Sto per rientrare a casa, ormai è tardi. 
Prima di decidermi di entrare, ho camminato a lungo da solo nella notte, dove nessuno poteva vedermi. 
Abbiamo perso la finale e io ho anche sbagliato il rigore decisivo, e non me lo perdono. 

So già che a casa nonostante l’ora, oltre a mia moglie ci saranno anche i miei genitori con mia mamma che starà piangendo e mio padre che mi aspetta per una pacca sulle spalle. Ma non ho voglia, vorrei scomparire, e starmene da solo, ma non posso e quindi mi decido a rincasare. Entro dalla porta e come immaginavo la luce nel soggiorno è ancora accesa, e le parole si placano nel momento in cui entro in casa. Getto la borsa per terra e prima di affrontare l’inevitabile, consolazione famigliare, entro nella cameretta dei miei due bimbi, che dormono tranquilli e ignari di tutto, beati loro. Torno in soggiorno, mia moglie mi viene incontro e mi abbraccia calorosamente senza dire una parola, lo so che per come è fatta lei vorrebbe dirmi tante cose per alleviare il momento, ma mi conosce e si sforza a rispettare i miei tempi, e le sono grata per questo. Mia mamma con gli occhi rossi mi guarda e mi dice subito “ non ti preoccupare, è capitato a tutti io ti voglio bene” come se l’affetto di un genitore potesse cambiare per un rigore sbagliato.
Mio papà, mi guarda da seduto sulla poltrona e spegne la tv, dove qualcuno stava commentando la partita e sentenzia con un oxfordiano “questi non capiscono un cazzo di calcio”, significava che stavano parlando male di me in tv. 
Sprofondo sul divano, e pur apprezzando la loro gentilezza nel tentare di alleviare il momento, ciò che desidero di più in questo momento è di essere lasciato da solo. Quasi capendo con il pensiero questo mio stato d’animo, i miei mi salutano e se ne tornano a casa, e mia moglie mi dà un bacio sulla fronte e mi dice: ”ti aspetto a letto”.

Quando ci siamo salutati col Mister e gli altri compagni, non volava una mosca, la rabbia e la delusione erano enormi, ma solo gli sguardi e i gesti tra di noi facevano trasparire il rispetto reciproco tra chi aveva comunque dato tutto in campo, e nessuno ce l’aveva con qualcun altro, perché chi gioca chi fa parte di una squadra, sa quando si è dato tutto, al di là degli errori. 

Ma ora, nel buio del mio salotto, non riesco proprio a darmi pace e a perdonarmi.
Come ho fatto a sbagliare quel rigore? È una cosa normale e che è capitata ai più grandi, ma mentre mi ripeto questo, nel tentativo di sentirmi meno in colpa, si insinua dentro di me la certezza che non me lo toglierò mai più di dosso. A questi livelli certi errori pesano tanto, e oggigiorno ci sono quelli che non te lo faranno mai più dimenticare, ci sono i social e i leoni da tastiera.
So che prima o poi dovrò affrontare anche questa realtà. Si staranno già scatenando con furiosi insulti a me e alla mia famiglia e con minacce. Ma prima devo trovare la forza domani mattina per stamparmi un sorriso per i miei bambini, perché loro non c’entrano niente e meritano comunque un papà presente.
Mi chiederanno come è andata: “papà hai vinto?”, “ papà hai segnato?” ma poi per quanto mi possa sforzare a glissare l’argomento, a scuola troveranno chi li prenderà in giro. Dovrò trovare il modo per metterli in guardia, per quanto possibile, ma sappiamo quanto anche i bambini sanno essere spietati e senza filtri. 

Sei famoso, sei ricco e di conseguenza non hai e non puoi avere sentimenti, devi accettare tutto e stare zitto. In parte è vero, la nostra posizione di “privilegiati” è anche questa, accettare le critiche è giusto e fa parte del gioco, ma pretendere che noi non possiamo avere sentimenti, non possiamo stare male, e dobbiamo accettare gli insulti alla nostra famiglia non è così.
Dovrò prima o poi confrontarmi con la realtà, dovrò aprire i social e fare i conti con lo schifo che ci sarà scritto, ma è così, la nostra realtà è questa, viviamo in questa dimensione e nel bene e nel male dobbiamo farci i conti.
Ciò che più mi fa male non sono le critiche tecniche, ci mancherebbe altro, c’è sempre da imparare soprattutto quando vengono da professionisti, ma vedo spesso che anche in tv ci sono dei cosiddetti “opinionisti”, che accecati da frustazione o tifo parlano spesso a sproposito e soprattutto lo fanno a livello personale mettendo in piazza cose anche personali di cui proprio non ne sanno niente, e se ti permetti di ribattere fai anche la figura del viziatello arrogante.
Ma che ne sanno loro di quanto ci sto male io? Che ne sanno loro di quanta fatica mi è costato arrivare qua, quanti amici ho perso perché non avevo una vita normale come la loro? Quanto sono stato costretto a stare lontano dalla mia famiglia da quando ero solo un ragazzino e avevo ancora bisogno della mamma? Di quanto sono stato sul campo di allenamento a provare e a riprovare cose con il sangue alle ginocchia? E adesso in giacca e cravatta seduto su una poltrona c’è un tizio che dice che non mi sono impegnato abbastanza, che ho calciato il rigore con sufficienza. Sufficienza??? Non tiro con sufficienza nemmeno un rigore in amichevole o durante un allenamento, figuriamoci.
Poi si scatenano gli allenatori e maestri di vita via social. Quelli che hanno una teoria per ogni movimento in campo che ho fatto, se mi sono mosso bene o male, se ero adatto a quel modulo, e soprattutto, cosa avrei dovuto farse per giocare meglio. E pensare che nemmeno io mio mister riesce a mettere insieme così tante teorie. 
Quelli che mi invitano a cambiare mestiere, che sono scarso, mediocre, che non mi impegno abbastanza. 
Io sono sempre quel ragazzino che giocava nel campetto dell’oratorio, che è andato via da casa presto, troppo presto, con un sogno nel borsone, ed è arrivato fino a qua con tanti sacrifici e tanta passione. Non sono un robot, anche se guadagno bene, rimango un essere umano, con dei sentimenti, con una famiglia, e stasera sto male, sono distrutto, ma domani dovrò trovare la forza di tornare in campo ad allenarmi, per migliorare sempre.

La passione del tifoso è un’arma incredibile, ma che bisogna sapere maneggiare.
Può diventare un boomerang, prima ti esalta, poi ti seppellisce con una tonnellata di odio e cattiveria che spesso punta sul personale.
Non è sempre così facile fare il calciatore. I soldi sembrano giustificare sempre tutto ma non è così. I sentimenti, la sensibilità non si comprano, le offese, le pretese fuori del comune, non è da tutti riuscire a sopportare tutto questo.
Perché a me del resto interessa solo il pallone, giocare a calcio come ai tempi della periferia, dare tutto me stesso, incazzarmi con me per primo quando le cose non vanno bene... ma voi non mi conoscete e certe dichiarazioni fanno soltanto male.