L’idea di scrivere questo articolo è nata qualche tempo fa, leggendo il commento di un utente non molto diverso da questo: “tutte queste storie su potenziali acquirenti della Sampdoria sono palesemente bufale, chi mai spenderebbe 100 milioni?
La risposta è che in molti potrebbero essere interessati all’acquisto, e lo stesso vale per realtà simili a quella genovese, parlo di Atalanta, Torino e Fiorentina.

Ma che cosa ha da offrire la Samp?

In primo luogo, un blasone di discreta e importanza e una maglia molto particolare, riconoscibile anche all’estero. Questi aspetti sono però di scarsa importanza per gli investitori, passiamo infatti al bilancio in attivo, le strutture societarie a Bogliasco, un parco giocatori giovane e di valore e una piazza di media dimensione.
Rispetto ai big club il prezzo è nettamente inferiore, ma lo è anche la mole di aspettative e la conseguente pressione. Questo consente di fare “affari” con calma e senza innervosire l’ambiente ed è a mio parere il vero elemento differenziale.

Con “fare affari” intendo sfruttare la grande bolla speculativa che coinvolge il calcio di oggi.
Nel 2013 Icardi venne venduto a 13 milioni di euro dopo 31 presenze e 10 goal in Serie A. Di certo non si tratta della migliore operazione della dirigenza doriana ma serve a far capire come siano cambiate le cose dopo soltanto 5 anni. Schick (32 presenze e 11 goal) è stato venduto a 42 milioni, mentre i cugini vendono Piatek (19 presenze e 13 goal) a una cifra non molto lontana. Questi ultimi due sono stati acquistati per 4 milioni meno di un anno prima della loro cessione. Un discorso simile può essere fatto per Skriniar, pagato 6, o Andersen, pagato 1,5, con una valutazione attuale che va per i 30 milioni.

Il punto della questione è che la cosiddetta “bolla” non ha ancora investito i campionati minori. Un buon osservatore può facilmente scovare validi talenti nel Nord o nell’Est Europa e portarli a casa per pochi milioni. Una volta inseriti in un contesto funzionante e senza la pressione del risultato ad ogni costo, questi ragazzi moltiplicano il loro valore. Anche senza prestazioni particolarmente impattanti, il prezzo cresce solo per il fatto di essere sotto i riflettori della serie A (Linetty, ad esempio, è stato pagato 3 milioni e secondo Transfermark ne vale 15 al momento). È vero che un flop prima o puoi può capitare, ma il basso prezzo di acquisto rende il rischio trascurabile. Come già detto prima la tranquillità dell’ambiente è un elemento fondamentale per questo “modello plusvalenze”.
La Roma ha deciso di adottarlo, ma la piazza è troppo grande e le aspettative troppo pesanti per poter funzionare in modo efficace. A Genova vendere i big comporta qualche mugugno, mai vere contestazioni. Tanto la differenza tra un ottavo o un decimo posto è nulla.

Il calcio è sempre meno romantico e sempre più business, questo lo ripetono tutti. Proprio per questo la possibilità di nuovi proprietari non mi fa particolarmente sognare. Ammetto di provare il fascino del nuovo, ma per quanto un acquirente possa essere ricco non investirà mai più di quanto possa ricavare. Non andrà mai oltre al “modello della plusvalenza” a cui ci ha abituato quella volpe di Ferrero.

Gli sceicchi investono dove il ritorno economico è maggiore, vedi PSG o in premier, e gli spendaccioni come Moratti purtroppo non esistono più.
L’unico caso fuori dal coro è il Liepzig. In questo caso si tratta però di un brand aziendale che ha letteralmente divorato l'anima del club a suon di milioni. Mi chiedo sinceramente cosa sia meglio tra questo e l'anonimato.