È partito il countdown a Roma - sponda giallorossa - per l'attesissima presentazione dell'autobiografia di Francesco Totti, scritta in collaborazione con il giornalista triestino Paolo Condò.
Questo speciale evento, che si terrà nella affascinante e inusuale location del Colosseo il prossimo 27 settembre (giorno del 42° compleanno del Capitano giallorosso), vedrà sfilare un parterre di invitati di prim'ordine, tra cui i campioni del Mondo del 2006 - che hanno ottenuto questo straordinario successo anche grazie all'indimenticabile rigore di Totti contro l'Australia - e quelli d'Italia della Roma 2001, un successo quest'ultimo che Er Pupone, in cuor suo, ritiene certamente più importante della stessa vittoria mondiale. Calciatori e allenatori che hanno condiviso pagine importanti nella straordinaria carriera di Totti. 

In pratica tutti invitati, eccezion fatta per due di loro, a cui non è stata fatta recapitare la letterina: Carlos Bianchi per aver, a suo tempo, dato il placet alla irrealizzata (ed irrealizzabile) cessione di Francesco; e soprattutto Luciano Spalletti, con cui il rapporto ha subito nel corso degli anni una metamorfosi degna dell'Odi et amo catulliano.
Nella prima parentesi del tecnico di Certaldo sulla panchina giallorossa (dal giugno 2005 all'agosto 2009) tutto sembrava filare liscio, soprattutto in virtù dell'indiscutibile titolarità del capitano (com'è normale che fosse). Poi qualcosa s'incrinò. Il 31 agosto 2009 Spalletti pagò dazio per un avvio disastroso e venne esonerato.
Totti tolse la maschera, "salutando" il tecnico con parole al veleno: "Non riusciva più a farsi capire. Qualche problema con il gruppo c’era e le sue dimissioni erano inevitabili. E visti i risultati ottenuti con Ranieri, direi che ne è valsa la pena”. 

Dichiarazioni, queste ultime, che dimostrano come evidentemente i due già all'epoca non andassero così tanto d'accordo e che per molti anni abbiano accettato di salvare le apparenze. Almeno fino all'esonero di Spalletti, evento che ha dato a Totti, certo che non avrebbe mai più rivisto Luciano, la possibilità di dare libero sfogo alle sue frustrazioni. Il ritorno sulla panchina romanista dell'allenatore di Certaldo, nel gennaio del 2016, ha però riportato a galla antichi screzi. Che, ai primi venticelli di polemica, sono diventate enormi voragini.

Gli episodi emblematici di un rapporto ormai logoro furono sostanzialmente due. Il primo avvenne nel febbraio 2016, prima di un Roma - Palermo. Chi di voi non ricorda la celebre battuta del capitano in un'intervista a RaiSport, nella quale afferma che la relazione col suo allenatore si limiti in sostanza ad un "buongiorno e buonasera"? Un allibito e fortemente contrariato Spalletti, in tutta risposta, escluse il numero 10 dalla lista dei convocati, "cacciando" per la prima volta in 23 anni di carriera Totti da Trigoria. Da casa sua. Un'onta che ha profondamente segnato l'animo del Capitano e che ha irrimediabilmente compromesso una situazione già deficitaria. 

Il secondo episodio controverso è datato 17 aprile 2016. Chi di voi non ha ancora ben impresso nella mente il concitato dopo-partita di Atalanta - Roma? Match che, per la cronaca, finì 3-3 con gol del pareggio last minute proprio di Totti. Successe di tutto: prima un battibecco tra i due, confermato da alcuni testimoni oculari ma veementemente smentito dai medesimi protagonisti; poi, una conferenza al vetriolo del tecnico, che di certo non le mandò a dire ad un'icona di Roma come Totti. Si dice che Spalletti, nervoso con i suoi nonostante il pareggio riacciuffato sulla sirena, abbia dato in escandescenze: "Ma non vi siete stancati di fare queste figure di merda e di non vincere niente!?". Parole che sono andate di traverso al Capitano, che ha risposto per le rime prima di essere zittito dallo stesso, imbufalito allenatore: "Taci tu, che vai in giro per le camere alle due di notte a giocare a carte!". Nella conferenza finale la goccia che fece traboccare il vaso: "Totti non ha salvato niente, la partita l'ha salvata la squadra - rincarando poi la dose - Quel gol Totti lo fa anche fra 3 anni, ma sono altre le cose che non vengono portate alla luce. Se ci lavorate un po', vedrete che usciranno". Chissà a cosa alludesse...

La stagione continuò e, grazie ai gol e agli assist del suo capitano, la Roma ottenne un ottimo terzo posto in campionato, che gli valse la qualificazione ai preliminari di Champions. L'ottimo rendimento di Totti, in relazione ai pochi minuti in campo, non gli valsero però l'immediato rinnovo. Che arrivò, dopo settimane di rinvii, soltanto il 7 giugno 2016. Per una sola stagione, "l'ultima del nostro capitano" come espressamente scritto nel comunicato, nonostante fosse chiaro a tutti che le intenzioni di Totti fossero altre. Lui avrebbe voluto continuare a correre dietro ad un pallone ed esultare sotto la Sud anche nel 2018, nel 2019, nel 2020 e così via. Fosse stato per lui, Totti avrebbe giocato fino ai cinquanta anni. E non mi stupirei affatto se tornasse a giocare, magari solo a livello dilettantistico. Ma la dirigenza romanista - in primis un presidente, James Pallotta, con cui i rapporti non sono mai stati idilliaci, nonostante le parole al miele e le frasi di circostanza dell'americano - aveva altri piani in testa, vedendo nel futuro del Pupone un ruolo da dirigente: non un ruolo operativo (come si aspettava lo stesso calciatore), bensì come testimone della Roma nel mondo. 

La stagione 2016/2017, l'ultima per entrambi con la Lupa, fu se vogliamo ancor più amara: dalla bordata della moglie del capitano, Ilary Blasi, che definì il tecnico di Certaldo "un piccolo uomo", alle presenze ridotte al lumicino di un Totti ormai in chiare difficoltà fisiche, fino ad arrivare alle ambigue dichiarazioni di Spalletti, che in febbraio fece capire che avrebbe lasciato Roma a fine stagione. E con ogni probabilità la causa fu il modo sbagliato in cui gestì il "canto del cigno" del simbolo di Roma e della Roma. "Io non voglio che smetta con me e se lo fanno smettere io vado via anche se vinco. Se faccio il Triplete non rimango lo stesso”: una provocazione che ha mostrato in controluce tutto il disagio e la sofferenza di un uomo lasciato solo a combattere contro qualcosa infinitamente più grande di lui. 

Il resto è storia più recente. Francesco ha appeso le scarpette al chiodo dedicando ancora anima e corpo alle sorti della sua Roma, sebbene ora lo faccia in giacca e cravatta e non più in calzettoni e tacchetti; Spalletti ha sposato l'ambizioso progetto cinese dell'Inter, conservando intatto in un antro del suo animo il ricordo della sua esperienza sotto il Colosseo. Anfiteatro Flavio dove giovedì prossimo si terrà la grande festa di Totti, alla quale il tecnico non presenzierà, ma alla quale - come da lui stesso scherzosamente affermato - una "capatina" potrebbe ugualmente farla.
Comunque, come riferito dalla Gazzetta dello Sport, nessuno in casa romanista è rimasto sorpreso dalla decisione dell'ex capitano: pare infatti che alcune settimane fa, durante una cena con i giornalisti, Totti abbia proferito un "io non ho dimenticato", riferito a Spalletti. I motivi che hanno trasformato un idillio, in vero e proprio odio rancoroso, sono, ahinoi, del tutto sconosciuti e con ogni probabilità verranno alla luce solo tra una decina d'anni.
Un dubbio rimarrà invece insoluto: la Roma avrebbe potuto vincere lo Scudetto qualora Spalletti non avesse litigato con Totti, il simbolo di un'intera città, e fosse rimasto in panchina ben più a lungo?