"Venerdì l'a.d. De Siervo e io abbiamo proposto all'Inter di spostare la gara contro la Juventus al lunedì sera per disputarla a porte aperte. L'Inter si è rifiutata categoricamente di scendere in campo, si assuma le sue responsabilità e non parli di sportività e campionato falsato. Marotta rappresenta le esigenze dell'Inter, io tutelo gli interessi generali di tutta la Serie A, che purtroppo sconta quotidiani conflitti di interessi legati a ciascuna squadra. Io devo promuovere il campionato italiano e la sua immagine nel mondo, trasmettere gare a stadi vuoti sarebbe stato un pessimo biglietto da visita per il Paese” - Paolo Del Pino, Presidente Lega Serie A

 

Spero che i lettori mi perdoneranno se, per un istante, inasprirò i toni, ma dopo tante riflessioni mi è difficile trovare alternative. Egregio presidente Del Pino, se potessi rivolgermi direttamente a lei, avrei solo una domanda da porle: quale differenza avrebbe fatto posticipare di un giorno, un solo giorno, il big match tra Juventus e Inter? Senza contare che tale domanda si dovrebbe estendere a tutti gli altri incontri rinviati di questa domenica, a che cosa avete pensato Lei e i vostri collaboratori? Che in meno di 24 ore l’emergenza Coronavirus sarebbe svanita? Mi dispiace caro Presidente, ma da uno che riveste il suo ruolo ci si aspettava molto di più. Per quanto infatti le dichiarazioni di Marotta, AD dell’Inter, potessero essere indigeste, le parole e i toni scelti per rispondere sono stati a dir poco esagerati. Più che una dichiarazione infatti, essa è apparsa quasi un attacco diretto all’amministratore delegato nerazzurro il quale aveva espresso il parere della sua società. Ma al di là di questo, d’altronde il gioco delle parti è fatto anche di questi scontri, è la tesi portata avanti dal presidente a destare i maggiori dubbi. Sebbene mi debba ripetere, rispondere a Marotta accusandolo di non aver accettato il posticipo della partita al giorno successivo, non è una risposta sensata. Ben altro infatti avrebbe dovuto spiegare il presidente Del Pino. Quesiti rimasti sospesi e ai quali molti avrebbero desiderato una risposta, come:

    • Perché rinviare nonostante il governo avesse lasciato possibilità di giudizio?
    • Perché farlo solamente alla vigilia delle gare?
    • Perché solo alcune e non tutte le partite?
    • Perché non è stata una riunione straordinaria con tutti i diretti interessati, per decidere?
    • Che cosa accadrebbe in caso, il prossimo weekend, l’emergenza dovesse protrarsi

Per carità, da una parte il signor Del Pino ha ragione. Parte dei suoi compiti prevedono la salvaguardia del calcio italiano, anche dal punto di vista dell’immagine. E qui, siamo sinceri, il vedere partite a stadi deserti non sarebbe stata effettivamente una bella pubblicità per il nostro calcio. Che dire però del compito principale di un presidente di Serie A, ovvero permettere il corretto svolgimento del campionato. E, con corretto, si intende equo e lineare per tutte le sue partecipanti. Ora, rimarcando un po’ le parole espresse da Gennaro Gattuso, durante la conferenza stampa post-partita del Napoli, tale correttezza non è stata assicurata. Al fine di rimanere il più obiettivo possibile, eviterei di utilizzare il termine “falsato”, ma ad essere sinceri si fa fatica a trovare altro termine per definire questo campionato. Perché in fondo è vero: giocare oggi e giocare il 13 maggio, o il 20 aprile, o il 15 giugno o qualsiasi altra data, non è la stessa cosa. Vi sono situazioni diverse, climi diversi, pressioni diverse, squalifiche diverse. Tutto è diverso. E se è veramente diverso, allora non è equo, non mette le varie partecipanti nelle medesime condizioni, fisiche, mentali o regolamentari che siano. In altre parole, si rischia di minare la credibilità di un torneo e di far riemergere vecchi fantasmi, i quali non hanno mai veramente abbandonato le menti di molti tifosi. Si sta parlando di quel pensiero secondo cui il campionato non si decida all’interno del rettangolo di gioco, ma dentro i “palazzi del potere”. Idee balzane, mi permetto di dire, ma che non possono essere combattute in questo modo, con questa infelice scelta di parole e toni. Risultato, il web si è saturato in pochi secondi di complotti, sotterfugi e classiche accuse mosse contro la Juventus e la sua proprietà. Sarò forse ingenuo, cari lettori, ma a mio avviso qui la Juventus non c’entra nulla. C’entra invece la capacità di prendere decisioni dall’organo che controlla il massimo campionato d’Italia. Una capacità che, stando alle ultime dichiarazioni, presente numerose falle funzionali, ma anche logiche. 

Mettiamo infatti che l’Inter (e le altre squadre?) avesse accettato di giocare il lunedì al posto della domenica, le cose si sarebbero realmente risolte? Si sarebbe giocato a porte aperte, nonostante sarebbe passato un solo giorno? Che ne sarebbe stato della partita di Coppa Italia, prevista per mercoledì tra Juventus e Milan? E, a tal proposito, come mai mercoledì lo stadio dello Juventus vedrà le sue porte aprirsi, mentre l’emergenza nazionale si è protratta sino a domenica prossima? Quante domande presidente Del Pino, e quante risposte non pervenute. In particolare, è mancata quella più importante che, chissà perché, nessuno si è degnato di chiedere in quella sala stampa. Che cosa succederà domenica prossima, se l’emergenza dovesse protrarsi o addirittura inasprirsi (Dio non voglia)? A dare un’occhiata al calendario, pare che la Lega Serie A dovrà sperare nell’eliminazione anticipata delle italiane dalle competizioni europee. Altrimenti, in caso di altri rinvii, sarebbe quasi impossibile effettuare tutti i recuperi. E ciò purtroppo non fa che dar ragione a coloro che reputano falsato questo campionato. Falsato per decisioni prese in fretta e furia, poco motivate, senza chiara trasparenza e accordo collegiale. Decisioni che, in definitiva, potrebbero ritorcersi contro chi le ha ordite, sempre che già non l’abbiano fatto. 

Mi dispiace, egregio Presidente, ma non concordo per niente né con la sua linea di pensiero, né col modo con cui l’ha voluta esternare. Lei ha sostenuto che quanto fatto è stato per proteggere l’immagine del calcio italiano. Mi duole sottolineare come ciò l’abbia invece sfregiata ancora una volta. Sebbene è vero che non sarebbe stato bellissimo assistere a un Derby d’Italia senza tifosi, ce ne saremmo fatti una ragione. E, forse, riunire milioni e milioni di tifosi davanti alla tv, la quale avrebbe trasmesso una grande partita di campionato in chiaro per la prima volta, avrebbe permesso un piccolo miracolo. Evitare per 90 minuti, dopo una settimana di estrema tensione, di non pensare al Coronavirus e all’angoscia che in molti ha scatenato. Peccato. Sarà per la prossima volta…

Un abbraccio

Novak