L’avvio della fase ad eliminazione diretta conduce i tifosi nel momento più atteso ed emozionante della Champions League. E’ il momento dei sogni e dell’orgoglio, ma anche del timore di quel brusco risveglio troppe volte capitato in questi anni. Il massimo torneo continentale rappresenta un bellissimo viaggio, da vivere una tappa per volta cogliendo ogni emozione. Fatico, come sembra invece purtroppo fare la stragrande maggioranza dei tifosi juventini in questi ultimi anni, a viverlo come un’ossessione. Un giorno arriverà, forse, in attesa di quel momento godiamoci il viaggio. Abituato da qualche anno a girare l’Europa, inseguendo insieme alla Juventus questa bellissima e crudele coppa che pare divertirsi ogni volta a sfuggire quando sembra più vicina, mi ritrovo costretto, mio malgrado, a casa davanti al televisore invece che sugli spalti del  “Do Dragao”. La compagnia è la migliore possibile, ma rimane una punta di rammarico. Tra i tanti disagi portati dalla pandemia, sono costretto ad aggiungere anche questo. Si tratta senza dubbio di quello meno grave, anche se mai come in questa stagione il sorteggio pare essersi divertito a tormentare il tifoso bianconero costretto a casa. Kiev, Budapest, Barcellona ed ora Oporto, cattiveria pura... 

Il solito tonfo del Barcellona, a suo modo diventato ormai un classico della manifestazione, questa volta al “Camp Nou” contro il Paris Saint Germain di Mbappe, e la facile vittoria del Liverpool contro il Lipsia, hanno aperto nella serata di martedì l’andata di questi ottavi di finale. Tocca subito alla Juventus, impegnata in un doppio confronto con il Porto che non può non vedere favorita la squadra bianconera.
Gli infortuni di Cuadrado e, all’ultimo momento, anche di Bonucci, rendono obbligate le scelte di Pirlo per il reparto difensivo da schierare davanti a Szczesny. Al centro giocheranno De Ligt e Chiellini, chiamato a riscattare l’ingenuità costata alla Juventus la sconfitta di Napoli. Sulle fasce i due terzini brasiliani Danilo e Alex Sandro. In mezzo al campo, ancora assente Arthur, conferma per Bentancur e Rabiot, supportati da Chiesa sulla fascia destra e da McKennie sulla sinistra. Come al solito l'americano avrà il compito di accentrarsi a ridosso delle punte in fase di possesso palla. L'attacco composto da Kulusevski e Cristiano Ronaldo completa l'undici bianconero. L’esclusione di Morata, non al meglio, priva la Juventus dell’unico elemento capace di proporsi come riferimento verticale per la manovra. Torna a disposizione Ramsey e finalmente compare almeno nella distinta di gara anche Dybala. Assente da circa un mese, l'argentino potrebbe essere l'uomo in più in questa seconda e decisiva parte della stagione. Da lui ci si attendono quelle giocate capaci di illuminare una manovra offensiva che troppo spesso fatica più del dovuto a trovare la via della rete.

Il Porto di Sergio Conceicao, che ha chiuso il proprio girone comodamente al secondo posto, alle spalle del Manchester City e davanti a Olympiacos e Marsiglia, risponde con un classico 442. Davanti alla porta difesa da Marchesin, una linea di quattro formata da Pepe e Mbemba  centrali e Manafa e Sanusi terzini. Il messicano Corona all’ala destra, Uribe e Sergio Oliveira al centro e Otavio largo a sinistra, compongono il centrocampo dei portoghesi. Davanti la coppia Mehdi Taremi e Marega. 
Porto nella tradizionale divisa bianca e blu, Juventus in arancione. Tira vento mentre all’interno del “Do Dragao” deserto suona l’inno della competizione. Amata e odiata dalle varie tifoserie europee, è una musica ormai conosciutissima che accompagna l’ingresso in campo delle squadre da  quasi trent'anni. Se ne potrebbe fare a meno ma niente a che vedere con l’inascoltabile inno della Lega serie A.

Il disastro che inseguiamo con particolare insistenza da inizio stagione si concretizza finalmente al primo minuto di gioco. Chiellini alleggerisce su Szczesny che, invece di allargare su Danilo, preferisce servire Bentancur davanti alla sua area. L’uruguagio pressato non sa cosa fare e scarica di nuovo sul portiere polacco, non accorgendosi inspiegabilmente della presenza di Mehdi Taremi nei pressi della porta. Viene fuori un tocco lento sul quale l’attaccante del Porto si avventa rapido, vince il contrasto con Szczesny portando in vantaggio i padroni di casa. La partita neppure è cominciata e già siamo sotto. Viene voglia di alzarsi e di andare via. Subiamo gol in una situazione di gioco che, da inizio stagione, propone criticità evidenti, in particolare in assenza di Arthur, l’unico elemento in rosa capace di offrire una gestione prolungata del pallone anche sotto pressione. L’errore più grave in questa circostanza lo commette Bentancur. Non è la prima volta che l’uruguaiano evidenzia particolari difficoltà in questo tipo di situazione. Resta incomprensibile il motivo per cui gli si continui a chiedere giocate che evidentemente non appartengono al suo repertorio. La Juventus, così com’è schierata in questa trasferta in terra portoghese, è una squadra che dovrebbe ricercare una manovra più semplice, allargando il gioco sulle fasce e costruendo l’azione per proporre sovrapposizioni tra terzini e ali. L’intestardirsi dell’allenatore nel voler fare a tutti i costi quello che sogna la notte e non quello che, guardando il campo, sarebbe più logico, produce disastri come quello che si è consumato al primo minuto di gioco.

L’improvviso svantaggio stordisce la Juve. Vanno in scena almeno venti minuti di calcio imbarazzante. La manovra è lenta e goffa, i giocatori si scontrano tra loro, i passaggi anche più semplici sono fuori misura. Chiellini maltratta tre o quattro palloni in impostazione. Come al solito, la Juventus si muove sulle solite rotazioni in fase di transizione che producono nient’altro che un intasamento al centro del campo. La regia regala parecchie inquadrature di Pirlo. L’espressione è quella di un allenatore in difficoltà. Chiede più velocità nella trasmissione della palla e cambi di gioco più rapidi sugli esterni. Non interviene sulla struttura tattica, evidentemente non idonea alla partita (e alla squadra a disposizione), semplicemente chiede di fare meglio quello che vuole lui. Non è sufficiente. In telecronaca, il bravo Marocchi, in maniera educata, quasi velata, inizia a muovere qualche critica a questi complicati meccanismi di gioco.

Il Porto, schierato in fase di non possesso su due linee di quattro, non sembra particolarmente colpito dalle rotazioni proposte dal “calcio liquido” di Pirlo. I portoghesi giocano la partita sfruttando le criticità che la Juventus si porta dietro da inizio stagione e che, evidentemente, sono note a tutti tranne che al nostro allenatore. L’ha preparata in maniera perfetta Conceicao. Il Porto sale in pressing quando la Juventus imposta l’azione da dietro e chiude gli spazi compattandosi al centro del campo, nella zona dove, come sempre, andiamo a concludere la nostra manovra in un imbuto. Bastano questi due accorgimenti per disinnescare le idee di Pirlo e rendersi pericolosi. Come spesso accade, in impostazione l’unico elemento cui viene lasciata una discreta  libertà di giocare il pallone è Chiellini. Il capitano si produce in una serie di aperture e passaggi in profondità, di sinistro e di destro, tutti nel vuoto. 

Al ventesimo minuto di gioco, la Juventus tenta di concedere il bis. Questa volta fa tutto Szczesny. Su un retropassaggio di Alex Sandro, il portiere polacco serve Sergio Oliveira al limite dell’area. Il tiro del centrocampista portoghese viene, per fortuna della squadra bianconera, deviato in angolo dall’intervento di De Ligt. Il difensore olandese si incazza e scuote la testa. Szczesny la prende a ridere. Ormai siamo al ridicolo. Bonucci, come al solito in piedi, osserva preoccupato quello che accade in campo. La Juventus riesce nell’impresa di rendere inutilmente complicati anche i pochi calci d’angolo a disposizione, elaborando schemi complessi invece di calciare il pallone in mezzo all’area. Pirlo, di cui la regia continua a regalare impietose inquadrature, ha sempre quell’espressione che lascia credere al tifoso bianconero davanti alla tv di essere uno che non sembra rendersi conto di quello che sta accadendo. Probabilmente nella sua testa continua ad andare in scena il calcio dei suoi sogni. 
La partita di Chiellini finisce poco dopo la mezz’ora a causa di un risentimento muscolare. I palloni, fino a quel momento maltrattati dai piedi duri e ruvidi del capitano juventino, tirano un sospiro di sollievo. Al suo posto entra Demiral.
Per tutto il primo tempo la Juventus non produce altro che una sterile e faticosa trama di passaggi che il Porto contiene e rispedisce indietro senza particolare affanno. Kulusevski arretra troppo spesso nel tentativo di trovare qualche pallone giocabile. Ronaldo si tiene largo sulla sinistra, ai margini della partita. La linea di cinque attaccanti voluta dai sogni tattici di Pirlo, si infrange inesorabilmente contro l’attenta fase difensiva dei portoghesi. Manca un riferimento centrale cui appoggiarsi direttamente senza perdersi in inutili e complesse trame di passaggi. Non arriviamo mai a concludere verso la porta di Marchesin. Nemmeno si capisce in quale modo potremmo riuscire a renderci pericolosi.
Il fischio dell’arbitro spagnolo Del Cerro Grande, che chiude il primo tempo, arriva quasi come una liberazione per i tifosi bianconeri, costretti ad assistere a 45 minuti di straziante impotenza. Le varie chat di whatsapp, che come al solito accompagnano l’intervallo, rilanciano diversi messaggi, tutti dello stesso tenore. Dominano sconcerto e frustrazione. La maggior parte dei commenti non sono riferibili. Il riassunto di tutto però è la presa d’atto che siamo una squadra che fatica a segnare.

L’attesa per l’ingresso immediato di Morata ad inizio secondo tempo rimane delusa. Pirlo continua a dare fiducia alla formazione che ha concluso il primo tempo. E sbaglia. Dopo nemmeno un minuto il Porto trova il raddoppio. Lo scambio sulla destra iniziato da Manafa e Uribe e rifinito da un tocco di prima di Corona, disorienta la fase difensiva della Juventus, permettendo al terzino di affondare sulla destra. Circondato da maglie arancioni, che però si limitano ad osservare lo sviluppo degli eventi, Manafa trova un passaggio comodo al centro dell’area per Marega che solo davanti a Szczesny ha il tempo di controllare e battere a rete. In due contro sette, i giocatori del Porto hanno potuto segnare in completa tranquillità. Un gol difficile da commentare. Diverso per la dinamica ma incomprensibile quasi come quello segnato da Barella a San Siro in campionato. La voglia di alzarsi ed andarsene torna ad assalire lo sconfortato tifoso bianconero davanti alla tv. Il gol appena subìto colpisce ancora i bianconeri nel morale. La squadra perde le distanze. Il Porto ha subito l’occasione di trovare il terzo gol con Sergio Oliveira che prende palla a centrocampo e, praticamente in una prateria, cavalca indisturbato fino al limite dell’area per poi calciare addosso a Szczesny una buona opportunità. La Juventus continua nella sua partita orribile. Rumina un calcio inutile, privo di soluzioni, facilmente arginato dall’attenta retroguardia portoghese. 
Il primo cambio è di Conceicao che sostituisce Otavio, mandando in campo al suo posto Luis Diaz. Cambio di uomini ma che non porta particolari variazioni a livello tattico. Pirlo attende il sessantesimo inoltrato prima di inserire Morata. Lo spagnolo prende il posto di McKennie, che attraversa il primo vero periodo di appannamento da quando è a Torino. Tanto impegno, tanta corsa ma poca lucidità ed energia. La sua partita è caratterizzata da una grande quantità di sponde sbagliate e tocchi di prima intenzione fuori misura.  La Juventus si dispone adesso in campo con un più semplice 442, Chiesa passa a sinistra e Kulusevski prende il suo posto sulla fascia destra. I bianconeri alzano un minimo il baricentro e cercano di sfruttare maggiormente le corsie esterne. Arrivano i primi tiri in porta. Due tentativi dalla distanza di Bentancur e Danilo che terminano alti senza spaventare Marchesin. Sergio Conceicao rinforza il centrocampo inserendo Grujic al posto di Marega.
A venti minuti dal termine il portiere argentino del Porto è chiamato da un tiro di Chiesa, deviato da Pepe, alla prima parata della sua partita. Niente di particolarmente impegnativo. I padroni di casa rispondono immediatamente al tentativo di Chiesa con una discesa palla al piede in campo aperto di Grujic. L’azione viene conclusa ancora da Sergio Oliveira con un altro tiro centrale. Il Porto corre meglio e soprattutto corre di più. I nostri avversari sembrano anche più forti nei contrasti. Siamo lenti. Sembriamo pesanti. Una situazione che si ripete da troppi anni, nonostante si siano alternati tre allenatori e altrettanti staff di preparatori. Una situazione ormai talmente nota che non può essere giustificata soltanto dal calendario compresso a causa delle conseguenze della pandemia. Resta forte la sensazione di giocatori appesantiti da un lavoro muscolare che ne accresce la struttura fisica togliendo loro brillantezza, agilità e velocità. Tornano spesso alla mente quelle frasi pronunciate, in tempi differenti, prima da Evra e poi da Dani Alves sui metodi di allenamento alla Juventus. Giocatori di infinita esperienza che non avevano mai provato, prima del trasferimento in bianconero, sistemi tanto duri. E’ andato via Allegri, è stato sostituito Sarri, ci libereremo spero presto di Pirlo ma, con qualsiasi allenatore, la costante di ogni stagione è che la squadra non corre e i periodi di brillantezza fisica sono troppo pochi e troppo brevi.

L’ultima sostituzione di Pirlo vede l’ingresso di Ramsey al posto di Kulusevski, autore, come quasi tutti, di una prestazione non all’altezza. Lo svedese è un centrocampista. Non è una punta, non è un’ala destra. Quelli sono ruoli che poteva ricoprire al Parma, in una squadra che faceva delle ripartenze in velocità la sua forza. Nella Juventus quegli spazi non ci sono. Insistere nello schierare Kulusevski in quelle posizioni, significa compromettere, in maniera forse irrimediabile il suo sviluppo. Va impiegato da mezz’ala in un centrocampo a tre, dove, con la sua forza fisica e la sua progressione, può trovare quegli spazi che gli servono per sfruttare al meglio le sue doti. E’ un talento prezioso che abbiamo avuto la bravura di cogliere prima di chiunque altro, cerchiamo di non rovinarlo. 

La partita continua a scorrere sui binari più favorevoli al Porto. Non si capisce come la Juventus potrebbe trovare la via della rete. Dopo il ritorno con l’Inter in coppa Italia e la gara di Napoli, la terza partita consecutiva senza reti all’attivo sembra una spettro molto reale. Il gol invece arriva. Una fiammata quasi inaspettata quando ormai è trascorso l’ottantesimo minuto di gioco. Rabiot si lancia sulla sinistra per ricevere la verticalizzazione di Alex Sandro e quasi dal fondo lascia partire un cross rasoterra che taglia l’area di rigore. Sul pallone si avventa Chiesa, bravo nel taglio dalla fascia destra fin dentro l’area. Il destro di prima intenzione dell’esterno incrocia il pallone sul palo lontano mettendo fuori causa Marchesin. Dopo tre anni un giocatore della Juventus diverso da Ronaldo, torna a segnare in una partita di Champions League nella fase ad eliminazione diretta. E’ il gol che risolleva in parte una gara molto negativa per la Juventus e cambia la prospettiva della sfida di ritorno a Torino.
L’ultimo sussulto della gara arriva proprio allo scadere dei quattro minuti di recupero concessi dall’arbitro. De Ligt da centrocampo lancia un pallone in area verso Ronaldo. Il portoghese controlla in piena area, recupera l’equilibrio ma su di lui frana Mbemba con un intervento quanto meno imprudente. L’arbitro fa cenno di proseguire. Il Var, nonostante il replay sembri evidenziare una situazione quanto meno molto dubbia, non richiama al monitor il direttore di gara.

La partita si conclude quindi sul 2-1 per il Porto, tra le proteste di Ronaldo che non riesce a credere alla decisione di Del Cerro Grande di non concedergli il rigore. Protestano anche De Ligt e Demiral ma ormai la partita è conclusa. Una partita iniziata nel modo peggiore possibile, regalando un gol, e proseguita in maniera incerta, con una manovra lenta, facilmente arginata dagli avversari e con un allenatore che non è stato in grado di trovare dei correttivi a gara in corso. Il gol di Chiesa rende la partita di ritorno a Torino meno ardua ma sarà necessaria un’altra Juventus per rimontare il risultato.

Rimane l’amarezza per una stagione che sembra scivolare via povera di soddisfazioni per i tifosi e, soprattutto, che non sta fornendo indicazione alcuna per il futuro. In questo momento non siamo in grado di comprendere quali sono i giocatori su cui poter fondare un percorso di ricostruzione, non siamo in grado di capire in quale maniera sfruttare al meglio le caratteristiche dei giocatori a disposizione. L’unica cosa che mi sembra abbastanza chiara è che avremo bisogno di un nuovo allenatore.
Direi prima possibile...