"Il pallone è l'oppio dei popoli", disse così un certo Pier Paolo Pasolini, in quanto il gioco del calcio è tutto tranne che un gioco. Questo implica che gli avvenimenti esterni influiscano direttamente su questo gioco è su quelli che ne fanno parte.
Questo è il caso che vede coinvolto Gerard Piqué, La Spagna e Barcellona. Che detto così può sembrare il titolo di un film di Woody Allen, ma visto lo scenario spagnolo di queste ore frementi dovute al referendum per l'indipendenza della Catalogna, fa parlare di sé dal punto di vista calcistico.
Prima di parlare delle dichiarazioni del giocatore spagnolo che milita nel Barcellona è giusto riassumere brevemente quanto sta accadendo nella nazione iberica e quali potranno essere gli scenari possibili. “Voleu que Catalunya sigui un estat independent en forma de república?”. La traduzione non è particolarmente complessa ed il messaggio è piuttosto chiaro. Il progetto di legge, che a fine agosto fu approvato dal parlamento catalano, non fissa una soglia minima di partecipazione in quanto il risultato sarà di per se vincolante. Ergo non vi sarà nessun quorum. Stando al documento redatto dal parlamento regionale quindi in  caso di una vittoria del fronte del SI’ entro 48 ore la Catalogna si dichiarerebbe indipendente dal Regno di Spagna.
Diversamente, in caso di vittoria del “NO” saranno convocate nuove le elezioni regionali e ciò è inevitabile in quanto i vincitori delle ultime elezioni impostarono una lunga campagna elettorale sul tema del referendum e dell’indipendenza da Madrid. La Catalogna ha sempre avuto una forte identità all’interno della Nazione spagnola, espresso sia a livello culturale che a livello economico e giuridico. Oltre alle differenze linguistiche, è sicuramente l'aspetto economico che ha fatto da traino ai movimenti indipendentisti catalani. L'afflusso fiscale allo Stato centrale pari al 19 per cento totale, mentre beneficia di solo il 14 per cento della spesa pubblica. Come in molti casi europei, in cui interessi regionali spingono per l’autonomia, anche le motivazioni catalane si fondano su una struttura economica forte della propria Regione, che viene in qualche modo frenata dai vincoli che la legano allo Stato centrale.
In visione di una Catalogna autonoma, si aprono due percorribili scenari probabili. Il primo, in cui la Catalogna si scinde dalla Spagna attraverso un accordo reciproco. Il secondo, attraverso una decisione unilaterale. In entrambi la Catalogna ne trarrebbe uno stato economico, anche se i migliori risultati arriverebbero in caso di un accordo con il Governo centrale. Questo perché, nonostante la conseguenza di accollarsi parte del debito pubblico spagnolo, circa il 20 per cento, calcolato in base al contributo sul Pil nazionale da parte della Catalogna; la Regione avrebbe un periodo di transizione molto più flessibile su garanzie in ambito monetario, rapporti che comunque si complicheranno con la Comunità Europea e la credibilità stessa sulle proprie politiche.
Detto questo, il difensore 30enne, nato a Barcellona, ha esortato i manifestanti a "esprimersi pacificamente, per non dare alcuna scusa" al governo di Madrid che si oppone alla consultazione. "Cantiamo ad alta voce: voteremo" ha scritto Piqué sui Social Network, dove ormai si sente più la sua presenza rispetto al campo. Inoltre di recente ha ammesso di "essere disposto nel lasciare la nazionale spagnola". Scatenando un vero è proprio caso.

Quindi sorgono due domande: un calciatore può esporre un pensiero politico? La politica può servirsi del Calcio? A voi la risposta...

Qui le recenti dichiarazioni: Estamos en un mundo tan flobal que ponerse en un sitio u otro es perder el tiempo (...), un planeta en el que tenemos que compartir muchas cosas", relata, considerando que "la vida está para disfrutarla y no para buscar problemas donde no los hay. Des d'avui i fins diumenge, expressem-nos pacíficament. No els hi donem cap excusa. És el que volen. I cantem ben alt i ben fort. #Votarem