Domenica 4 Marzo, mi ero svegliato presto per essere pronto ad andare ai seggi alle 8, perché prevedevo qualche disagio per le nuove norme introdotte per espletare il proprio diritto di voto.

Avendo del tempo, in mattinata, avevo scritto un "articolo" per VxL ed ero uscito. Quando sarei tornato avrei pensato a come occupare al meglio il tempo, in attesa che arrivasse l'ora giusta per farmi venire un po' di tachicardia guardando la mia Inter, impegnata in un derby che la vedeva nettamente sfavorita.

Tornato a casa mi sono collegato con il sito di calciomercato.com per leggere le ultime notizie sul calcio in generale e sul derby in particolare. Ho letto la notizia della morte di Davide Astori senza assimilarla prontamente, quasi fosse assurda e immaginaria, irreale, aprendo un'altra pagina, inseguendo non ricordo più quale informazione, mi si è insinuato il messaggio letto prima e sono tornato indietro a controllare. Ed era proprio lì, quello che il mio inconscio non capiva o aveva assimilato controvoglia, rigurgitandolo successivamente nella mente.

Non ho scritto più nulla, da allora. Non ne avevo voglia, perché parlare di calcio aveva poco senso e parlare di quel ragazzo che se ne era andato da solo, in modo assurdo e inaspettato, nel silenzio della notte, mi sembrava inopportuno, una forzatura, per il mio carattere. Quasi un intrufolarmi nel legittimo dolore altrui. Quello della frequentazione, se non dell'amicizia e dell'amore, via via salendo tra tifosi, società, compagni, amici, famigliari.

Oggi ho letto che Cagliari e Fiorentina hanno deciso di ritirare la maglia indossata da Astori.
Questo gesto, bello in sé, per le intenzioni di chi lo fa, mi ha dato la sensazione di un sottrarre, anziché aggiungere. Un sottrarre agli altri ma anche al ragazzo.

Sembra illogico quanto penso. Magari lo è, illogico, e io non lo capisco, così ne scrivo per confrontarmi e facendolo mi spiego.
Un calciatore come Maradona (ma potrei fare anche altri nomi, comunque pochi), quando si ritira appartiene oramai alla leggenda ed è automatico che qualunque cosa si faccia, non se ne vada a scalfire quel che è impresso nell'immaginario. Nel caso invece di un ragazzo di cui si vuole onorare la professionalità, la serietà e l'essere una  persona perbene, nel contesto sportivo e umano, mi sembra quasi che l'impedire che quella maglia giri ancora per il campo, in un mondo dove quei numeri sono oramai quasi illimitati, sia il contrario di ciò che si vorrebbe. Tra qualche anno, un tifoso di oggi, che ha vissuto questo momento ed ha conosciuto questo ragazzo, rivolgendosi a suo figlio potrà dirgli che quella maglia lì, che gira per il campo, la indossava il capitano Astori e, se vuole, lo disegnerà sulla fantasia del ragazzo con le cose che ne ricorda e con i momenti, belli o difficili, che ne aveva vissuto.

Se ritiri la maglia, questo non accadrà. Col passare degli anni, chi noterà in mezzo a quei numeri strani e personalizzati in modo fantasioso dai calciatori - dal numero fortunato all'omaggio ad una ragazza, per dirne alcuni - che manca un numero? Che manca "quel" numero? Quello del capitano della Fiorentina del 2017-2018.

Atro sarebbe, per me, se quel numero, invece, fosse sempre presente in campo. Portato, magari, da un calciatore designato da un sondaggio tra i tifosi della Viola, per quello che ritengono il calciatore che nell'anno meglio si sia distinto per rendimento, serietà e attaccamento alla squadra. L'anno successivo un numero sicuramente sarebbe in campo,  quello lì. Portato sulle spalle da un calciatore che ne sentirebbe meno il peso, altrimente gravoso, perché ad aiutarlo ci sarebbero anche l'amore e la stima dei tifosi che l'avrebbero scelto nel gruppo.

Ecco, questo mi piacerebbe dire ai responsabili di Fiorentina e Cagliari: quella maglia che gira per il campo piena di vita sarebbe un vero omaggio.

Scusate se mi sono permesso: è solo un punto di vista e magari sbagliato.