Pur rimaneggiato dalle assenze (Ibrahimovic, Bennacer, Calhanoglu, Rebic ed Hernandez), il Milan ha colto tre punti importanti per la zona Champions, interpretando una gara perfetta, scacciando i fantasmi che da anni la perseguitano nelle trasferte a Verona e coltivando, per i più fiduciosi e meno superstiziosi, sogni tricolori.

La squadra che è scesa in campo non ha fatto rimpiangere gli assenti. È stata definita la vittoria delle seconde linee, ma in realtà è stata la vittoria di un gruppo che trova forza dalle difficoltà, guidato con saggezza da Stefano Pioli. Il tecnico, durante la settimana, ha preparato bene la sfida e continua a marciare spedito nelle prime posizioni della graduatoria.
Per quanto riguarda il match, i rossoneri hanno meritato di conquistare i tre punti. Hanno preso in mano le redini della partita, non concedendo niente agli scaligeri se non all’inizio per via di una disattenzione di Tomori, ed hanno saputo amministrare a proprio piacimento ritmo e tempi di gioco. Hanno addormentato la gara, tenendo la giusta intensità e chiudendo tutti gli spazi. Pressando alto e non facendo giocare il Verona hanno messo in cantiere una vittoria importante con il minimo sforzo. Con una prova da Milan ed una prestazione superlativa di Kessiè, padrone del centrocampo e presente in ogni zona del campo.
Lo stesso Juric ha riconosciuto come il Milan sia stato nettamente più forte, rispetto al Verona, e come i rossoneri gli abbiano impedito di fare il loro gioco.
Un giusto riconoscimento perché la vittoria non è dipesa da demeriti del Verona, ma dalla forza e dalla prestazione del Milan.
Questa volta “la Fatal Verona” è divenuta “la Dolce Verona”, anche se in settimana era tanto il timore di incorrere in una giornata storta. I gol di Krunic e Dalot hanno allontanato le nubi che le numerose defezioni aveva tristemente portato e i mille dubbi, nati dopo il pari con l’Udinese, sulla tenuta fisica di un Milan stanco e destinato, secondo molti, a ritornare nelle retrovie. Un Milan bello a metà, per via della prima parte di stagione, destinato nel tempo a lasciare spazio agli altri, anche in virtù delle assenze che avrebbero dovuto ridimensionarlo.
Ma le assenze non devono essere mai né un alibi né una colpa, e Stefano Pioli ha dei meriti in questo. Il tecnico emiliano anche stavolta è andato per la sua strada e non si è pianto addosso.
È indispensabile mettere in evidenza alcune caratteristiche dell’allenatore, che lo hanno portano ad essere apprezzato da società, giocatori e tifosi.
La prima da sottolineare è relativa alla sua signorilità. Mai una parola fuori posto durante le interviste, mai un comportamento sopra le righe, mai una lamentela per le assenze. In linea di principio un uomo che rappresenta al meglio lo stile Milan. Il suo lavoro è apprezzato in società, sono lontani i tempi in cui Ralf Rangnick (a proposito che fine ha fatto) doveva subentrare al suo posto e dare al Milan e al nostro campionato un’impronta mai vista. Invece, un po' di fortuna e risultati che lo hanno portato a finire lo scorso campionato con una media punti da prima della classe sono stati la sua forza per poter continuare nel cammino appena tracciato.
In società è stimato sia da Gazidis, sia da Maldini che da Massara e tutti viaggiano in sintonia e lavorano per il bene del Milan, affinché possa raggiungere i risultati sperati.
Un altro allenatore al suo posto non avrebbe retto con signorilità le voci di un cambio che ogni qualvolta veniva ricordato, perché secondo tanti Pioli era un tecnico a scadenza. Allo stesso modo, pochi sarebbero stati gli allenatori che non avrebbero usato la scusa delle assenze per giustificare risultati altalenanti o mancanza di gioco.
Immaginate Conte (che è meritatamente primo in classifica) e provate a toglierli 5 titolari del valore di Ibra, Rebic, Bennacer, Calhanoglu ed Hernandez. Senza nulla togliere a quello che ha costruito nei suoi due anni di Inter, il personaggio mi porta a pensare che lo avrebbe utilizzato, come un piangina qualunque, o comunque avrebbe messo in evidenza come non sia facile andare avanti così, giocando spesso con gli uomini contati.

Stamattina, leggendo velocemente la Gazzetta dello sport, mi sono soffermato su un trafiletto che sintetizza perfettamente quello che è il tecnico rossonero: “ritrovarsi senza 7-8 giocatori diventa difficile, ma strada facendo vuol dire abbiamo preso consapevolezza. Siamo forti per questo. Non siamo marziani, possiamo sbagliare qualche partita, ma le difficoltà ci aiutano a crescere. Conosciamo i nostri pregi e difetti, stiamo lavorando per aumentare le nostre qualità”.
Ecco un chiaro esempio dove si vuole togliere al gruppo la scusante delle assenze, e di conseguenza si stimola la crescita anche nelle difficoltà. Non è semplice, ma credendo nel gruppo diventa più facile.
Proprio il rapporto con il gruppo è la seconda cosa da sottolineare di Pioli. La squadra è tutta dalla sua parte. “Pioli is on fire” cantato nel pullman dopo le trasferte indica come il Mister sia ben voluto all’interno dello spogliatoio e comi i suoi ragazzi lo seguano. Lo stesso Ibra, nelle varie interviste, ha sempre speso delle belle parole per Stefano.

Nella gara di Verona ha ridisegnato la squadra con quello che passava il convento e le seconde linee lo hanno ripagato con una prestazione che non ha fatto rimpiangere gli assenti. Krunic si è posto da cerniera tra centrocampo e attacco ed ha anche sbloccato il risultato con una punizione all’incrocio dei pali. Dalot, autore del secondo gol, ha giocato semplice e le critiche delle precedenti gare sono state un ricordo per come ha saputo sostituire degnamente Hernandez. Ma in compenso tutta la squadra ieri ha interpretato al meglio lo spartito. Preparata bene in settimana tutti hanno sentito la fiducia del Mister ed è andata anche meglio di come si pensasse. Ad un certo punto della gara, il Mister non aveva fatto nessuna sostituzione e solo al 78 minuto di gioco Castillejo ha lasciato il campo per Hauge. C’era rimasto poco e niente da pescare dalla panchina e in alcune zone del campo Pioli non aveva nessuna intenzione di cambiare perché andava bene così. Anche lo stesso Leao, in panchina c’era solo il giovane Roback per una eventuale sostituzione, è stato incoraggiato dal tecnico che ha stimolato tutti come suo solito.
Un gruppo unito che fino alla fine cercherà di dire la sua in questa stagione.
L’ultima cosa da sottolineare in positivo del Mister è l’aver valorizzato i giocatori a sua disposizione, sia in funzione della prestazione che del valore di mercato. In un’ottica di squadra che deve crescere, sono cresciute le prestazioni perché ognuno gioca nella posizione dove rende maggiormente e, allo stesso tempo, per la gioia della società, è cresciuto di conseguenza il valore. Giocatori presi e pagati una cifra hanno visto alzare la loro quotazione e questo chiedeva la società, al di là dei risultati sportivi. I quali devono per forza viaggiare in parallelo con quelli economici, in una società proiettata sempre più nel futuro.

In questo momento Pioli è l’allenatore giusto per il Milan. Non il migliore al mondo, ma sicuramente adatto per la crescita dei tanti giovani che compongono il gruppo squadra.
Nella crescita non sono contemplati solo i giocatori ma anche l’allenatore e la società, dando così forza e vigore al Milan.
Primo critico di se stesso, pur mancandogli la lettura delle partite di Allegri, continua a raccogliere quello che ha seminato fino a questo momento. Consapevole che nel momento in cui le cose non dovessero andare bene le critiche torneranno a farsi sentire, ma questo fa parte del gioco e Pioli lo sa bene.
Sa anche che gli allenatori vengono giudicati in base ai risultati e che le valutazioni si fanno alla fine. Se il Milan avrà conquistato un posto in Champions avrà raggiunto l’obiettivo. Se il Milan andrà oltre le aspettative entrerà di diritto nei libri di “Epica e Mito”, se lo cose andranno male tutto verrà valutato con occhi differenti rispetto ad ora, e si cercherà di raccogliere quello che di buono è stato seminato. Fino a questo momento l’allenatore lo ha fatto bene, e i numeri sono dalla sua parte. Dopo 26 giornate il Milan aveva 20 punti in meno rispetto a questa stagione, aveva segnato 22 gol in meno e quattro in più.
Ecco perché quel motivetto, che cantano i suoi giocatori, mi rimbalza sempre nell’orecchio e mi spinge ad aver fiducia in lui.
Pioli is on fire
Pioli is on fire
Pioli is on fire
Pioli is on fire