Cesare Prandelli non ha mai allenato il Milan né vi ha mai giocato durante gli anni da calciatore professionista: c'è stato qualche abboccamento, qualche rumors giornalistico e, forse qualche telefonata negli anni passati, ma non se n'è fatto mai nulla. E' andata così. Eppure il destino del tecnico di Orzinuovi, in un modo o nell'altro, incontra e incrocia in modo decisivo il club rossonero, anche per questo (ma non solo per questo, ca va sans dir) decidiamo di parlarne su questa pagina.

L'ANTEFATTO. Al termine del match tra la sua Fiorentina ed il Milan di domenica sera, terminato 3-2 per i rossoneri, mister Prandelli non si è presentato davanti ai microfoni, preferendo mandare in sala stampa il club manager Giancarlo Antognoni.
Si è pensato subito al nervosismo dimostrato dal generalmente placido e signorile tecnico viola durante la partita, con tanto di insolita ammonizione per proteste.
Ieri, la doccia fredda: il comunicato della società viola con il quale viene pubblicata una lettera aperta di Cesare Prandelli al popolo fiorentino ed al mondo del calcio in generale, che vogliamo qui riportare.

"Firenze, 23 marzo 2021. È la seconda volta che lascio la Fiorentina. La prima per volere di altri, oggi per una mia decisione. Nella vita di ciascuno, oltre che alle cose belle, si accumulano scorie, veleni che talvolta ti presentano il conto tutto assieme.
In questo momento della mia vita mi trovo in un assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono. Ho intrapreso questa nuova esperienza con gioia e amore, trascinato anche dall’entusiasmo della nuova proprietà. Ed è probabilmente il troppo amore per la città, per il ricordo dei bei momenti di sport che ci ho vissuto che sono stato cieco davanti ai primi segnali che qualcosa non andava, qualcosa non era esattamente al suo posto dentro di me.
La mia decisione è dettata dalla responsabilità enorme che prima di tutto ho per i calciatori e per la società, ma non ultimo per il rispetto che devo ai tifosi della Fiorentina. Chi va in campo a questo livello, ha senza dubbio un talento specifico, chi ha talento è sensibile e mai vorrei che il mio disagio fosse percepito e condizionasse le prestazioni della squadra. 
In questi mesi è cresciuta dentro di me un’ombra che ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose. Sono venuto qui per dare il 100%, ma appena ho avuto la sensazione che questo non fosse più possibile, per il bene di tutti ho deciso questo mio passo indietro. Ringrazio Rocco Commisso e tutta la sua meravigliosa famiglia, Joe Barone e Daniele Pradè, sempre vicini a me e alla squadra, ma soprattutto ringrazio Firenze che so che sarà capace di capire.
Sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti e non voglio averne. Probabilmente questo mondo di cui ho fatto parte per tutta la mia vita, non fa più per me e non mi ci riconosco più. Sicuramente sarò cambiato io e il mondo va più veloce di quanto pensassi. Per questo credo che adesso sia arrivato il momento di non farmi più trascinare da questa velocità e di fermarmi per ritrovare chi veramente sono. 
Cesare Prandelli".

Non vogliamo addentrarci nel merito della scelta, nei motivi profondi e sofferti che conducono un uomo serio ed intelligente come Cesare Prandelli a scrivere questa lettera così intrisa di significato. Uomo di sport, ma anche uomo provato dalla vita, da quel 26 agosto 2004 in cui preferì abbandonare la panchina di una Roma stellare per stare accanto all'amata compagna di una vita Manuela, madre dei suoi due figli, prematuramente scomparsa appena tre anni dopo. 
Vogliamo concederci il lusso, mai vano ma troppo spesso sottovalutato, del rispetto e del silenzio.
Vogliamo rimanere nel faceto mondo del pallone che per alcuni, ahime non per tutti, è utile strumento di svago e distrazione dai problemi della vita quotidiana.

LA CARRIERA. Prandelli è stato ed è un Signor Allenatore, oltre che un Uomo, ma è stato bollato col marchio d'infamia dopo la sfortunata spedizione al mondiale brasiliano, nel 2014, terminata al girone eliminatorio. E' il Mondiale del morso di Suarez a Chiellini, dello spogliatoio diviso, o meglio "unito contro" le cosiddette mele marce. E' il Mondiale dei senatori che, anzichè assumersi le responsabilità della disfatta, preferiscono additare alcuni giovani scapestrati come colpevoli di tutto il fallimento: un modo becero di nascondere i problemi, tipico di un certo italico coraggio dinanzi alle difficoltà.
Ma, alla fine, pagherà solo il CT Cesare Prandelli, che con onestà e dignità si dimetterà, pochi minuti dopo il concretizzarsi della disfatta: da quel momento, la sua carriera di allenatore ad alti livelli sarà praticamente terminata. Brevi esperienze tra Galatasary, Valencia, Emirati Arabi, Genoa ed ancora Fiorentina, tutte terminate in modo più o meno negativo, tra subentri, esoneri e dimissioni. 
Un epilogo davvero strano ed ingiusto, per un uomo di calcio che mai aveva dato tanto confidenza alla parola "fallimento", a partire dalla dignitosissima carriera da calciatore professionista, vissuta tra Cremonese, Atalanta e la grande Juventus (con la quale, da comprimario, tra il 1979 ed il 1985 vince tutto quello che si poteva vincere al fianco di fuoriclasse come Platini, Scirea, Tardelli e Cabrini:  tre Scudetti, una Coppa Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe ed una Supercoppa UEFA).

Inizia la carriera d'allenatore con i ragazzi della "sua" Atalanta, con la quale esordisce sulla panchina di Serie A in coabitazione con Valdinoci, prima di cominciare un lungo peregrinare: la prima vera esperienza da allenatore di Serie A "in proprio" avviene col neopromosso Lecce, nella disgraziata stagione 1997/98 terminata col primo esonero (e con la retrocessione dei salentini). Poi le prime grandi soddisfazioni: a Verona vince il campionato di Serie B ed ottiene una brillantissima salvezza con un formidabile 9° posto finale, ottiene un'altra promozione in Serie A col Venezia, ma la successiva esperienza nel massimo campionato non sarà altrettanto fortunata.

L'affermazione definitiva avviene a Parma dove, nelle due stagioni a cavallo tra 2002 e 2004, ottiene due quinti posti consecutivi e, sopratutto, l'apprezzamento generale per la qualità del gioco espresso, nel quadro della grande crisi societaria che a breve distruggerà il club ducale. I risultati ottenuti dentro e fuori dal campo gli valgono la chiamata della Roma post-Capello, uno dei top club italiani ed europei in quel periodo, alla quale dovrà rinunciare prima dell'inizio della stagione sportiva, rinunciando anche alla possibilità di allenare campioni del calibro di Totti e Cassano.
Ripartirà un anno dopo, proprio da Firenze, che diventerà la sua seconda casa e gli darà probabilmente le migliori soddisfazioni. Alla prima stagione viola centra il 4° posto in classifica che vale l'accesso ai preliminari di Champions League, ma Calciopoli escluderà il club dei Della Valle dalle coppe europee, costringendo la Fiorentina ad iniziare la stagione 2006-2007 con 15 punti di penalizzazione in classifica. Il lavoro di Prandelli, in ogni modo, viene riconosciuto con la Panchina d'oro, premio ripetuto al termine della stagione 2006-2007 terminata al 6º posto in classifica (ma 3° "sul campo", senza la pesante penalizzazione).
Nella stagione 2007-2008, Prandelli porta finalmente la Fiorentina in Champions League, concludendo il campionato al 4º posto e raggiungendo anche la seminfinale di Coppa Uefa, uscendo sconfitto contro i Glasgow Rangers solo ai calci di rigore. Qualificazione alla Champions che viene bissata nel campionato 2008-2009, grazie ad un altro quarto posto, mentre il cammino nella massima competizione continentale finisce ai gironi.
Nela stagione 2009-2010, la Viola supera la fase a gironi di Champions League da prima classificata, battendo due volte il Liverpool (2-0, 1-2) e venendo poi eliminata agli ottavi dal Bayern Monaco, a causa di gravissimi (ed inspiegabili..) errori arbitrali. Con la vittoria sulla Sampdoria, inoltre, il 23 settembre 2009, Prandelli raggiunge Fulvio Bernardini in testa alla classifica degli allenatori più vincenti della storia viola, a quota 99 successi. Dopo 3 giorni (Livorno-Fiorentina), ottiene la centesima vittoria in 197 partite (record assoluto) alla guida dei gigliati.  Nonostante tutto, la stagione si chiude con un insoddisfacente 11° posto e Prandelli lascia la Fiorentina e per sedere sulla panchina azzurra.

SOGNO AZZURRO. La Nazionale Azzurra viene dal disastroso ritorno di Marcello Lippi al mondiale sudafricano, con un'incredibile eliminazione nel girone di qualificazione per mano della Slovacchia e della Nuova Zelanda.  L'Italia di Prandelli, che reintegra nel gruppo "gli emerginati" Balotelli e Cassano, ottiene il pass per l'Europeo 2012 con due gare d'anticipo (record di "precocità" per la Nazionale) con 22 punti in otto gare, conseguendo anche il record di imbattibilità nelle qualificazioni europee (644 minuti).
L'Italia disputa un ottimo Europeo, superando il girone grazie al pareggio con la Spagna (detentrice del titolo europeo e mondiale) e battendo Croazia e Irlanda, per poi battere l'Inghilterra ai quarti (4-2 dopo i calci di rigore) e la Germania in semifinale (2-1 con doppietta del redivivo Balotelli). Il sogno azzurro s'interrompe bruscamente solo in finale, per mano dei formidabili spagnoli campioni di tutto, con un 4-0 che sminuisce oltremodo il valore della medaglia d'argento europea. 
Nell'estate 2013, l'Italia ottiene la medaglia di bronzo alla Confederation Cup, competizione ufficiale FIFA nella quale gli Azzurri di Prandelli sono costretti a fermarsi in semifinale, ancora dinanzi allo strapotere spagnolo, ma solo ai calci di rigori. Sempre di rigore, batterrano l'Uruguay nella finalina per il 3° posto.
Ottenuta in scioltezza la qualificazione ai Mondiali brasiliani del 2014 (primo posto con 22 punti in 10 partite), il torneo iridato si rivelerà un'autentica trappola per Prandelli, lo spartiacque della sua carriera. Dopo la vittoria all'esordio contro l'Inghilterra, l'Italia perde clamorosamente contro Costa Rica ed Uruguay, abbandonando ancora una volta, tra mille veleni e mille polemiche, la competizione mondiale al girone.
La carriera di Prandelli e la sua crescita professionale, come detto prima, finiscono praticamente qui, in quel torrido 24 giugno di 7 anni fa. 

LACRIME DI COCCODRILLO. A nessuno, in questi giorni come in questi lunghi sette anni, ha fatto comodo ricordare alcuni particolari. Ad esempio, il fatto che l'argento europeo ed il bronzo alla Confederation Cup siano le ultime due medaglie esposte nella bacheca azzurra.
Come il predecessore di Prandelli (tale Lippi Marcello, campione del mondo) non avesse fatto meglio di lui quattro anni prima, con una Nazionale non certo inferiore per cifra tecnica ed esperienza e contro avversari non certo superiori.
Come il successore di Prandelli (tale Conte Antonio, oggi a libro paga dell'Inter per 12 milioni di euro annui) non farà meglio nell'Europeo successivo, disputando una buonissima competizione ma fermandosi comunque ai quarti di finale (contro la Germania, eliminata quattro anni prima proprio dagli azzurri del tanto vituperato Cesare).
Forse, insieme alle lacrime di coccodrillo che accompagnano la lettura della missiva al mondo del triste Cesare, bisognava ricordare queste cose.
E forse bisognava ricordare come nel 2011, ancor prima dell'Europeo ed ancor prima del Mondiale, Cesare Prandelli si fosse classificato al secondo posto come miglior commissario tecnico dell'anno IFFHS, dietro Vicente del Bosque, campione del mondo.
Forse se qualcuno avesse ricordato, sui grandi giornali, sulle grandi TV, anche per un solo attimo tutto ciò, Cesare avrebbe trovato un attimo di sollievo. 
Ma forse non ne valeva la pena, le lacrime di coccodrillo versate sul marchio d'infamia vendono molto di più.