L’approdo nella scorsa stagione di Cristiano Ronaldo in bianconero – e di conseguenza nel calcio italiano – è stato accolto da molti osservatori come quello del profeta del calcio moderno, che viene a predicare l’arte del pallone in un Paese, ormai quasi dimenticato dell’orbita pallonara e che deve accoglierne il verbo, quasi prostrandosi dinanzi alle cinque edizioni del “Pallone d’oro” vinte dal portoghese in carriera.

Eppure, prima dell’avvento di Cristiano Ronaldo, altri calciatori della Juventus si erano fregiati del “Pallone d’oro”, ovvero del massimo alloro europeo per un giocatore. Ma, a differenza di Ronaldo e di Zidane, che hanno vinto il premio, quando militavano nel Real Madrid, gli altri calciatori bianconeri si sono aggiudicati il trofeo durante la permanenza nella compagine juventina: Omar Sivori, il Cabezon nel 1961; Paolo Rossi nel 1982; Pavel Nedved nel 2003 e Fabio Cannavaro nel 2006 (anche se negli annali il difensore napoletano è dato come tesserato del Real Madrid, ma Cannavaro passò dalla Juventus alle Merengues nella stagione post Mondiale 2006)

In questa sede – e in contrapposizione al “fenomeno” portoghese, che sembra costruito in laboratorio - vorrei però ricordare Michel Platini, in quanto calciatore unico, ma dal fisico assolutamente “normale”. Il francese vinse il trofeo, creato da France Football, per tre edizioni consecutive (1983/1984/1985) giocando sempre nella Juventus. Platini è stato, indiscutibilmente, uno dei più grandi giocatori della storia del calcio. D’altra parte, il fatto che Michel Platini sia stato ribattezzato Le Roi dovrebbe, già di per se’, indurre a considerarlo nell’Olimpo degli Dei del Pallone. Inoltre, Platini ha interpretato la massima espressione dello stile Juventus, fatto di classe, superiorità ed eleganza ma anche di accettazione della sconfitta.

Platini aveva ascendenti piemontesi, per cui approdare alla Juventus nella stagione 1982/1983 fu come tornare alle origini, un segno del destino. Vi rimarrà sino alla stagione 1986/1987, coincisa con il ritiro dal calcio a soli 32 anni.

Per analizzare il “pianeta” Platini occorre preliminarmente considerare l’epoca in cui calcò le scene e in particolare l’importanza del campionato italiano, rispetto allo scenario attuale.
Nella prima metà degli anni ‘80 militavano infatti nelle fila delle squadre nazionali i migliori giocatori a livello mondale: innanzitutto gli italiani, vincitori del Mondiale ‘82 e poi Maradona nel Napoli, Rummenigge nell’Inter, Falcao nella Roma, Zico nell’Udinese, Junior nel Torino, il compianto Socrates nella Fiorentina. Le marcature erano a uomo, asfissianti, dure (chiedere a Maradona per ottenere referenze su Claudio Gentile), ma Platini si librava in campo come un autentico direttore d’orchestra e, talvolta, anche come primo violino, per assoli sublimi. Nato trequartista, Platini presto assurse ad un ruolo di calciatore d’attacco in senso universale, perché aveva un bagaglio ineguagliabile: testa alta, lanci millimetrici di quaranta metri, assist geniali che smarcavano i compagni davanti alla porta, grande realizzatore su azione e autore di punizioni micidiali, tiro potente e preciso da fuori area, ottimo colpitore di testa e una tecnica da antologia calcistica. Vederlo giocare era un autentico piacere per gli occhi.

Solo per rimanere ad una delle partite più importanti disputate, ovvero alla finale della Coppa Intercontinentale di Tokio dell’8 dicembre 1985 contro l’Argentinos Juniors, Platini sfoggiò il suo repertorio di perle inimitabili. Eletto migliore in campo, segnò due volte dal dischetto (nei tempi regolamentari e nell’ultimo decisivo calcio di rigore dopo i supplementari), la partita del francese sarà però ricordata soprattutto per la rete annullata del possibile 2-1, ancora oggi considerata come una delle marcature più belle della storia del calcio.
Area avversaria intasata, pallone che spiove al limite e Platini - tutto al volo, prima con un palleggio di destro a scavalcare due difensori e poi con una mezza rovesciata di sinistro, che si insacca all’angolo a mezza altezza alla destra del portiere - realizza una rete pazzesca, annullata per fuorigioco ininfluente.
Epico il goal, epica la reazione di Platini all’annullamento della rete.
Sdraiato sul campo, incredulo, con il braccio a sorreggere la testa, in una posa che ricordava il capolavoro della Maja Desnuda (desnuda e non vestita perché derubato di un goal capolavoro) di Francisco Goya.
Ma Platini non si fermò a quella memorabile chicca. Nell’azione del 2-2 scodellò a Laudrup un pallone con una giocata di destro ai confini della realtà, perché la palla fu colpita di piatto, ma con una rotazione incredibile della caviglia, per indirizzare al meglio l’assist.

Nella Juventus, Platini ha vinto tutto quello che c’era da vincere, in campo nazionale ed internazionale e resta una delle pietre miliari della storia bianconera.

Anche la stessa Francia, dopo l’avvento di Le Roi, cambiò il proprio destino calcistico, europeo e mondiale. Prima dell’era Platini, era una nazione con una mediocre vocazione calcistica. Addirittura si sosteneva che andasse bene organizzare amichevoli con la nazionale transalpina prima delle competizioni internazionali, solo perché i galletti erano considerati degli utili sparring partners. Nulla di più. A partire da Platini, la crescita del calcio francese è stata esponenziale e clamorosa, sfornando una serie di calciatori di livello assoluto, ma l’antesignano è stato Lui, Michel Le Roi Platini.

Nel 1982, la Francia di Platini fu eliminata solo alle semifinali al termine di una rocambolesca partita contro la Germania, terminata ai rigori e dopo che la Francia si era portata avanti per 3 a 1. La delusione è troppo cocente ed incide nella sconfitta contro la Polonia di Boniek nella finalina per il terzo posto. Ma sono gli Europei del 1984, giocati in casa e vinti dalla Francia, che consacrano Platini come uno degli Dei del calcio. Realizzò nove marcature in cinque presenze ed è tuttora primato imbattuto. Infine, ai Mondiali messicani del 1986, la Francia, dopo aver eliminato il Brasile, giunse terza, arrendendosi nuovamente in semifinale dinanzi alla Germania.

In una ipotetica scala dei valori, dove sarebbe quindi posizionato Platini? E’ una domanda alla quale risulta impossibile fornire una risposta attendibile, preliminarmente per una considerazione di ordine generale, nel senso che è impossibile poter effettuare paragoni tra calciatori, che hanno espresso la loro carriera in annate tanto diverse tra loro. Ma, nel caso di Platini, si rende necessaria una ulteriore precisazione, che può valere solo per Lui: era un calciatore unico, tanto atipico come ruolo d’attacco quanto geniale. Di conseguenza se, a livello assoluto, Pelè e Maradona si pongono, nell’immaginario collettivo, ad un livello più grande e Messi e Ronaldo sono considerati le icone del calcio moderno, il calcio di Platini ha un’impronta inimitabile, che lo rende diverso da tutti gli altri e che attraversa le epoche, senza scalfirsi. Forse l’unico calciatore che, in qualche modo, può essere raffrontato, sotto questo aspetto, a Platini è stato Johan Cruyff, di cui peraltro Platini nutriva una stima assoluta, tanto da considerarlo il migliore mai visto all’opera sui campi di calcio.

Il modo di giocare di Platini identificava perfettamente il suo modo d’essere anche fuori dal campo. Con la “erre” arrotata, gli sguardi canzonatori, le battute ironiche dispensava classe ed eleganza anche nel corso delle interviste, dove non era mai banale. La grandeur francese che lo accompagnava si adattava perfettamente allo stile di Madama, tanto da soggiogare addirittura il simbolo per eccellenza del mondo bianconero, Gianni Agnelli. L’Avvocato, che non risparmiava nessuno, juventini e non senza eccezioni, quanto a battute fulminanti nutriva un certo timore reverenziale nei confronti di questo francese, dalle ascendenze piemontesi. Evidentemente, Agnelli era colpito dall’intelligenza e dall’eleganza dell’uomo, che si riverberava in campo nelle vesti di calciatore.

Sono due i riferimenti che si possono rammentare in merito ad aforismi dell’Avvocato riguardanti Michel Platini. La prima frase, storica, si riferiva al rapporto costi/benefici (e se pensiamo all’operazione Ronaldo…) dell’acquisizione di Platini “L’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras”. La seconda tradiva l’affetto e la considerazione che l’Avvocato nutriva per Le Roi “Nella Juve mai nessuno è stato al suo livello e se in futuro ci sarà qualcun altro che lo supererà lo ammetteremo a malincuore”.

L’amore che l’Avvocato nutriva per questo piemontese, “naturalizzato” francese era peraltro totalmente ricambiato da Platini, affascinato dal carisma che emanava da Gianni Agnelli, tanto è vero che Le Roi ebbe modo di dichiarare “che l’Avvocato gli aveva insegnato a vivere”.
Ma non solo, perché il transalpino, che a volte, per il suo modo di essere, poteva apparire supponente, rilasciò una dichiarazione – che compare come prefazione nel libro Archivio Juventus 1998 - che rappresenta il manifesto ideale per ciascun tifoso juventino di ogni epoca e che dovrebbe essere traslata e affissa negli spogliatoi ad imperitura memoria di chi li frequenta e frequenterà (in primis Cristiano Ronaldo):

”Con la maglia bianconera ho vissuto i momenti più belli della mia carriera: due scudetti, una Coppa dei Campioni (in una serata tristissima), una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e una coppa Intercontinentale in cinque stagioni. Sono successi che puoi raggiungere solo in una grandissima squadra. Ma non è soltanto per i trofei conquistati che sono orgoglioso di aver coronato la mia carriera giocando nella Juventus. E’ anche la consapevolezza di appartenere, per tutta la vita, ad uno dei pochi miti dello sport. Per me Juventus vuol dire storia del calcio. Una storia fatta da squadre indimenticabili e da giocatori che con il loro agonismo e la loro genialità hanno scritto alcune delle pagine più belle ed importanti del libro del calcio mondiale. Juventus vuol dire cultura e stile che distinguono i dirigenti, gli allenatori ed i giocatori juventini. Infine Juventus vuol dire passione e amore: la passione che unisce i milioni di tifosi in tutta Italia, in tutto il Mondo. L’amore per la maglia bianconera, che esplode nei momenti di trionfo e non diminuisce in periodi meno felici”.


Michel Platini, altezza 1,77 cm, peso forma da giocatore, 73 Kg: un uomo normale, divenuto re... in bianconero.