Anche noi umani siamo animali, una delle tante species che vivono su questa terra. E’ vero, siamo riusciti a dominare su tutti gli altri esseri viventi colonizzando un intero pianeta, questo non fa, però, di noi degli “dei”. Molto spesso crediamo, naturalmente sbagliando, di essere superiori a tutto e tutti, quell’ “IO” di cui tanto parlava “Nietzsche”, viene esasperato e ci crediamo imbattibili, insuperabili, infallibili e indistruttibili. Io personalmente sono sempre stato dalla parte di un’altra corrente di pensiero, quella che è esattamente l’opposto rispetto a questo “egocentrismo ossessivo”. Questa filosofia è rappresentata in maniera eccellente dal “Viandante sul mare di nebbia”: fantastico dipinto di “Friedrich” che mette a nudo la figura dell’uomo, rappresentata dal viandante appunto, il quale contempla l’immensità delle montagne immerse tra una fitta nebbia. Il significato celato è abbastanza intuitivo: viene evidenziata la piccolezza dell’uomo, immerso nei pensieri, in un mondo astratto dove echeggia il sublime e che lo rende impietosamente debole, spogliato di tutte le sue convinzioni e delle sue certezze.

 

Siamo esseri umani, appunto, si diceva, esseri fatti di carne, ossa ed emozioni; esseri vulnerabili, infinitamente piccoli al cospetto di una natura, un cosmo infinitamente grande. Di ciò bisogna rendersene conto. La dimostrazione di quanto questa concezione del nostro essere sia veritiera e condivisibile è data dalla vita quotidiana, dalle esperienze che ogni giorno facciamo, dagli avvenimenti che ci capitano, dalle persone che incontriamo e conosciamo. Essendo lo sport una parentesi della vita di tutti i giorni, naturalmente, questo pensiero si riflette anche su esso.

Il calcio è uno sport bellissimo, un gioco di squadra in cui la componente passione la fa da padrone. E’ questa, infatti, che ti spinge a rincorrere un pallone per 90 minuti, ma che nel contempo, ti fa essere la persona più felice del mondo. Mentre giochi ti senti il più forte, pieno di energie, nessuno ti può fermare, sei imbattibile: è come se volassi. Queste ali, però, in disgraziate occasioni, possono essere tarpate. Bene, è qui che si rivede la filosofia di pensiero precedentemente enunciata, ed è a questo punto che voglio introdurre la figura di un calciatore in particolare: ovvero Giuseppe “Pepito” Rossi.

Pepito (così fu soprannominato da Bearzot per la somiglianza tecnica con Paolo Rossi, chiamato, a sua volta, "Pablito") Rossi è un calciatore italiano di 31 anni la cui carriera è stata stroncata (non del tutto, attualmente è in attività e svincolato, ma ha sicuramente ottenuto molto meno di quello che avrebbe meritato) da una serie infinita di infortuni. Dotato di un sinistro fatato e di ruolo attaccante, Rossi viene notato per primo dal Parma, nel cui settore giovanile cresce. A 17 anni passa in Premier League, ai “diavoli” del Manchester United, con cui debutterà nel 2004. All’inizio della stagione 2006-07 viene prestato al Newcastle, per poi ritornare, sempre in prestito al Parma, dove riesce a mettersi in mostra, attirando su di sé le attenzioni di diversi club europei. A fine stagione viene, quindi, venduto dai “Red Devils” al Villareal, squadra nella quale si consacra definitivamente. “Pepito” riesce ad esprimere le sue migliori qualità e in diverse stagioni realizza talmente tanti gol da diventare il miglior marcatore della storia de “El Submarino Amarillo” (ovvero “Sottomarino Giallo”, così viene chiamato il Villareal). Purtroppo, però, durante questo periodo ha inizio anche la famosa serie di infortuni. La sua assenza sarà, infatti, decisiva per la retrocessione della sua squadra alla fine della stagione 2011-12.

Nel mercato invernale del 2013 viene acquistato dalla Fiorentina, altro club dove Rossi si metterà in evidenza e che lo ricorderà a lungo per la tripletta rifilata in campionato alla Juventus di Conte. Anche qui però è perseguito dalla sfortuna e dagli infortuni, in particolare, al crociato destro. A causa del poco utilizzo che ne fa il tecnico Sousa, quindi, nel 2016 viene ceduto in prestito al Levante, in seguito ritornerà a Firenze e riandrà in Spagna, al Celta Vigo. Qui l’ennesimo infortunio al ginocchio che lo terrà fermò fino al termine della stagione, con il contratto con la Fiorentina che nel frattempo termina. A questo punto, da svincolato, nel dicembre 2017 viene ingaggiato dal Genoa, piccola parentesi alla fine della quale rimarrà nuovamente senza squadra.

E’ di qualche settimana fa, inoltre, la notizia di un test anti-doping svolto su Rossi in occasione del match Benevento-Genoa, e al quale era risultato positivo. Fortunatamente, però, ne è uscito nel migliore dei modi, con una sola nota di biasimo.

Purtroppo, un giocatore della classe di “Pepito” Rossi in Italia nasce raramente ed è triste constatare e rendersi conto di come la sua carriera sia stata “uccisa” dalla sfortuna. Una serie senza fine di sciagurati avvenimenti hanno segnato in negativo la sua vita calcistica e ci hanno precluso il piacere di assistere ancora alle sue giocate e di gioire con lui. Come detto in precedenza, però, non possiamo farci niente, perché: “siamo esseri umani, esseri fatti di carne, ossa ed emozioni”.