Sapete qual è il problema? Troppo spesso i sogni si trasformano in illusioni. Ecco perché è giusto crearsi desideri e aspettative, ma bisogna essere in grado di saperli gestire altrimenti potrebbero risultare più dannosi che utili. Nutrire un’ambizione positiva è fondamentale perché consente di motivare il nostro esistere. Noi agiamo soltanto se spinti da qualcosa. La forza d’inerzia è una condizione fisica che non regge nell’ambito psicologico. Questa è una delle grandi differenze tra il vivere e il sopravvivere. Nel primo caso, infatti, si fornisce un senso alla realtà. Nel secondo, invece, si attende soltanto che trascorrano minuti, ore e giorni facendo passare come ininfluente ogni situazione che capita. In un certo senso potrebbe rappresentare persino un vantaggio in quanto la persona vive in uno stato di costante apatia che non gli permette sgradevoli sbalzi d’umore. In verità, però, è una condizione assolutamente negativa perché il tempo si consuma nella piattezza più totale e non si contempla la voglia di originare alcunchè di concreto. Si agisce perché si è istintivamente spinti a farlo. Gli stimoli che provengono dalla nostra anima evitano di ricadere in tale stato e sono sempre guidati dai sogni. Da bambini si desidera diventare adulti con una determinata professione. C’è chi vorrebbe essere astronauta, chi pilota di aerei, chi dottore, altri gradirebbero essere calciatori o atleti in genere, cantanti o avvocati. Le ambizioni sono le più disparate e quando si gioca si è mossi a immedesimarsi in quelle categorie. L’adolescenza riporta alla realtà e la pienezza della vita è data da diversi desideri come l’amore per una ragazza o un ragazzo oppure la volontà di ottenere buoni risultati nel percorso scolastico. Poi giunge la maturità e si modificano nuovamente gli obiettivi. Qualcuno vorrebbe crearsi una famiglia, altri pensano principalmente a una carriera. Non è detto, però, che le 2 situazioni non possano combaciare. Con il trascorrere del tempo si cresce ulteriormente e potrebbero nascere i figli, poi i nipoti o diverse situazioni nelle quali non mi addentro perché non le ho ancora vissute e rischierei soltanto di scrivere immani castronerie.

Occorre, come detto, essere molto attenti e non confondere il sogno con l'illusione. Per il dizionario Treccani, il primo è “sentimento intenso che spinge a cercare il possesso, il conseguimento o l’attuazione di quanto possa appagare un proprio bisogno fisico o spirituale”. La medesima fonte definisce così il secondo stato mentale: “in genere, ogni errore dei sensi o della mente che falsi la realtà”. Risultato: occorre sognare ma, per dirla con le parole del Premier Conte, “cum grano salis”. William Blake spiega perfettamente la situazione: “Coloro che reprimono il desiderio, lo fanno perché il loro desiderio è abbastanza debole da essere represso”. E’ proprio così. Forse il poeta non intendeva fornire un’accezione tipicamente positiva alla sua massima, ma si può anche osservare da un’altra prospettiva. Se l’aspettativa è troppo elevata, la delusione rischia di essere incolmabile. Qualcuno potrà sostenere che dipende dal genere di fantasia. Se a 30 anni mi pongo l’ambizione di giocare in serie A quando non ho mai nemmeno militato tra i professionisti, è chiaro che la situazione è alquanto irrealizzabile. Se alla stessa età desidero costruire una famiglia, cambia tutto. Detto questo, anche il sogno apparentemente impossibile potrebbe divenire realtà., mentre quello più semplice rischia di trasformarsi in una chimera.

Mi scuso per il lungo preambolo. “Mi è sfuggita la tastiera…”. Il suo scopo, però, è quello di motivare il prosieguo del mio pezzo. Circa 300mila lavoratori e 32 milioni di appassionati stanno attendendo la decisione definitiva sull’eventuale continuazione dell’attuale stagione calcistica. Per una parte della prima categoria, da tale decisione potrebbe dipendere il futuro lavorativo. Insomma, si parla di vita. Non si può trattare l’argomento come se fosse semplicemente il gioco della domenica utile a distrarsi e cancellare i pensieri che logorano il cervello per un pomeriggio o una serata. Senza considerare, poi, la grande utilità sociale di quest’ultima attività. La Figc ha stabilito che i campionati professionistici, serie A, B e C, proseguiranno. Come? Se fosse possibile concludendo la stagione. Questa dovrà comunque terminare entro il 31 agosto con le gare del massimo campionato che saranno chiuse entro il 20 dello stesso mese. Se ciò non fosse realizzabile, si avanza l’ipotesi dei playoff e playout. Se nemmeno il “piano B” potesse essere praticato, non resterebbe altro che congelare la classifica a quanto accaduto sino a ora e decidere i verdetti in base a un coefficiente calcolato sul merito sportivo.

E’ chiaro che la speranza di tutto il movimento sarebbe quella di procedere con la regolare chiusura della serie A, ma Gravina, Presidente Federale abile e capace, non ha sottovalutato alcuna possibilità lasciando aperta ogni soluzione. Qualche settimana fa, il numero uno della Figc aveva dichiarato di non volere essere “il becchino del calcio italiano”. Con queste parole il pugliese ha chiaramente rimarcato le intenzioni del pallone. L’organo più importante del calcio nostrano non vuole chiudere la stagione. Questo gli consentirebbe in ogni e qualsivoglia diatriba legale di porsi nella condizione per cui gli è stata imposta la resa. Non vorrei entrare in ambito giuridico, ma si potrebbe far riferimento alla “causa di forza maggiore”. Non si tratta di un vantaggio da poco. Non gradirei nemmeno portare una ventata di pessimismo, ma le decisioni del Consiglio Federale di mercoledì scorso possono essere valutate anche in quest’ottica. Ora tutto è in mano al Governo, alla scienza e, purtroppo, alla curva dei contagi con la speranza, soprattutto per l’intera società e non solo per lo sport, che questa sia benevola. Giovedì i vertici del calcio incontreranno quelli della politica, che a mio parere ha tentennato troppo senza decidere dando l’impressione errata di sottovalutare il problema, e si saprà di più.

Intanto, però, vorrei parlarvi di calcio. Per fare questo mi concentro sulla possibilità di disputare playoff e playout. E’ il “piano B”, ma non è da sottovalutare. Evviva la libido dei tifosi. Tale soluzione potrebbe consentirle di raggiungere l’apice. Dopo lunghi mesi senza pallone, una simile ipotesi fa letteralmente impazzire l’elettrocardiogramma di chi ama questo sport. Perché? Non vi è niente di più adrenalinico di una sfida a gara secca o con andata e ritorno. Basti osservare il fascino dei tornei internazionali. Vorrei prima, però, chiarire alcuni punti fermi. La competizione è “equa” e “regolare” soltanto se la stagione termina nel modo in cui si era previsto che accadesse prima del suo inizio. I motivi sono banali. Si ponga l’esempio per cui, tramite gli spareggi, l'Atalanta, quarta, dovesse vincere lo Scudetto. E’ chiaro che la Lazio, seconda, potrebbe recriminare perché il torneo è iniziato con una normativa modificata in corsa. Non si avrebbe la controprova ma può essere che, nel rispetto delle decisioni di partenza, i biancocelesti avrebbero trionfato. Se si inizia con un modello, non lo si può modificare nel percorso. La serie A, inoltre, non è un torneo amatoriale. Se in questa manifestazione può vincere qualsiasi compagine e lo si accetta con il sorriso sulle labbra, penso sia più difficoltoso accogliere che la massima categoria del calcio italiano venga conquistata da una squadra giunta al quarto o quinto posto nella “regular season”. Questa, infatti, con un colpo di fortuna potrebbe accaparrarsi 2 partite secche e cucirsi la coccarda sul petto a discapito di altri che hanno speso ingenti capitali per raggiungere l’obiettivo e lo vedono scemare in 90 minuti di iella contro un’avversaria che aveva tutt’altro target. Il riferimento all’Atalanta e alla Roma è puramente casuale. Qualcuno obietterà che funziona così anche in altri sport e magari prenderà come esempio la pallacanestro. Bene, rispondo immediatamente. Nel basket ogni spareggio non è una gara singola. Si gioca al meglio delle 5 sfide sino alla finale che si disputa addirittura su 7 match. Stamani Sconcerti, in un suo interessante intervento su Calcomercato.com, riportava proprio la medesima situazione. E’ chiaro che gli spareggi a gara secca o con andata e ritorno non renderebbero giustizia totale al massimo torneo italico. Questo si può osservare per quanto riguarda lo Scudetto, ma pure per l’eventuale qualificazione alle Coppe Europee o alla retrocessione.

Appurato tale principio, sono assolutamente innamorato dell'ipotesi playoff-playout. William Makepeace Thackeray diceva che: “La novità ha un fascino a cui difficilmente possiamo resistere”. E’ esattamente ciò che provo nei confronti di tale nuova formula. Vorrei testare il cambiamento per verificare l’effetto che fa. Immaginate di avere un modello allargato a tutta la serie A. Sarebbe davvero allettante e penso risulterebbe l'ipotesi più valida. Un’altra ricostruzione porterebbe a giocarsi la Poule Scudetto, quella per l’Europa League e per la salvezza, ma limitando il numero di compagini che vi prenderebbero parte. In questo modo alcuni giocatori non ritornerebbero sul campo prima della prossima annata lasciando comunque i loro tifosi a becco asciutto. Si proporrebbero, poi, problematiche come quelle relative alla differenza di condizione atletica o mentale tra chi ha proseguito la stagione giocandosi obiettivi importanti e chi invece no. Il riflesso potrebbe ricadere quindi anche sul 2020-2021. Tutti devono partecipare con le giuste proporzioni. Queste si dovrebbero elaborare tramite un coefficiente che non è certo il sottoscritto a poter operare. Senza voler scendere in difficoltosi ragionamenti aritmetici e rimanendo sul vago banalizzante, il Bologna, con i suoi 34 punti, avrebbe tutte le carte in regola per giocarsi un posto nella prossima Europa League con Napoli (39), Milan (36), Verona (35) e Parma (35). Restano più in bilico Sassuolo (32), Cagliari (32) e Fiorentina (30) che distano circa in egual misura tra la zona internazionale e quella della retrocessione.

Trovare una soluzione non è certo semplice. Non è il sottoscritto a dover valutare e non era nemmeno l’obiettivo di questo pezzo. L’importante è che nessuno sia escluso e si formino vari gironi secondo un criterio di equità. Stando all’intervista rilasciata a Repubblica e riportata da Calciomercato.com, la volontà di Gravina pare proprio questa. Non va dimenticato, per esempio, anche il caso della Roma che potrebbe giocarsi un posto in Champions essendo distaccata soltanto 3 punti dall’Atalanta e avendone ben 6 di vantaggio sul Napoli. E’ lampante: per la regolarità della competizione, la soluzione ideale sarebbe quella di concludere il campionato normalmente. Ogni altra idea potrebbe scontentare qualcuno. Se si guarda allo spettacolo, invece, gli spareggi rappresenterebbero una curiosa ed emozionante novità. Nell’intervista precedentemente citata, il Presidente della Figc ha palesato possibili innovazioni in vista della prossima stagione. Non credo che si riferisse agli spareggi, ma non si sa mai … Se questa dovesse essere la strada percorsa per portare a termine il 2019-2020, magari potrebbe fungere da apripista per idee future. Qualcuno aveva già proposto l’ipotesi dei playoff per rendere più avvincente una lotta scudetto che negli ultimi anni mostrava un dominio juventino tale da consegnare una competizione non troppo entusiasmante. Ammetto di non essere propriamente un amante di questa soluzione. Mi spiego. Credo che i veri valori si determinino sul lungo periodo e non su poche gare dove eventualmente la fortuna può giocare un ruolo determinante. Capisco molto bene che per Mondiali ed Europei un ragionamento simile non sia praticabile, ma sulla Champions è plausibile. Ora mi prenderò gli improperi di più colleghi blogger, ma sono un sostenitore di competizioni europee con un format simile al campionato e un playoff piuttosto ristretto. Rimarrebbe l’emozione del match da dentro o fuori, ma almeno si ridurrebbe la quantità di tali sfide rispecchiando più fedelmente i reali valori. Alcune compagini, per esempio, non meritano di uscire dalle coppe già durante il mese di marzo. Per la serie A, invece, opterei per un’ingente riduzione dei partecipanti in modo tale da lasciare più spazio ai match internazionali e da rendere impossibile la presenza di un centro classifica inutile. Per questioni di spazio, mi fermo. In futuro spiegherò più nel dettaglio la mia idea. Intanto si cerchino di concludere al meglio i tornei in corso. “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”. Così parlava San Francesco.