Il calcio delle icone è uno sbiadito ricordo, andato a deteriorare nel corso degli anni. In un pallone differente, il segno tra due epoche diverse è rimarcabile.

La bandiera, il simbolo di una città, quel concetto più in voga nel secolo precedente non è più un principio per la maggior parte dei calciatori.

Tale prerogativa non deve esser vista obbligatoriamente come negazione, bensì in alcuni casi può tramutarsi in opportunità o possibilità per le parti in questione: dall’auspicato salto di qualità, al trasferimento che ha mutato il realizzarsi degli eventi.

Eppure, in altre circostanze, vi è stata la scelta più discutibile: il vile denaro, strumento che col passare del tempo è divenuta la reale ambizione dei tradimenti.

L’unica certezza sono i tifosi, coloro che mai dimenticano, attaccati e fedeli alla causa. Insomma, per molteplici motivi, il cambio repentino di casacca, ha scaturito reazioni incredibili, le quali sono passate alla storia.

Andiamo alla scoperta del“ core n’grato” per eccellenza del mondo pallonaro, attraverso una visione passionale, vissuta più da supporter.

 

Luis Figo, la stella lusitana

La stella luminosa proveniente dalla Lusitania, l’uomo abile ad intuire l’avversario, agire prima di lui, dotato di rapidità e tecnica fuori dal comune.

Questo il bagaglio dell’allora 23enne Luis, acerbo, ma in grado di fornire lampi di genio. Giocate che scherniscono l’avversario, lo lasciano impotente in quanto ad esecuzione platonica.

Trovata la pianta stabile, il supporto della “cabeza”, è il nuovo craque all’interno della Liga. Superpotenza al servizio del collettivo, di cui diventerà il leader sin da subito, dimostrandosi colui con il quid in più.

Rende gli equilibri delle partite precari a suo favore, ara tutto ciò che ha dinanzi.

Insomma, le pretese per divenire una bandiera vi sono tutte: l’ambiente, spesse volte critico nei confronti della perfezione si ricrede. Figo ha il piede e trascina i blaugrana in ambito europeo, vincendo la Champions da protagonista.

Lui ha sempre individuato nel ruolo di unicum la sua location naturale, l’autore di un libro che va riscritto autonomamente, avente i crismi della letteratura più nobile.

Un lustro d’oro e vincente, sin che, la smaniata rincorsa alla rovina del calcio contemporaneo prevale: il rinnovo proposto dagli Azulgrana lo rende scettico, complice uno stipendio non a rialzo rispetto alle annate precedenti.

Indimenticabili quanto significative le gesta dei tifosi catalani, componente mai privilegiata correttamente in vicende simili, che proclamano veementemente il prolungamento contrattuale.

Contrattare con un mito

Figo è all’apice, in virtù di uno status invidiabile. Sul terreno di gioco ha saputo cogliere ciascun pertugio e lo ha reso divinamente elevato, tanto da aver contagiato migliaia di bambini innamorati, inconsapevoli e solamente vogliosi di approcciare la sfera con divertimento.

Insomma, la sua importanza all’interno dei confini del club è poderosa, nonostante anche altrove possieda l’ammirazione dei più.

Luis era le sembianze astratte, intese come spettatore, e concrete del mito, il Messi dall’animo differente.

Le trattative in corso creano timori, i quali svaniscono nella consapevolezza di un reciproco rapporto assodato nel tempo ed immutabile, invalicabile.

Le voci dell’aumento contrattuale non attanagliano, sbiadiscono perché irrilevanti. O, all’inizio della telenovela, pare.

Come può tale binomio concludersi? Figo era lo scrittore della poesia, che esprimeva con invenzioni degne d’arte sublime sul campo.

Quelle finte a rientrare, l’esecuzione naturale del movimento, forgiata dalla scuola di provenienza ed implementata, abbinata ad uno stile impareggiabile.

Con la sfera puntava ed osservava, era irrazionale in tanta bellezza, e subito dopo, inquantificabile in secondi, già sull’ennesimo uomo. Anch’egli dribblato, senza pretese o fatiche, chiunque fosse.

Per la squadra vi era eccome: dalle giocate create forniva idee deliziose, frutto di fantasia danzante. Questa caratteristica era la principale nella stesura dantesca dei poemi, infiniti e melodiosi da osservare, mai con l’intenzione di placare, ne se stesso ne quantomeno gli appassionanti, talmente increduli e compiaciuti dal voler osservare nuovamente l’episodio.

Mes que un juego

Al ritmo di “ Mes que un club”, l’addio del portoghese è stato seguito dalle note di “ Mes que un juego”. Ho cercato di rappresentare cosa ha espresso il Figo solista nelle azioni e allo stesso tempo al servizio dei compagni all’interno delle gerarchie, da lui predominate, blaugrana.

Ha divertito, stupito ed ottenuto successi. Dalle Liga dominate alle affermazioni europee, sino al riconoscimento più prestigioso, il Pallone d’Oro, ottenuto nella sua più grande dimostrazione, consacrandolo.

Giunto all’apogeo, però, ha rivelato per futili ragioni un’ altra componente, dannata, sgretolando il legame d’amore vigente.

Figo era in possesso di tutto ciò che era idoneo a sviluppare il proseguire di un’avventura designata a terminare anni avvenire, fornendole ancor di più quel pizzico di magia già palesato.

Nulla però aveva lasciato presagire l’imminente inizio della scongiura del rapporto.

La parte vera, sana aveva posto in lui il piedistallo, ornandolo di delizie quotidiane, convinto della conferma proveniente dall’altra figura, scoperta poi in possesso di interessi differenti quando al bivio.

Disgrazia, errore, causa del personale vuoto. Figo era ciò, e lo sarà per sempre, in Catalogna. Mai sarà lo splendore di 274 presenze. Causa di un vuoto in chi aveva riposto nel suo essere il principio attivo, al quale aveva dedicato sudore e dedizione.

Lui anche lo aveva fatto, non a scopo della maglia, alla quale si è scoperto freddo e distaccato. L’autenticità è andata freddandosi, facendo da pass al calcio capitalistico, l’inizio di una nuova era.

Scritto dell’entità della vicenda, è il momento dell’ingresso in scena del Real Madrid.

Un tradimento lacerante

Il tradimento è il venir meno alla fede data, o a un impegno solennemente assunto. “ Venir meno”. Neanche, poiché la successiva reazione della gente “Barca”, sarà la scomparsa, concetto più potente della reale definizione ed annuncia la portata dell’avvenimento.

Florentino Perez decide di sbaragliare le carte, centrando il bersaglio. Bersaglio lo è stato poi, in senso opposto.

La magia è stata spezzata rapidamente, come il ghiaccio esposto al sole. La malizia dell’azione ha ferito, chi, ne ha fatto motivazione di rabbia solenne, invocando vendetta.

Nel gioco delle freccette si è trovato incartato, al centro della secolare rivalità, in un continuo giramento che provoca mal di testa.

Il capitale, nella prima occasione, ha compiuto una manita sulla passione, un sorpasso epocale, da li in poi consuetudine amara per gli attaccati nelle vene al calcio. Meno cupa, invece, per chi lo vede da fuori o ne fa parte.

Figo ha, privo di pensieri o rimorsi, ed anche rapidamente, optato per una firma che, inconsapevole, ha creato una serie di reazioni a catena e conseguenze.

Perchè?

In quei giorni, il bambino più triste avrà domandato “ Perché”. In data odierna, è divenuta virale una fotografia che inquadra un bambino in preda alla disperazione per il possibile saluto onorevole di Messi, uomo attaccato a quei colori.

Situazioni lontane, emisferi mai paragonabili che si incrociano solamente in una circostanza, la più lapalissiana: il volto ricco di lacrime, privo di felicità del bambino innocente. Questo è il ritratto del tradimento, la sua funerea applicazione.

I fazzoletti bianchi sventolati al cielo, la testa di maiale lanciata con furia con l’intento di ferire il calciatore. Rabbia mai celata o coperta da una maschera, mai repressa e sfogata nell’arbitrio della delusione, della mancata gratificazione.

Luis non ha ringraziato Barcellona, che vuole rimembralo come il giuda, il servo alle nobiltà del denaro, potenti più di quel coro, approdato in maniera astratta nella sua mente.

Figo ha rinnegato gli inizi e la crescita, ripudiando le sue origini e chi aveva dedicato a lui l’importanza dell’emblema della propria fede.

Il tradimento, nel segno di quell’immagine che solitaria parla, riecheggia. Il bambino in lacrime per Messi lascia aperte le porte di un passato mai concluso, 19 anni dopo, che seppur su vie discordanti si incontra nella via dell’emozione. Quella via non termina. 19,100 o 1000 anni dopo.