La Juventus, dopo la brillante vittoria del Camp Nou, si riaffaccia al campionato con rinnovata fiducia. Aspettative di continuità con quanto visto martedì sera a Barcellona accompagnano l’avvicinamento della partita domenicale contro un Genoa relegato nelle parti basse della classifica e che finora ha mostrato notevoli difficoltà di gioco e soprattutto realizzative.

L’attesa dei tifosi juventini riguarda soprattutto le scelte di Pirlo. Si vuole capire se il nostro allenatore dopo Barcellona abbia finalmente trovato delle certezze nella struttura portante della squadra. La formazione iniziale, per certi versi sorprendente, non sembra andare in questa direzione. Cuadrado torna terzino, Chiesa prende la fascia sinistra, al centro del campo troviamo Rabiot e Bentancur. McKennie agirà in quella posizione ibrida, a metà tra esterno di destra e trequartista, solitamente affidata a Ramsey e Kulusevski. Un ruolo in cui già lo abbiamo visto più volte e in cui ho la sensazione che le sue capacità di inserirsi negli spazi e di giocare tra le linee vengano in qualche modo limitate dalla posizione di partenza troppo avanzata. Nonostante la riduzione della squalifica, Morata prende posto in panchina, forse non è al meglio dopo la dispendiosa gara di Barcellona. Tocca di nuovo a Dybala, chiamato a dare un segno importante, chiamato a ricordare a tutti perchè la maglia numero 10 della Juventus la porta lui.

Si parte con il doveroso ricordo di Paolo Rossi. L’eroe di tutto un popolo, venuto a mancare troppo presto. Nel silenzio di Marassi, con le squadre schierate a centrocampo, gli altoparlanti diffondono le telecronache del mondiale dell’82. Le voci di Ameri e Martellini fanno rivivere per pochi secondi i momenti decisivi di quella che è stata la vittoria di tutti gli italiani. Di coloro che lo hanno vissuto in prima persona e di quelli, arrivati dopo, che da piccoli si addormentavano con i racconti delle tre reti di Paolo Rossi al Brasile. Un ricordo sobrio ed elegante al quale purtroppo, causa restrizioni dovute al coronavirus, manca la partecipazione del pubblico che priva Paolo Rossi di quell’applauso che avrebbe meritato di ricevere. Idealmente gliene mandiamo uno eterno. 

La partita inizia e la Juventus è subito pericolosa. Cuadrado calcia in area una punizione da destra, sul cross arriva Bonucci che colpisce di testa indirizzando la palla sul palo opposto. Perin sembra tagliato fuori, il pallone cade sul secondo palo dove arriva Rabiot. E’ un pallone da spingere in porta di testa con forza e convinzione. Rabiot però non fa nulla di tutto ciò. Arriva timido, quasi spaventato all’impatto con il pallone, forse lo frena l’arrivo di Perin in opposizione. Ne esce una carambola strana con la palla che rotola in rete dopo aver toccato la faccia e le braccia di Rabiot. Il tocco di mano è involontario ma comunque sufficiente a determinare l’annullamento di quella strana rete. L’ammonizione per Rabiot invece è invenzione dell’arbitro. Rivedendo il replay si nota la paura che quasi frena il centrocampista francese. Riaffiorano i ricordi lontani di Luca Vialli e Pierluigi Casiraghi, gente che in quelle situazioni non aveva timore di prendere a testate i pali delle porte. Su un pallone del genere si sarebbero lanciati senza indugi. Altri tempi, altro coraggio. La prima grande occasione purtroppo sfuma.

L’atteggiamento del Genoa è quello previsto. Mette in campo quel poco che ha, quasi nulla. Le due punte, Pjaca e Scamacca, che pure saprebbero giocare a pallone, vengono utilizzate solo per disturbare l’inizio della manovra bianconera e per inseguire palloni improbabili che escono dal muro difensivo genoano. Il piano tattico dei padroni di casa è favorito da una Juve lenta e priva di idee. La formazione iniziale, in netta discontinuità con la partita di Barcellona, riporta alla mente tutti i fantasmi delle generose elargizioni benefiche concesse dalla Juventus in questa prima parte di stagione. Sembra di rivedere le partite di Crotone e Benevento. La costruzione del gioco latita. I movimenti tra le linee e gli inserimenti da dietro che erano stati la carta vincente a Barcellona non si vedono. McKennie parte da posizione troppo avanzata e finisce sempre per schiacciarsi contro le due linee difensive genoane. Il centro dell’area senza Morata è vuoto. Servirebbe un ritmo di gioco diverso, servirebbe molta più intensità. Invece non si vede niente. Il gioco d’attacco della Juventus torna ad essere affidato alle iniziative individuali che però sembrano molto meno efficaci delle altre volte. Cuadrado appare appannato, Ronaldo si isola nella sua zona preferita sul centrosinistra senza riuscire a produrre nulla di rilevante. Dybala invece vaga per il campo alla ricerca di se stesso. E’ in difficoltà evidente. Lento di testa e di gambe. Questo brutto avvio di stagione lo condiziona in maniera pesante. Fa fatica a controllare il pallone.
Le azioni pericolose non esistono, soltanto una serie infinita di calci d’angolo da cui non viene fuori altro che un colpo di testa di McKennie ben parato da Perin. Il Genoa chiude benissimo ogni spazio ma dall’altra parte non si vede mai. L’arbitro fischia ad ogni spiffero. Ne viene fuori un primo tempo lento e spezzettato. Chiesa è quello che ci prova un po di più, qualche affondo a sinistra ma la netta sensazione che in quella zona non si trovi del tutto a suo agio è sempre presente. 

Il tempo si chiude con due passaggi di Ronaldo e Dybala a Perin che blocca sicuro.
Il duplice fischio arbitrale manda le squadre al riposo. La prima parte della gara praticamente l’abbiamo buttata via. Sembrano inevitabili alcune sostituzioni. Sicuramente non si può fare a meno di Morata e, visto l’atteggiamento tattico del Genoa, non sembra così utopistico immaginare un tridente con Ronaldo e Dybala. Qualcosa si potrebbe modificare a centrocampo dove il solo Bentancur ha offerto il solito contributo di pressing e recuperi che siamo abituati a vedere. Non bene invece Rabiot.
Le sostituzioni attese però non arrivano. Pirlo si sistema davanti alla panchina con la sua solita espressione indecifrabile. Il suo apporto è nullo se non addirittura dannoso ma almeno è vestito bene. Lo stile della società è salvo.
La Juventus butta via altri dieci minuti di partita senza produrre altro che la solita serie infinita di passaggi  che non portano a nulla. Rispetto al primo tempo il baricentro della squadra è leggermente più avanzato, complice anche un primo segnale di calo del Genoa alle prese con una partita molto dispendiosa dal punto di vista fisico. 

Il gol arriva all’improvviso, quasi inatteso. De Ligt sale palla al piede fin nella metà campo avversaria e poi lancia una palla alta e verticale su McKennie. L’americano è bravissimo, con un intelligente colpo di testa, a trasformare quella che aveva tutta l’aria di essere l’ennesima palla buttata in un assist vincente. La spizzata di McKennie raggiunge Dybala al vertice destro dell’area di rigore. In una posizione per lui molto favorevole. L’argentino si scrolla di dosso le difficoltà di questa partita e più in generale di un inizio di stagione poco felice. Entra in area e con un sinistro a chiudere sul primo palo spiazza Perin e tutta la difesa genoana già predisposta per affrontare un più prevedibile tiro a giro. La Juventus è in vantaggio con un gol Dybala, un gol alla sua maniera. Praticamente identico a quello segnato a Bergamo nella scorsa stagione.
Il gol sembra consegnare la partita al copione più atteso. Arriva anche il raddoppio di Chiesa purtroppo reso vano da due evidenti posizioni di fuorigioco prima di Ronaldo e poi dello stesso Chiesa. 

L’incredibile però è in agguato e si manifesta alla prima occasione in cui il Genoa arriva nell’area avversaria. Pjaca e Pellegrini gestiscono in totale tranquillità il pallone nei pressi del vertice sinistro dell’area. Nessuno disturba il loro scambio. L’atteggiamento passivo della Juventus è imperdonabile. Il terzino mette con il sinistro un buon pallone a tagliare sul secondo palo. Un cross su cui l’ostinata applicazione della marcatura a zona realizza il suo disastro. La difesa scivola verso il pallone. De Ligt marca i fantasmi appostati sul primo palo, Bonucci quelli a centro area. Il terzo è Alex Sandro, preso in mezzo da Scamacca e Sturaro che fantasmi non sono. Il brasiliano prende la marcatura sul nove genoano ma il pallone scavalca entrambi e va a morire sul piede di Sturaro che, con una sensibilità di tocco mai mostrata nei suoi anni alla Juventus, lo appoggia dolcemente sul palo più lontano. Il Genoa ha pareggiato.

Il gol di Sturaro sveglia Pirlo dal suo torpore. Esce Rabiot, al suo posto Morata. La Juventus si dispone con un 343, Cuadrado e Chiesa sulle due fasce, McKennie si sistema vicino a Bentancur, in una posizione centrale più congeniale alle sue caratteristiche. Nel Genoa fuori Sturaro e Scamacca, dentro Behrami e Destro. Maran cerca di rinvigorire una squadra provata da settanta minuti molto dispendiosi. La Juve sembra più decisa. Chiesa lavora un bel pallone sulla sinistra e crossa sul secondo palo per Ronaldo. Il portoghese schiaccia a colpo sicuro ma trova lo stinco di Perin a negargli il gol. 

La partita si decide quando mancano poco più di dieci minuti alla conclusione. Cuadrado entra in area da destra, scherza con il giovane Rovella che lo mette giù. E’ rigore, non ci sono particolari dubbi. Dal dischetto Cristiano Ronaldo segna con una conclusione centrale. La Juventus è tornata in vantaggio. Stavolta il Genoa non sembra avere più la forza per prendersi un nuovo pareggio. Riesce ad entrare in area solo una volta con un cross innocuo di Luca Pellegrini facilmente controllato da Szczesny. Pirlo conclude l’esperimento tridente inserendo Kulusevski e Bernardeschi per Dybala e Chiesa. La Juventus controlla agevolmente i minuti finali della gara e riesce anche a trovare il terzo gol. Un folle passaggio di Pellegrini verso il centro dell’area  viene intercettato da Morata, abbattuto dall’uscita disperata di Perin. E’ di nuovo rigore. Ancora Ronaldo sul dischetto chiude la partita con una conclusione potente leggermente incrociata.
Prima della fine Pirlo regala a Dragusin qualche minuto di Serie A al posto di Del Ligt. 

La partita si chiude. Una partita senza dubbio molto meno entusiasmante rispetto a quella di pochi giorni prima a Barcellona. Una partita difficile per certi versi da comprendere e da spiegare, a partire dalle scelte di Pirlo che sembra sempre più ancorato alle sue convinzioni, quasi a dispetto delle risposte del campo. Convinzioni che si tramutano in scelte di formazione  che sembrano solamente aggiungere confusione nelle già complesse trame di gioco previste dal piano tattico del nostro allenatore.
Resta il gol di Dybala, un bel gol atteso da troppo tempo. L’augurio è che possa rappresentare una svolta decisiva, soprattutto a livello mentale, nella stagione dell’argentino.