Ho riflettuto tanto sul da farsi. Non raccontare i sentimenti? Tenere per sé stessi le situazioni famigliari? Ho sempre pensato che fosse giusto, ma questa volta il mio cuore parla in modo diverso. Non posso permettermi di tacere fingendo che nulla sia accaduto. Lo devo anche al mio animo. Se scrivo in questa Community è solo ed esclusivamente perché Lui mi ha trasmesso una follemente sana passione per il calcio. Nessuno che mi è vicino ama il pallone come lo adorava il Nonno. Considerava la Juve come qualcosa di straordinario e pure io la tiferò ancora più orgogliosamente non dimenticando, però, quella sorta di “distacco professionale” che certamente non rappresentava il suo punto di forza. Era un tifoso di quelli che non si perdevano nemmeno una partita in televisione e voleva bene al lato puro dello sport più bello del mondo. Avevamo visioni tecnico-tattiche molto diverse ed era praticamente impossibile convincerlo della sensatezza delle mie idee. Esistono, però, vedute corrette o errate? Non credo proprio. “La gente arriva a credere non sulla base di prove, ma in base a quello che trova attraente”. Così parlava il grande filosofo francese Blaise Pascal. E’ assolutamente vero. L’oggettività è una falsa creazione della mente umana che la natura ripudia fortemente alla stregua delle certezze. Tutto ciò che è sicuro è illusorio perché ogni situazione della vita è appesa a un filo pronto a spezzarsi al primo alito che il vento muove. Solo la fede, per chi la possiede, è materia intoccabile in quanto parte di una sfera trascendente che non vive secondo le leggi terrene. E’ difficile trovare altre parole senza cadere nel retorico quindi mi fermo anche perché il mio prologo voleva essere un semplice e banale ringraziamento.

La passione che nutriva per la Vecchia Signora e gli eventi che questa sta attraversando mi spingono fortemente a trattare del tema. E’ strano che sia volato in cielo proprio sabato scorso, un giorno così importante per la nostra Juve. Via Sarri, benvenuto Pirlo. E’ la scelta giusta? Ai posteri l’ardua sentenza. Socrate affermava: “So di non sapere”. E’ una grande verità. Quando l’uomo ha compreso la precarietà delle sue conoscenze, ha acquisito la più immensa saggezza. Allo stato dell’arte non posso sostenere che l’avvicendamento sia corretto, ma non sono nemmeno in grado di gridare il contrario. Mi sento, però, di urlare a gran voce ciò che andrò a scrivere e che vuole essere un messaggio diretto ai tifosi dei Campioni d’Italia. Fidatevi della società! Agnelli, Paratici e Nedved non hanno mai deluso e pure un semplice sussurro dell’ipotesi contraria sarebbe piuttosto particolare. In 10 anni di presidenza, il rampollo dell’importante Casata Torinese ha conquistato 9 Scudetti, 4 Coppa Italia e altrettante Supercoppe Italiane. Non è finita perché i bianconeri hanno centrato anche 2 finali di Champions. Qualcuno riterrà che il valore delle avversarie non fosse propriamente micidiale e ha regione. Occorre, però, considerare che, se la detta ipotesi è corretta, i piemontesi sono riusciti a distinguersi da una mediocrità generale. I numeri parlano di un palese dominio sabaudo che sicuramente non può essere frutto del caso o della buona sorte. Il margine e il distacco sulle rivali sono troppo elevati. Non ci si può dimenticare, poi, della condizione in cui Andrea raccolse la sua eredità sportiva. Le macerie di Calciopoli erano protagoniste di un quadro agghiacciante e nessuno riusciva né a ripulirle, né a ricostruire il puzzle. I sabaudi giungevano da una stagione nefasta che seguì la promozione in serie A e qualche annata vissuta in chiaroscuro con Ranieri al timone. La prima esperienza del nuovo corso non fu positiva, ma servì a gettare le basi per il futuro. Il giovane patron, infatti, generò quella struttura dirigenziale in grado di originare un domani assolutamente glorioso. Insieme all’attuale Chief Football Officer, giunse Marotta che per anni rappresentò egregiamente il mondo bianconero. Così l’Araba Fenice risorse dalle sue ceneri. Dove regnavano tristezza e angoscia tornò a brillare la luce più luminosa. Per riuscire in tale passaggio fu necessario ripristinare antiche certezze e concedere la Vecchia Signora a chi ne era sempre stato proprietario: un Agnelli. Andrea era cresciuto a “pane e Juve”. Lui sapeva come riunire i pezzi per ricreare un’invincibile armata. Così è stato. Come non dare credito a una simile guida?

TANTI SALUTI MISTER SARRI

Inizierei con un “grazie”. In una sua omelia del 2016, Papa Francesco affermò: “spesso diamo tutto per scontato”. Non esiste realtà più grande. Vincere lo Scudetto non può essere considerato alla stregua di una prassi certa. Per trionfare serve sconfiggere gli avversari. Nessuno si scansa. Superare un rivale significa fatica, lavoro, abnegazione e soprattutto capacità migliori rispetto a quelle degli altri. Onore al merito. Sarri ha conquistato il titolo di Campione d’Italia e verso di Lui serve la massima gratitudine. Bonucci è nel vero quando ritiene che l’obiettivo principale delle Vecchia Signora fosse la conquista della serie A. All’inizio della stagione in tanti vedevano l’Inter come favorita. Conte era appena sbarcato a Milano con l’etichetta dell’imbattile dentro i confini del Belpaese. Il Demiurgo pareva pronto a distruggere l’opera del suo ingegno. Se ciò non è avvenuto, buona parte del merito è del mister toscano che ha dovuto superare ostacoli importanti. In troppi, infatti, non considerano la polmonite che colpì il figlinese proprio durante il periodo finale della scorsa preparazione estiva. In quel momento, Maurizio aveva l’arduo compito di imprimere il suo credo nelle menti dei nuovi discepoli. Doveva inzuppare la loro psiche nei suoi complessi diktat come la mattina si inserisce il biscotto nel latte. Ammorbidire il cuore di certi campioni non è assolutamente semplice. Non si può dimenticare infatti che, quando si raggiungono determinati livelli, si ha la pur corretta presunzione di non dover dimostrare più nulla e anche la forte conoscenza delle proprie capacità. Diventa difficile, se non impossibile, snaturarsi. Il riferimento è chiaramente a uomini come Cristiano Ronaldo, Pjanic, Khedira, Matuidi e Bonucci. Si tratta di pilastri dello spogliatoio. Vantano un curriculum pazzesco e non è semplice estraniarli dal loro habitat. Le varie settimane in cui il toscano è rimasto distante dalla sua creatura non lo possono aver agevolato. E’ vero che i suoi collaboratori conducevano la nave, ma l’assenza del capitano è sempre fondamentale. Come se non bastasse, è giunto il lockdown provocato dal covid-19. E’ piombato in Europa proprio nel mese di marzo. Si tratta della fase calda della stagione, la più complessa. Il pallone si è modificato radicalmente: diversa reazione psicologica di ogni giocatore agli eventi, condizione approssimativa di salute o fisica, stadi senza pubblico. Il calcio degli ultimi mesi non può essere paragonato a quello del passato. Nonostante questi devastanti inconvenienti, Sarri ha conquistato il titolo principale d’Italia, ha raggiunto la finale della Coppa Nazionale ed è stato sconfitto agli ottavi di Champions. Sarò tra i pochi, ma credo che l’addio della Vecchia Signora alla massima competizione per club sia immeritato. In effetti, a Lione, la Juventus ha disputato un pessimo match, ma il coronavirus stava già dilaniando lo Stivale mentre doveva ancora attaccare con la sua terribile ferocia il resto del Vecchio Continente. Non si tratta di un dettaglio e non è un fatto da sottovalutare. Basti pensare al calendario bianconero che già pativa modifiche e rinvii senza un domani sicuro, mentre in Francia ancora si respirava un’aria più tranquilla con la speranza poi disattesa di evitare i danni nostrani. Tali eventi influiscono in maniera determinante sulla mente dei giocatori e degli addetti ai lavori. La sfida di Torino, invece, è stata dominata dai bianconeri. E’ vero, il ritmo era blando. Non si può, però, chiedere a una compagine di viaggiare continuamente ai 300 all’ora. La Vecchia Signora ha tenuto il pallino del gioco con la giusta mentalità europea e le occasioni sono fioccate: Bernardeschi, Bonucci, Higuain, CR7… E’ mancato quel sigillo che avrebbe concretizzato il passaggio del turno e, forse, si sarebbe parlato di “miracolo” e di “grande prestazione”. La gara, poi, è stata macchiata da sviste arbitrali molto palesi e che non voglio utilizzare alla stregua di alibi.

PERCHE’ CACCIARE SARRI E SCEGLIERE PIRLO?

La domanda mi pare lecita e la risposta piuttosto semplice. Ammetto candidamente che mi sono sbagliato. Ho sempre sostenuto che Sarri non sarebbe stato cacciato e ho “preso un bel granchio”. Non consideravo, infatti, i problemi di spogliatoio. Sono del parere che a esonerare Maurizio sia stato il gruppo. Il Bianconero.com ha riportato qualche “battuta di spirito” un tantino infelice che il mister si sarebbe lasciato sfuggire. A titolo puramente esemplificativo, si pensi al momento in cui, dopo un brutto primo tempo di una sfida di precampionato contro il Tottenham, il toscano avrebbe affermato: “Non so come ho fatto a perdere 2 Scudetti contro di voi”. E’ chiaro che non può trattarsi di una situazione particolarmente grave, ma risulta piuttosto esplicativa. La medesima fonte rimarca come Ronaldo non fosse avvezzo al gioco a due tocchi ma, onde evitare problemi al gruppo, non vi si opponesse. Se un tecnico non trova la complicità della sua squadra, diventa impossibile proseguire e il distacco è l’unica soluzione. Il figlinese ha un carattere particolare, ma questo non è rilevante. Il suo stile comunicativo, contestato dai tanti, può anche adattarsi alla Vecchia Signora. Sono agli antipodi, ma si dice che gli opposti si attraggano. Il Sarrismo ha un taglio del tutto particolare che risulta accattivante per un top club. Non si deve dimenticare, infatti, l’importanza dell’immagine e quella del Comandante è distinguibile tra un milione. Per una società prestigiosa questo risulta spesso un vantaggio. Maurizio avrebbe potuto, con il tempo e i risultati che penso sarebbero giunti anche in Europa, creare una sua “rivoluzione” e originare un sentimento bianconero riconoscibile in tutto il mondo alla stregua del “tremendismo contiano” o del “Cholismo”. Il gruppo, però, pare aver avuto una crisi di rigetto nei confronti di tale soluzione e così è stato scelto Pirlo. Il bresciano ha una personalità mediatica completamente differente e all’apparenza più introversa. L’aplomb del novo condottiero sembra molto più britannica rispetto a quello del predecessore. Potrebbe pure stupirmi, ma non riesco a immaginarmi il lombardo con il mozzicone di sigaretta tra le labbra o le espressioni gergali tipiche del toscano. E’ un ritorno al classico “Stile Juventus?” Penso di sì. Per Andrea, però, non sarà sicuramente semplice gestire lo spogliatoio. E’ stato uno dei migliori calciatori della storia e il suo curriculum è indiscutibile, ma è alla prima esperienza da allenatore e ha 41 anni. E’ più giovane di Buffon che sarà suo giocatore. Dirigerà molti ex compagni. Qualcuno gli ha già domandato se dovrà chiamarlo “Mister”. E’ chiaro che si tratta di professionisti e simile problematiche non si paleseranno ma, se non dovesse sorgere la corretta alchimia, il rischio di anarchia è parecchio concreto. Se mai nascerà qualche dilemma, la società dovrà essere lesta nel limitare subito i danni tutelando il suo allenatore con ferocia oppure esonerandolo. Dal canto suo, Pirlo dovrà agire come Guardiola, Zidane o Conte imponendosi tramite convinzione, chiarezza e successi. Credo che Sarri e il successore si somiglino maggiormente dal punto di vista del gioco. Dal 4-3-3 al possesso palla, entrambi amano la qualità e il predominio territoriale. Il modulo risulta pura forma senza sostanza, ma i concetti tattici potrebbero essere piuttosto vicini anche alla luce di una continuità da ricercare magari con maggiore libertà agli interpreti e una differente gestione del gruppo che è costata cara a Maurizio.