Sabato sera: allo stadio Olimpico di Torino va in scena un Torino-Inter che vedrà i nerazzurri di Antonio Conte ottenere i tre punti con un netto tre a zero; una normale partita di campionato, mentre nello stesso momento, dall’altra parte del mondo, più precisamente a Lima, in Perù, alloEstadio Monumental” va in scena una delle partite più belle e affascinanti della storia del calcio: la finale di Copa Libertadores. Ma come mai siamo cosi affascinati dal calcio sudamericano?

L’ultimo baluardo

Il trasferimento di Daniele De Rossi dalla Roma al Boca Juniors ha solamente amplificato quello che possiamo chiamare “effetto sudamericano”: tutto è cominciato esattamente un anno fa, quando Boca Juniors e River Plate si sono ritrovate come avversarie nella scorsa finale di Copa Libertadores. Per capire la rarità dell’evento, basterebbe un paragone; quella partita si potrebbe infatti paragonare a una finale di Champions League tra Lazio e Roma. Ecco, è esattamente con quel match, che l’europa intera (calcistica) ha iniziato a dedicare molte più attenzioni a quel mondo che parla la stessa lingua – quella del calcio – ma lo fa in una maniera così diversa e allo stesso tempo affascinante. Perché il calcio sudamericano, è l’ultimo baluardo del calcio vero, quello fatto di passione e tifo. E come ogni ultimo baluardo, andrebbe protetto con attenzione, prima che anche lui possa cadere davanti a un avversario molto più potente: il dio denaro. Già qualcuno, tra le fila nemiche, proprio in occasione di quella storica finale, fiutò l’affare: basti pensare infatti, che dallo scorso luglio la pay-Tv DAZN, ha acquisito i diritti della coppa per i prossimi quattro anni. Un bel campanello d’allarme.

Passione e tifo

Ma di preciso, cosa ha di diverso il calcio sudamericano, rispetto a quello europeo? Cosa cambia tra la Premier League e la Primera Divisiòn? Quali differenze ci sono, oltre alle diversissime entrate monetarie? Insomma, se il tasso tecnico dei giocatori è nettamente inferiore, perchè noi europei, ne siamo affascinati a tal punto da iniziare a osannarlo? La risposta è semplice, e si basa su due parole, anzi, due elementi: passione e tifo. Il nostro calcio, quello fatto di anticipi giocati il venerdì pomeriggio, di posticipi piazzati al lunedì sera, è riuscito, nel corso degli anni, nel difficile compito di far sentire il tifoso, un mero e proprio numero. Per la maggior parte dei presidenti non esiste altro dio all’infuori del fatturato, e per la Lega Calcio invece, esistono solo questioni di diritti televisivi e lotta alla pirateria. La stessa che loro hanno contribuito ad alimentare con la formula del doppio abbonamento, ma questa è un’altra storia. Il tifoso, colui che a conti fatti manda avanti la baracca fin dagli albori del calcio (perché senza tifosi non girerebbero soldi, e senza soldi, siamo sicuri che non rotolerebbe neanche più un pallone), non è più considerato un tifoso. E questo, accade in Italia così come in Inghilterra, Spagna e Germania: paesi dove si cerca, anno dopo anno, di aumentare il giro di affari di un business che di soldi ne porta davvero a palate, ma ovviamente senza compensare l’altro lato della coperta. Nel Sud America invece, una cosa del genere sarebbe utopia solamente a pensarla, e lo dimostrano i numeri, come per esempi quelli che registrano l’affluenza negli stadi della prima divisione dell’Argentina: nella stagione 2018-2019, la Primera Divisiòn ha collezionato una media di 19.870 spettatori, con un totale di 320 partite disputate e una capienza degli stadi che si assesta in media, sui 35.000 posti. La Serie A invece, nella stagione 2018-2019 di spettatori ne ha collezionati (sempre in media) 25.000, ma con ben sessanta partite in più rispetto ai rivali argentini e sfruttando anche gli 80.000 posti di San Siro, numeri a cui in Argentina non vanno nemmeno vicini, visto che lo stadio più capiente è quello del River Plate, che vanta 65.455 posti. Insomma, in Argentina sono ancora ancorati alla tradizione di recarsi allo stadio ogni domenica, senza accontentarsi della televisione. Ci sarebbe poi da parlare dei prezzi dei biglietti: da una parte abbiamo prezzi sempre più alti, come per esempio i cinquanta euro chiesti ai tifosi dell’Hellas Verona per seguire la loro squadra in trasferta all’Allianz Arena, dall’altra invece, prezzi davvero più che popolari, tanto che la notizia di giocare la finalissima tra Boca e River in Spagna, fece più che scalpore in patria. Ovviamente stiamo parlando anche di poteri economici differenti, ma questa non dovrebbe essere una scusa: chi dedica più attenzioni al tifoso più che al fatturato, esiste ancora.

Due mentalità diverse

Un altro fattore non da poco conto che differenzia il calcio europeo da quello sud americano è quella della mentalità: se infatti “da noi” è sempre più facile imbattersi in casi di razzismo e violenza, dall’altra parte del mondo la pensano in maniera molto diversa: il calciatore è visto ancora come una figura mistica, quasi intoccabile, indifferentemente dal colore della pelle. Un esempio ci arriva proprio dalla partita dello scorso sabato, quella che ha visto il Flamengo, trionfare all’ultimo respiro sul River Plate: i tifosi brasiliani, in estasi per aver conquistato una coppa che coinvolge più nazioni (Argentina, Brasile, Uruguay, Venezuela, Paraguay, Ecuador, Cile e Perù), non si sono dimenticati di consolare gli avversari, che si sono visti sfuggire il titolo dalle mani negli ultimi cinque minuti del match.
Ecco perché guardiamo ancora con un occhio di riguardo il calcio sudamericano, anzi, forse anche con un pizzico di nostalgia per un calcio che non possediamo più e a cui torneremmo volentieri anche domani.