Poco più di ventiquattro ore dopo la vittoria casalinga del Napoli contro i pluricampioni austriaci del Salisburgo, semifinalisti della passata edizione di Europa League, sembra si possa affermare una verità: il Napoli, questo Napoli ancelottiano, gioca meglio in Europa. 

Non che in Italia giochi male, intendiamoci. Il calcio semplice, eppur eclettico, di Ancelotti è sempre stato capace di offrire spettacoli più che dignitosi. A sud delle Alpi, però, la compagine partenopea sembra non riuscire ad esprimere completamente il proprio potenziale. Colpa, forse, della preparazione tattica dei tecnici nostrani, che si dimostrano tra i migliori su piazza anche quando allenano squadre che devono lottare per salvarsi. Allenatori capaci di imbrigliare i calciatori partenopei, di occupare spazi, di coprire linee di passaggio con maggior frequenza ed efficacia di quanto accade in Europa. Mossi da quell'antico ideale di cui Gianni Brera fu splendido cantore: prima non prendere gol, poi si vedrà.

A nord delle Alpi, a quanto pare, non si ragiona così. La vetrina europea fa gola a tutti: calciatori, allenatori, direttori sportivi e presidenti. I calciatori vogliono mostrare i loro colpi, le loro potenzialità, nella speranza di essere ingaggiati da qualche top club o di poter ambire ai vertici del calcio continentale; gli allenatori vogliono mettere in evidenza i loro schemi offensivi, il pressing asfissiante o le trame di gioco, il palleggio che assopisce gli avversari o le verticalizzazioni che infiammano i tifosi; i direttori sportivi vogliono far vedere quali campioni sono stati capaci di scovare e quali incredibili plusvalenze potrebbero realizzare; i presidenti vogliono primeggiare, accaparrarsi sponsorizzazioni e pubblicità, attirare investimenti, indipendentemente dal risultato finale.

Riassumendo, possiamo dire che in Italia conta di più il risultato; in Europa, visto che i risultati li ottengono quasi sempre i soliti top clubs, è più importante giocare bene. Quindi può capitare di vedere il Salisburgo tentare un furente "gegenpressing" kloppiano all'arma bianca contro il Napoli al San Paolo. Di fronte ad un allenatore preparato e vincente come Ancelotti, questo significa tentare il suicidio. Un po' come fece il PSG di Tuchel, che al Parco dei Principi contro il Napoli schierò una formazione priva di veri mediani, di equilibratori tattici. Se non fosse stato per il sinistro delizioso di Di Maria allo scadere, i parigini avrebbero perso in casa una partita fondamentale. E che dire del Liverpool di Klopp? Venne a Napoli convinto di imporre il proprio gioco, tornò nella città dei Beatles con una sconfitta e dopo aver tirato zero volte nello specchio della porta difesa da Ospina.

Il Napoli gioca meglio in Europa perché in Europa tutti pensano prima a giocare, poi al risultato. Sia che siano una pretendente alla vittoria finale, sia che siano una squadra di un campionato minore desiderosa di farsi notare.

In Italia comanda ancora Brera. Per questo la Juve, ossia la squadra dominante di quest'epoca nel Belpaese, fa così tanta fatica in Europa. E per questo il Napoli di Sarri, negli anni passati, ha commesso l'errore per antonomasia: puntare a vincere il campionato nazionale giocando il calcio più europeo dell'ultimo decennio in Italia.