Non ride Zielinski. 

Vi sfido a trovarlo un fotogramma in cui Piotr si fa un risata di gusto. Trovatelo e mi sorprenderete, perché io non ci sono ancora riuscito. Tanti hanno detto che sono grati di lavorare nel calcio perché il loro non è davvero un lavoro, fanno quello che gli piace e per questo vengono pagati profumatamente. State certi che il giocatore del Napoli non appartiene a questa categoria. Mi sono chiesto tante volte quale fosse la ragione e ho provato a indagare la sua vita. Eppure non ha un passato per strada come quello di Milik, non ha vissuto la guerra o la dittatura in prima persona come tanti altri slavi - beata la leva che del 1994 -, non ha subit, che si sappia, particolari tragedie familiari. Eppure Zielinski non ride. Talvolta, e non sempre, Piotr accena un sorriso dopo aver fatto gol, ma non tanto da poter pensare a un momento liberatorio. Ce ne sono stati altri di giocatori seri che al momento della rete libearavano un’energia inaspettata. Erano così le esultanze rabbiose di Marek Hamsik, sono così le esultanze gioiose del serio Milik, lo erano persino le esultanze del malinconico Baggio, che non si è mai fatto problemi ad esultare contro le sue ex squadre. Un gol è un gol diceva il divin codino e non c’è passato tenga. E ancora ve lo ricordate il rigoroso - e non a caso svizzero - Dzemaili? chi tifa Bologna lo conosce ancora piuttosto bene. Io in particolare lo ricordo in uno scontro col Torino. Blerim gioca contro una sua ex squadra, così al primo gol non esulta affatto, al secondo espone un’esultanza moderata e al terzo esplode in una gioia sconsiderata che dimentica ogni radice, ogni passato, e grida solo “guardatemi, ca**o, sono un centrocampista e ho appena fatto un a tripletta”. Zielinski, invece, il massimo che sfoggia è un sorriso tirato, che sembra quasi una smorfia.

Non è un caso, non lo è per niente, che il gol più bello della stagione, quello per cui potrebbe valer bene una risata, Piotr lo vada a fare in una partita particolare. Gioca contro un’ex. L’ex che l’ha lanciato, quell’Empoli in cui si è scoperto giocatore di calcio. E lo segna in una partita che il Napoli perderà. Poco importa che sia un partita sostanzialmente irrilevante nell’economia generale della stagione partenopea. Da noi vogliamo vincerle tutte e quando perdiamo è sempre un lutto. Non so come fate voi a fare presagi sulla vostra settimana. Non so manco se li fate. Noi qui ne abbiamo bisogno e abbiamo un solo segnale rivelatore: il Napoli. Gli azzurri vincono? E allora dalla nostra vita prentenderemo solo grandi risultati. In caso contrario ci disporrremo fatalisti al disastro. “nunn ‘a vinciuto manco ‘o Napule”. E allora cosa pretendi? La tua settimana andrà come deve andare. Così non conta nulla che Piotr Zielinski abbia appena insaccato di potenza un tiro da 25 metri sotto la traversa a 120 chilometri orari. Il polacco, se mai ci avesse pensato, non può festeggiare! Ha fatto gol contro un’ex squadra e il Napoli ha perso. Gioia rimandata. Eppura per altri potrebbe essere frustrante, per Zielinski invece è un sollievo. Si è liberato di un fardello, quello di dover esibire un’euforia che semplicemente non gli appartiene. Gustav Jung teorizzava l’esistenza di un inconscio collettivo capace di condizionare i singoli in una maniera che altrimenti risulterebbe inspiegabile. Io a Jung non ho mai creduto, ma a Zielinski credo. E Zielinski incarna l’inconscio polacco in un modo incredibile per un ragazzo nato nel 1994. La Polonia è una delle terre che nel nord del mondo ha sofferto maggiormente negli ultimi due secoli. Divisioni, conquiste, deportazioni, eccidi. Probabilmente l’unico paese comunista che non ha mai scelto spontaneamente di esserlo. Zielinski pur esibendolo nella frivolezza del gioco del pallone sembra comunque incarnare le sofferenze dei martiri, degli ebrei, degli slavi, dei dissidenti, del Solidarność, della sua madrepatria. Così Zielinski non ride. Ma non pensate che questo significhi che non gli interessi, che non capisca l’importanza di ogni suo passaggio, di ognuno dei suoi magnifici gol. Piotr sa benissimo cosa sta facendo, così non è un caso nemmeno che le sue prestazioni siano migliorate notevolmente da quando il capitano,  Hamsik, ha lasciaro il Napoli. Piotr sa benissimo che raccoglierne il testimone non spetta al pur eccelente iberico Ruiz. Troppo diversi Fabian e Marek. 

L’erede del capitano è solo uno, che gli piaccia o meno. 

Tattica cristallina, sguardo serio, occhi di ghiaccio. L’uomo/il ragazzo che non sa ridere, l’uomo che non sa concedersi gioie. Piotr Zielinski.