tornando ai giorni nostri, nel 2014, in Argentina, si giocava una partita del campionato regionale tra il Chacharita e il Tiro Federal, la squadra di Franco Nieto. Nieto e compagni vincevano per 3-1 ai danni dei rivali quando, inevitabilmente, scoppiò una rissa in campo con otto espulsi totali e successiva interruzione della partita. Ai tifosi questa scelta arbitrale non piacque e gli animi si scaldarono, tanto da far iniziare gli stessi tifosi ad inveire contro il campo lanciando bottiglie, carte, accendini e tutto ciò che gli capitasse a tiro. Purtroppo, uno di loro, decise di lanciare un mattone in campo. Mattone che colpì Franco Nieto direttamente sulla nuca, uccidendolo dopo 4 giorni di calvario in ospedale. In patria, raccontano che i Barrabravas, gli ultrá Argentini, siano responsabili di oltre 250 morti dai primi anni 2000, di cui una quindicina solo tra il 2014 e il 2015.
EDGAR PAEZ - Arbitri, calciatori, tifosi e anche Presidenti, sono queste talvolta le vittime del campo, o meglio, di ciò che ruota attorno al gioco del calcio. Cosi come accaduto proprio due giorni fa ad Edgar Paez, Presidente del Tigres, squadra della seconda divisione Colombiana, da non confondere con la squadra del massimo campionato Messicano. Il Tigres ha giocato contro l’Atletico Cali, perdendo per 3-2 una partita dalle mille emozioni. A fine partita, il Presidente della squadra si accingeva a lasciare lo stadio Metropolitano de Techo in auto, con la figlia a bordo, quando due uomini in moto si sono avvicinati e hanno sparato al 63enne, togliendoli la vita. Illesa la donna. Ciclo che si conclude, almeno per ora, come é iniziato, con un omicidio appartenente al mondo del calcio ma legato probabilmente più al narcotraffico, con necessità da parte dei narcotrafficanti di ripulire i soldi generati con la malavita proprio nel mondo del pallone. Il calcio in tutte queste storie di fattacci c’entra pochissimo, quasi solamente di facciata, ma il business e la passione a volte, possono causare danni irreparabili.
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