Continua a sognare Pordenone...
Una storia da raccontare, un’ascesa dal nulla, per un progetto con radici profonde che ora sogna la A. Come nasce e si sviluppa la crescita dei neroverdi? Cerchiamo di farne il punto in questo articolo.

L’esplosione dei ramarri è la dimostrazione del calcio collettivista, laddove il singolo si valorizza se inserito in tale contesto, un sistema che coesiste alla perfezione con le esigenze del club, creando una macchina totale.
Nella dimostrazione che all’interno del mondo calcistico il denaro è l’unica arma per porre le basi alla creazione di un progetto solido, i ramarri rappresentano l’eccezione di un pallone malato, schiavo della componente monetaria, reo di averle fornito troppo potere.

Attilio Tesser, tutto cuore e grinta, ha plasmato sulla perfetta concezione dello spirito d’abnegazione la propria banda. Meno tecnicismi più sostanza, prevale la fame di un insieme di ragazzi ambiziosi, valorizzati al massimo e vogliosi di sognare.
Proprio cosi, perché, si sa, il progetto Pordenone è questo: squadra approdata in Serie B fra scetticismi generali voluti ad una rosa, a detta di molti appassionati, non adatta alla categoria.
I friulani, invece, hanno messo da parte le critiche, cercando di costruire un 11 tutto fuorchè ricco di talento, ma riproducendo sul terreno di gioco ciò che da tempo immemore contraddistingue le gesta del club: la determinazione.
Già, perché, a discapito di un budget ridotto, Lovisa ha attrezzato la rosa con un insieme di scelte oculate, puntando sugli uomini giusti ed inerenti all’iniziale obiettivo stagionale, la salvezza, una montagna ardua e gigantesca, considerata invalicabile ai primi d’Agosto.
Eppure, credere in coloro che hanno scelto la piazza non per il denaro, nemmeno per la villa a tre piani con piscina è stata l’arma in più, un bagno d’umiltà che è merce rara in tempi odierni. La dirigenza ha mantenuto i capisaldi della storica promozione in B, aggiungendovi qualche colpo d’esperienza e dei giovani vogliosi di trovare il campo e misurarsi con il calcio che conta, spesso alle prime apparizioni da titolare (Di Gregorio, Pobega).
Il perfetto binomio venutosi a formare grazie all’organizzazione ed alla grinta, orchestrato da un maestro quale Tesser, ha dato il quid in più a dei ragazzi non avvezzi a grandi palcoscenici, le cui uniche avventure erano risultate in tornei di caratura inferiore.
La stagione, poi, ha preso una piega impronosticabile, frutto dei motivi già citati in precedenza: il tecnico, artefice in gran parte della cavalcata, ha approcciato la cadetteria con il 4-3-1-2, modulo già utilizzato con esiti vincenti per raggiungere la promozione.
La conoscenza del sistema di gioco del proprio allenatore da parte delle bandiere della società, insieme ad innesti mirati, hanno agevolato la formazione di uno schieramento titolare vincente.
Ad elevare ulteriori meriti in favore dei ramarri è stato l’attaccamento alla maglia, senza mai montarsi la testa, anche nei momenti migliori dell’annata.
Il 4-0 subito a Salerno è stato un punto di partenza sul quale porre le basi per il presente-futuro, non dando l’idea di far tornare i friulani nella dimensione di mediocrità, bensi’ fruttando ed ottimizzando il percorso di crescita, creando consapevolezza all’interno dello spogliatoio.
Anche in seguito a vittorie nette, il secondo posto è rimasto un’utopia, un sogno nel cassetto da coltivare silenziosamente.
Ad oggi, però, i ramarri non possono più nascondersi davanti all’evidenza, a ciò che si sono guadagnati sul campo.
L’accesso diretto in A, dista solamente tre lunghezze ed è occupato dall’altrettanto sorprendente Crotone. In Friuli, però l’hanno capito: crederci è lecito. E allora, ecco che tutta Italia inizia a mettere gli occhi su quella che oramai è divenuta una realtà consolidata, una squadra da battere, per nulla “la provinciale”, che se si osa chiamare tale, si rischia di far diventare sempre più grande.

E i 50mila di Pordenone non si sono ancora svegliati dal sogno, restano imbavagliati piacevolmente in quella che presto potrebbe sfociare nella realizzazione della brama, che per ora deve smascherarsi e aspettare, in attesa dei verdetti delle ultime partite.
Pordenone città ci crede, la percepisce, ma non pavoneggia, e come caratterizza lo spirito della squadra, va avanti, segue la propria routine, con l’ardore che caratterizza gli abitanti, fermamente orgogliosi, diventati ora dei piccoli visionari.
E man mano che la vita si erge sempre di più a tempi per nulla semplici, il concetto vigente in terre friulane atteggia la popolazione, ma resta ancora in una bolla, una di quelle che sorvola largamente, ma allo stesso tempo minaccia gli abitanti, racchiusa in due poli opposti , denominati malia e realtà.
Il desiderio però c’è, veemente all’interno della rosa di Tesser e compagni, passa come uno spirito che non svanisce, perdura.
Ed allora si può dire, con fermezza e certezza, consapevole di ciò che sta accadendo, Pordenone compi questo passo, fallo perché te lo meriti, crea ciò che il calcio d’oggi, ahinoi, non è. Un sogno senza soldi.
Io la chiamo realtà, fallo anche tu.