Dieci punti di ritardo dall’Inter capolista, un distacco aumentato a sei punti anche rispetto al Milan, al momento saldo in seconda posizione, la ragione che, al netto della gara contro il Napoli ancora da recuperare, invita a rivolgere lo sguardo verso le inseguitrici e a puntare alla salvaguardia di un posizionamento valido per l’accesso in Champions League per la prossima stagione. E’ l’amara e forse inaspettata realtà con cui all’improvviso, dopo nove anni di successi, si stanno confrontando i tifosi della Juventus. Lo scudetto che lentamente ma in maniera inesorabile scivola via partita dopo partita, una squadra senza idee e povera di personalità, giocatori involuti al limite dell’irriconoscibile sono il prodotto di una stagione cominciata male fin dal principio, con la discutibile decisione societaria di affidare la squadra ad un allenatore totalmente privo di esperienza. I mezzi di informazione hanno accompagnato l’ascesa di Pirlo sulla panchina più importante e difficile d’Italia definendolo, in diverse occasioni, un “predestinato” (ma, ancora mi domando, in base a cosa?). Ai tifosi della Juventus è stato raccontato di idee talmente rivoluzionarie da entusiasmare la dirigenza che lo ha scelto, anticipando di qualche anno il programmato salto dall’under 23 alla prima squadra. Dopo oltre metà stagione, vedo soltanto quello che temevo fin dall’inizio (timori aumentati dopo aver letto la tesi proposta a Coverciano dal nostro allenatore per l’esame finale), un uomo confuso e intimorito, cui rimane soltanto la lunga barba a regalargli un senso di illusoria protezione. Le presunte idee rivoluzionarie si sono scontrate ben presto contro il muro dell’utopia e dell’inesperienza. Da inizio stagione non ha proposto nient’altro che i soliti due concetti, difesa alta e costruzione bassa, accompagnati da cervellotici meccanismi di transizione tra le due fasi, offensiva e difensiva, che non producono altro risultato se non quello di aumentare la confusione dei giocatori in campo.

I problemi della Juventus in questa strana stagione sono tanti e coinvolgono tutti i reparti societari, dalla dirigenza allo staff tecnico, dallo staff medico alla squadra. La soluzione passa attraverso l’individuazione delle criticità e una corretta classificazione e risoluzione delle  stesse in ordine di importanza ed incidenza. La prima e più urgente concerne proprio il reparto tecnico, guidato da questo allenatore che si sta rivelando ogni giorno sempre meno adeguato. L’imputazione più pesante sul lavoro svolto da Pirlo finora riguarda la (mancata) valorizzazione della rosa. In questo momento è difficile per chiunque elaborare un giudizio attendibile e sereno del parco giocatori. Non siamo in grado, tolti un paio di elementi, di valutare il materiale umano a disposizione e i giocatori su cui costruire le fondamenta per aprire un nuovo ciclo. Continuando con Pirlo, il rischio concreto per la dirigenza è quello di avventurarsi in operazioni di mercato senza avere riferimenti certi sulle necessità dell’organico e sul reale valore del parco giocatori.

Con lo stato d’animo intriso di preoccupazione, scoramento e fastidio, il tifoso bianconero si avvicina alla partita casalinga contro lo Spezia che, saltata Lazio - Torino per le vicende legate ai contagi da covid in casa granata (per le quali la squadra di Cairo beneficerà molto probabilmente del “bonus Napoli”), apre il turno infrasettimanale valevole per la venticinquesima giornata del campionato di Serie A. 

Le scelte di Pirlo ricadono su quello che ormai è il suo riconoscibile “schema liquido”. Szczesny, particolarmente allegro e sorridente in questo ultimo periodo, viene confermato tra i pali. L’infortunio di De Ligt, occorso durante il riscaldamento, priva l’allenatore bianconero del suo difensore più forte. Davanti al portiere polacco si muoverà quindi una linea difensiva decisamente inedita, formata da Demiral e Alex Sandro al centro, supportati da Danilo, al rientro dopo la giornata di squalifica scontata contro il Verona, e Frabotta sulle fasce, rispettivamente destra e sinistra. In mezzo al campo le scelte dell’allenatore bianconero ricadono ancora una volta su una coppia centrale formata da Bentancur e Rabiot. Sulla destra conferma scontata per Chiesa, dall’altra parte, il ruolo ibrido tra fascia e trequarti, ormai divenuto un punto di riferimento nel campo delle complicazioni inutili, viene affidato a McKennie. In attacco, il tandem formato da Ronaldo e Kulusevski completa la formazione bianconera. Rispetto a Verona, ritorna almeno tra i convocati Alvaro Morata. La sua presenza, seppur tra le riserve, conforta un minimo il tifoso bianconero che si piazza di malumore davanti alla tv.

Dalla panchina opposta, Italiano, che sta guidando il neopromosso Spezia in una stagione oltre le aspettative che, al momento, vede la squadra ligure in buona posizione per la corsa alla salvezza, risponde con un tradizionale e meno cervellotico 433. Davanti alla porta difesa da Provedel, la linea dei 4 difensori è composta, da destra verso sinistra, da Vignali, Terzi, Erlic e Marchizza. In mezzo al campo agiranno Estevez, Leo Sena e Maggiore, che avranno il compito di coprire e supportare il reparto offensivo formato da N’Zola al centro e Farias e Gyasi sulle fasce. Come nella recente gara contro il Crotone, la lettura delle formazioni che si affronteranno nella serata torinese non ammette pronostico diverso da una vittoria della Juventus.

Lo Stadium accoglie sul prato verde le due squadre. Deserta e muta la curva sud, così come tutti gli altri settori, con le due squadre al centro del campo, nell’impianto torinese si diffondono come al solito le fastidiose note di quell’inno che la Lega si premura di farci ascoltare prima di ogni partita. Terminate le non indispensabili formalità, il fischio dell’arbitro Sacchi da il via alla sfida. 
Va in scena una prima mezz’ora di nulla, in cui la Juventus evidenzia tutti i problemi che si sta portando dietro praticamente da inizio stagione. Ritmo basso, tanti passaggi all’indietro, pochi tentativi, spesso mal riusciti, di cambiare gioco con  un lancio. Nessun riferimento verticale in avanti. Non sono trascorsi che pochi minuti dal via dell’incontro, che il tifoso bianconero davanti alla tv si ritrova già a interrogarsi su quanta autonomia avrà a disposizione Morata. Di tutta la prima parte di gara, rimane nella memoria soltanto il ricordo di Astori, la cui immagine, nel terzo anniversario dalla scomparsa, viene proiettata sugli schermi dello stadio allo scoccare del minuto tredici. Lo Spezia concede campo soltanto a Frabotta, larghissimo ma inoffensivo e scoordinato sulla sinistra. Per il resto ha gioco facile nell’arginare la stagnante manovra bianconera. Ronaldo tocca pochi palloni e neppure troppo bene. Invita con ampi cenni i compagni a salire per attaccare lo Spezia all’inizio della sua azione. Le richieste del fuoriclasse portoghese rimangono inascoltate. I giocatori della Juve sono fermi, si guardano tra di loro senza trasmettere l’impressione di sapere cosa fare. In un paio di occasioni, Bentancur e McKennie provano ad accennare un principio di pressing, ma i tentativi rimangono iniziative isolate, destinate a spegnersi nel giro di un paio di scatti. La regia regala nel corso del primo tempo diverse inquadrature di un Pirlo pensieroso, preoccupato e soprattutto disorientato. L’impressione è che non sappia dove mettere mano. Le idee rivoluzionarie che tanto sembravano efficaci sulla carta e sulle lavagne tattiche, sono evaporate alla prova del campo. Incita la squadra a far girare la palla più velocemente senza particolare successo. Altre idee, magari stringere la posizione di McKennie, portandolo più vicino a Bentancur e Rabiot per riequilibrare l’inferiorità numerica a centrocampo, non gli vengono in mente. 

La partita si accende un minimo quando è già trascorsa abbondantemente la prima mezz’ora di gioco. Sono un paio di errori in disimpegno dei giocatori liguri ad offrire alla Juventus alcune potenziali occasioni che non vengono adeguatamente sfruttate. Un tiro abbondantemente largo di Chiesa e un docile colpo di testa di Demiral, sugli sviluppi di azione di calcio d’angolo, agevolmente controllato da Provedel, rappresentano il poco che la Juventus è riuscita a proporre per quasi tutto il primo tempo. L’unica vera occasione da gol della prima frazione di gara arriva poco dopo il quarantesimo minuto. Una transizione in uscita avviata da Bentancur, condotta da Danilo e rifinita da Kulusevski, innesca Ronaldo in un uno contro uno con Vignali, all’altezza del vertice sinistro dell’area di rigore. Da quella che rimane la sua situazione d’attacco preferita, il portoghese disorienta il diretto marcatore con un tocco a rientrare e, con un tiro a giro di destro, colpisce la base del palo più lontano a Provedel nettamente battuto. L’illusione di chiudere in vantaggio un insipido primo tempo si schianta contro l’ennesimo legno colpito in questa stagione.
Finisce senza reti un triste primo tempo. Le chat dei vari gruppi di Whatsapp risentono della gara sottotono fin qui disputata dalla Juventus. Non c’è nemmeno la voglia di arrabbiarsi, rimangono solo le perplessità riguardo la proposta tattica di Pirlo e la curiosità di capire in che modo eventualmente riusciremo a trovare la via della rete. Bernardeschi si scalda per tutta la durata dell’intervallo ma alla ripresa del gioco entrambe le squadre si ripresentano in campo con gli stessi giocatori che hanno iniziato l’incontro. 

Il secondo tempo riparte subito con un errore in appoggio di Alex Sandro che, per una questione di pochi centimetri, non viene intercettato dagli attaccanti avversari. Lo Spezia restituisce il favore pochi istanti più tardi. Un lento retropassaggio di Marchizza verso Provedel diventa preda di McKennie, bravo ad intuire il possibile errore del rivale. L’americano, con un tocco d’esterno destro, anticipa il portiere ma non trova nessun compagno in mezzo all’area pronto a mettere in rete a porta vuota. La Juventus continua a creare poco gioco. La manovra ristagna al centro, in una rete di passaggi corti che trovano inevitabilmente l’unico sfogo possibile in un banale retropassaggio. L’unica occasione degna di nota dei primi quindici minuti della ripresa è rappresentata da una discesa sulla sinistra di Kulusevski, conclusa con un cross teso sul quale il tocco di Provedel manda fuori tempo Ronaldo, appostato sul secondo palo, pronto  per concludere a rete con un’ampia porzione di porta sguarnita.
Pirlo interviene finalmente con due cambi. Fuori McKennie, la cui utilità sulla fascia è ancora da dimostrare. Fuori anche Frabotta, sempre troppo approssimativo in fase di controllo di palla. Dentro Morata e Bernardeschi. Il solito maleducato spot della Volvo proposta a noleggio a condizioni, secondo gli autori, vantaggiose, si prende la scena al momento della sostituzione. La Juventus si ridisegna sul prato dello Stadium con un semplice 442. Bernardeschi, nel ruolo di terzino sinistro, è chiamato a ricoprire l’ennesima posizione in carriera. Lo farà molto bene. 
I cambi producono l’esito sperato e lo fanno alla prima occasione.
Alex Sandro dalla difesa, con un lancio lungo la linea laterale di sinistra, innesca la corsa di Bernardeschi. L’esterno della Juventus supera nello scatto Vignali e, dalla linea di fondo, traccia un cross basso e teso sul primo palo. Morata anticipa Erlic e, al primo pallone toccato, batte Provedel. E’ il gol che sblocca la partita e rinfranca l’animo del tifoso bianconero davanti alla tv. L’esultanza, in campo e nei salotti, dura poco. Interviene la bandierina alzata del guardalinee a vanificare l’azione e reprimere il sospiro di sollievo dei tifosi. Secondo l’assistente di linea, Bernardeschi è partito da posizione di fuorigioco. La conferma dalla sala Var però si fa attendere. Passano dieci secondi, poi venti. Il replay proposto da Sky alimenta la speranza. Passa un minuto e il gioco è ancora fermo. Pinsoglio freme in piedi in panchina. Passa un minuto e mezzo e ancora non si riparte. Bonucci passeggia nervoso in tribuna. Dopo due minuti arriva finalmente la decisione più attesa. Il gol viene convalidato. La Juventus è passata in vantaggio con una rete molto simile a quella realizzata da Chiesa ad Oporto. Un gol che affonda le sue radici nella storia più antica di questo gioco. Le fasce e i cross da fondo campo da sempre utilizzati per scardinare le difese più chiuse e in questa epoca moderna troppo spesso sacrificate a beneficio di fitte e sterili trame di passaggi che, nella maggior parte dei casi, non fanno altro che agevolare la squadra che difende. 

Incassato il gol lo Spezia cerca di reagire. Si propone nella metà campo della Juventus guadagnando diversi calci d’angolo, alla fine saranno dieci, dai quali non ricava altro che qualche mischia in area facilmente domata dalla difesa juventina. Il vantaggio e la nuova disposizione tattica favoriscono la fluidità della manovra bianconera. Il raddoppio arriva dopo pochi minuti, ancora con un’azione dalla fascia sinistra. Su una palla in profondità servita da Rabiot, Kulusevski taglia verso l’interno del campo, lasciando pallone e spazio a Bernardeschi che arriva veloce da dietro. L’esterno salta facilmente Vignali, entra in area e serve Chiesa, libero davanti alla porta difesa da Provedel. Il portiere è eccezionale nel respingere la prima conclusione dell’ala della Juventus ma nulla può sulla ribattuta acrobatica a rete dello stesso giocatore. E’ il gol che indirizza i tre punti in palio verso Torino. Dieci minuti! Sono bastati dieci minuti giocati con un’idea tattica antica, chiara e semplice, due terzini che salgono e due ali per allargare le maglie della difesa avversaria, per trovare quelle occasioni, quei gol e quella fluidità nella manovra che inseguiamo da inizio stagione. 
Kulusevski dimostra di trovarsi a suo agio sulla sinistra, facilitato nel primo controllo dalla possibilità di guardare il campo giocando il pallone con il suo piede preferito. E’ questo aspetto un fattore troppo spesso trascurato dai moderni sistemi di gioco, tutti omologati tra di loro, che hanno uno dei principi cardine nell’ala che gioca sulla fascia opposta rispetto al piede preferito (il famoso “piede invertito”) con lo scopo di accentrarsi e cercare l'assist a scavalcare la difesa oppure la conclusione, invece di scendere sul fondo del campo e crossare. Un principio talmente radicato nelle menti della nuova generazione di manager della panchina, al punto da non permettergli in alcuni casi nemmeno più di discernere le caratteristiche più evidenti dei giocatori a disposizione.

Con il gol del due a zero, arriva una serie di cambi. Pirlo richiama Chiesa, che sale in panchina a ricevere i complimenti di Pinsoglio, e inserisce Ramsey. Kulusevski passa sulla destra, il gallese si riprende quel ruolo ibrido tra fascia e trequarti che tanto piace al nostro Mister. Tre cambi anche per Italiano che inserisce Galabinov, Acampora e Verde per N’Zola, Maggiore e Farias. Questa volta è lo spot dell’aperitivo rosso a prendersi ineducatamente la scena.
La partita è ormai indirizzata anche se lo Spezia non rinuncia a giocare. Resta il tempo per un calcio di punizione di Ronaldo parato da Provedel, per qualche mischia prodotta nell’area bianconera da alcuni calci d’angolo in favore dello Spezia, per l’ingresso di Di Pardo al posto di Kulusevski e per il terzo gol della Juventus. Lo segna Ronaldo, lanciato in campo aperto da Bentancur, bravo a sradicare il pallone dai piedi di Agoume, subentrato pochi istanti prima al posto di Leo Sena, e a servire il portoghese che controlla di destro e  batte Provedel con un sinistro preciso sul palo più lontano. Il tre a zero chiude definitivamente la partita.
Nel finale c’è gloria anche per Szczesny, fino a quel momento mai impegnato se non per l’ordinaria amministrazione in area, che proprio all’ultimo minuto del recupero si trova a fronteggiare un rigore concesso da Sacchi, richiamato al monitor dal Var per un intervento di Demiral su Gyasi. Galabinov dal dischetto calcia a mezza altezza e nemmeno troppo angolato, il portiere polacco respinge sicuro.

Termina l’incontro con un risultato ampio che la disparità delle forze in campo permetteva di ritenere prevedibile, nonostante il momento non eccellente attraversato dalla Juventus. La vittoria arriva dopo oltre un’ora di gioco buttata via per inseguire le ormai solite chimere tattiche che tanto affascinano il nostro allenatore. Tre punti che probabilmente non cambieranno la storia della Juventus per quanto riguarda l’inseguimento ad una vetta che appare ad oggi ancora troppo lontana ma indispensabili per consolidare il piazzamento in zona Champions, il cui fallimento non può nemmeno essere preso in considerazione.

Sabato la sfida contro la Lazio e il martedì successivo il ritorno degli ottavi di coppa contro il Porto, daranno risposte forse anche definitive sul prosieguo della stagione bianconera.