Sport di massa per eccellenza, il gioco del pallone diventa simbolo, business, intrattenimento, un fenomeno sociale di ampia portata, cosi ampia da aver bisogno di regolamentazione, in alcuni casi di controllo,  utile tanto alle democrazie quanto ai regimi dittatoriali ( come lo sport tout court). Si è assistito a una sempre più ampia "politicizzazione dello sport", già dai tempi degli antichi Romani era consuetudine far riferimento alla locuzione "Panem et circenses" usata in riferimento alle strategie politiche demagogiche, utili in sostanza per dare una valvola di sfogo alla società civile, evitando intromissioni nella vita politica.
Emblematico è il caso cileno, quando lo sport venne ad assolvere la funzione di "nasconditore di problemi", nel 1973 si tenne la finale della Coppa Libertadores-la nostra Champions League- e il Colo Colo, prima squadra cilena a raggiungere tale obiettivo, riusci a dissolvere le ansie dei tifosi che da li a poco sarebbero caduti nella dittatura di Pinochet. Anni dopo venne a galla un documento, dal titolo "Sabor de Victoria", in cui emergeva che la vittoria della coppa della squadra cilena, servì al dittatore per nascondere i piani sul rovesciamento del governo democratico. Non serve andare lontano per vedere come il calcio possa essere utilizzato come uno strumento di propaganda, infatti, possiamo restare anche in casa nostra, osservando il caso Mussolini. Il dittatore italiano, organizzò nel 1934 la seconda edizione dei mondiali, in casa nostra, con in palio la prestigiosa "Coppa Rimet", e in quel caso fece sentire tutto il suo potere, influenzando decisioni arbitrali, e secondo voci di corridoio, arrivando anche a minacciare giocatori stranieri, intimandogli di non scendere in campo.
Anche la finale non venne risparmiata da scandali, tanto che fu proprio il Duce a scegliere la designazione arbitrale, e ovviamente l'Italia vinse il titolo, con la figura di Mussolini glorificata in patria. Tornando ai giorni nostri, ma cambiando per un momento sport, sta facendo scalpore il caso Cinese, é sotto gli occhi di tutto che la Repubblica Socialista abbia una direzione politica "fortemente accentrata", per non dire dittatoriale. Comportamento totalitario che emerge con la presunta scomparsa delle tennista, ex numero uno al mondo, Peng Shuai, che denunciò pubblicamente degli abusi subiti da un potente ex funzionario del Partito Comunista. Dopo la denuncia, si sono perse le tracce della donna, che in realtà è apparsa nuovamente sui social con dei videomessaggi, che non hanno però convinto il presidente della Women's tennis association, Steve Simon, in quanto sembrano costruiti artificialmente. Il Presidente ha chiesto con forza delle prove tangibili, concrete, in cui non sia in discussione lo stato di salute dell'ex campionessa...ma andare contro la  super potenza cinese non sarà semplice. Lasciando da parte le dittatura, è ora di parlare delle "Democrazie" in rapporto con il calcio. Esse, o meglio l'ideologia dietro esse, può essere considerata come una metafora del calcio, entrambe hanno come scopo l'accesso, l'inclusione, tratti tipici di una e dell'altro, tanto che sempre più spesso si parla di "democratizzazione dello sport", in quanto obiettivo primario è quello di far cadere barriere, coinvolgere e unire, permettendo il libero accesso a chiunque. Ma cosa succede quando Democrazia, politica e calcio si incontrano?

Rimanendo sempre nel "Bel Paese" è esemplare la figura del "Cavaliere", Silvio Berlusconi, ex Presidente del Consiglio ed ex Presidente dell'A.C Milan, che ha influenzato sia il calcio italiano che la vita di milioni di cittadini. Il consenso politico avuto dal Cavaliere è in parte frutto del campo, infatti in quegli anni- l'ormai ex Presidente- cambiò le carte in tavola nel calcio italiano, risollevando le sorti dei rossoneri reduci da alcuni anni di serie B, fino a portarli sul tetto d'Europa e del Mondo, diventando uno dei Presidenti piu vincenti della storia e cambiando anche il modo di investire nel calcio, con le prime cifre folli, da capogiro, spese per acquistare giocatori. Che lo sport sia anche politica poi, lo dimostra sicuramente l'istituzione del "Ministero dello Sport", avvenuta nel 1994 per mano del governo Ciampi e che vede oggi a campo il ministro "Vincenzo Spadafora", forte testimonial ad esempio, del professionismo nel calcio femminile e che ha avuto l'arduo compito di dirigere il "calcio del covid". Calcio Covid che ha visto la tentata istituzione della SuperLega, competizione (non)nata per scalzare i forti poteri della Fifa e della Uefa, fortemente voluta dai grandi club(Juventus e Real Madrid per citarne alcuni) e che ha visto l'intromissione delle grandi potenze politiche, come ad esempio il Parlamento Europeo, che ha bocciato il progetto a Bruxelles con l'87% dei voti contrari, sottolineando come l'Unione Europea sarebbe dovuta essere maggiormente coinvolta nelle questioni extracampo, per poter "incoraggiare un modello piu equo che si allinei con i valori dell'Ue di inclusività ed equità". Anche Mario Draghi, attuale Presidente del Consiglio si scagliò contro la nuova competizione, assicurando la vicinanza alla Fifa e alla Uefa, per poter preservare la vita dei campionati e la meritocrazia, valore fondamentale dello sport. Insomma, sport e politica, cosi come calcio e politica, hanno spesso seguito una strada comune, si sono spesso incrociati, a volte seguendo accezzioni positive e altre meno, ma si sono sempre influenzate reciprocamente, e sempre lo faranno, in quanto entrambe hanno una fortissima calamita ingrado di attrarre una vasta gamma di persone, una platea che si vede intrattenuta dal #politicalcio!