Premessa

 

In un momento così drammatico della nostra vita, condizionati come siamo dall'emidemia del Covid – 19, ci viene difficoltoso parlare di altri argomenti poiché sembrerebbe cadere nella retorica ed essere giudicati banali, ma io credo che, pur rispettando le logiche dettateci per combattere il corona virus, rivolgere il nostro pensiero anche ad altri argomenti ci potrà aiutare a vivere in un'atmosfera permeata da un senso di leggero ottimismo inducendoci ad affrontare la situazione negativa in maniera più lucida e meno assillante.

 

Detto questo, mi piace sottolineare che scrivere i nostri pensieri fuori dall'argomento principe di tutti i giorni ci aiuterà a capire tante cose in modo più sereno. A tale proposito vorrei parlare oggi di un calciatore del passato, tanto caro alla mia generazione di milanisti nostalgici del buon calcio, Juan Alberto Schiaffino, sperando di farlo conoscere, sia pure in parte, al grande pubblico dei giovani appassionati di calcio i quali non hanno avuto la fortuna di vivere un'epoca lontana in cui la vita si presentava molto più serena e spensierata di quella attuale.

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Juan Alberto Schiaffino il maestro di Gianni Rivera

 

Juan Alberto Schiaffino fu un grande giocatore del Milan durante gli anni cinquanta, uruguaiano di nascita (nacque nel 1925) e naturalizzato italiano giocando anche tra le file della nazionale italiana.

Chi ha avuto la fortuna (come me) di averlo visto giocare, tuttora si rende conto che giocatori di quel ricchissimo livello tecnico è difficile ammirarli oggi e nel futuro tra i campi di gioco!

Rimarrà pur sempre difficile da capire come sia stato possibile che il destino possa aver abbinato in un giocatore una tecnica così sopraffina e una maestria intelligente di gioco al servizio della propria squadra. Fortunatamente nel periodo in cui giocò al Milan (dal 1954 al 1960) il giovane talento calcistico che risponde al nome di Gianni Rivera, arrivato in rossonero giovanissimo, imparò l'arte del suo maestro uruguaiano affinando la sua tecnica e imparando a dosare le energie nel gestire la regia di gioco della squadra. Rivera ereditò in toto il bagaglio delle doti tecniche sopraffine di Schiaffino, come pure assorbì l'eleganza dei movimenti in campo del suo maestro prima che lo stesso fuoriclasse sudamericano lasciasse il Milan per approdare alla Roma.

Schiaffino era in possesso di una peculiarità rarissima: vedere lo sviluppo delle azioni di gioco come se potesse osservare lo schieramento in campo dall'alto in modo panoramico, in maniera da scegliere le geometrie e la distribuzione dei passaggi smarcanti al compagno più in grado di proseguire l'azione da finalizzare in goal. Una tecnica che oggi difficilmente la si può ancora ammirare e tanto più in modo costante per quasi tutta la durata di un incontro!

Schiaffino inoltre fu considerato il promulgatore del “takle scivolato”, un intervento che gli permetteva di portare via la palla all'avversario intervenendo dietro al giocatore senza commettere fallo. Purtroppo la novità di questo gesto tecnico, sconosciuto in quei tempi, costringeva gli arbitri a fischiare fallo senza ragione. Soltanto in seguito gli fu resa giustizia, analizzando attentamente la tecnica che era eseguita con una maestria tale da consentirgli di non toccare mai il giocatore avversario, ma solamente il pallone! Schiaffino fu un centrocampista polivalente, capace di interrompere l'azione di gioco avversaria al momento giusto e di costruire il gioco per i compagni al tempo stesso, con un'eleganza di movimenti e un'intelligenza di gioco tanto efficace quanto decisiva ai fini del risultato finale. Inoltre a queste doti si aggiungeva un particolare intuito che gli diede la possibilità di capire quando avrebbe dovuto tentare la soluzione personale cercando direttamente il goal. E ci riuscì benissimo, tanto da ottenere l'invidiabile curriculum che nessun centrocampista abbia mai potuto vantare in carriera: 1 goal ogni 2,84 partite, record a cui bisogna aggiungere quello degli assist ai compagni e che lo pone in cima alla classifica assoluta in quel periodo calcistico!

Quando Schiaffino arrivò al Milan si presentò con un palmares di indiscusso valore per quei tempi: 5 titoli uruguaiani vinti nel Penarol di Montevideo, ma soprattutto reduce dall'epica vittoria conquistata al mondiale di Rio de Janeiro, segnando anche il goal del momentaneo pareggio e la cui vittoria fu completata da Alcide Ghiggia a seguito di una bella orchestrazione nella trequarti campo condotta e rifinita da parte dello stesso Schiaffino. La vittoria dell'Uruguay contro il favorito Brasile nella finale mondiale del 1950 ebbe un epilogo emozionante e commovente per i giocatori in maglia celeste dell'Uruguay, mentre gettò letteralmente nello sconforto giocatori e sostenitori brasiliani che assieparono totalmente gli spalti dello stadio Maracana di Rio de Janeiro.

In quel mondiale i pronostici favorirono nettamente la nazionale carioca dato che, si ritenne, nessuna squadra fosse all'altezza di poter superarare gli invincibili brasiliani. A tale proposito è bene citare un episodio curioso per capire di quale pasta era fatto il fuoriclasse Pepe Schiaffino.

Poco prima della finale un dirigente della nazionale Uruguaiana convocò in riservata sede il capitano Obdulio Varela confidandogli: “se perderete con soli tre goal di scarto noi uruguiani saremo contenti lo stesso, perchè siamo sicuri che i carioca siano una squadra perfetta e invincibile, ma siamo altrettanto convinti che voi in campo vi batterete lo stesso con grande impegno, sapendo che vi farete onore per voi stessi e per la vostra nazionale”. Il capitano che conosceva bene i suoi giocatori, pronti ad affrontare il grande Brasile senza paura ma con grande rispetto, pensò di riferire tutto al giocatore più bravo della squadra, Schiaffino appunto, pensando di “caricare” al massimo il suo ineguagliabile fuoriclasse. Schiaffino, avendo un carattere particolarmente autoritario e dotato di un orgoglio smisurato non potè accettare quella dichiarazione di resa, pertanto si prodigò al massimo disputando una grande partita, con abnegazione indiscussa e con il piglio del fuoriclasse purosangue. Risultò il migliore dei contendenti in campo contribuendo in maniera decisiva alla conquista di quel titolo mondiale che lo consacrò in tutto il mondo come il miglior giocatore di quell'epoca.

Schiaffino fu protagonista pure al mondiale del 1954 giocato in Svizzera e vinto dalla Germania Ovest contro la fortissima formazione dell'Ungheria. Durante il ritiro della nazionale Uruguaiana in Svizzera, emissari del Milan conclusero l'affare comprando l'asso sudamericano per la notevole cifra (per quei tempi) di 52 milioni di lire. La notizia rimbalzò subito a Montevideo tramite un giornale locale intitolando la testata sportiva così:“Se nos fuè el dios del futbol. Irreparable perdida!” ovvero“ Se ne è andato il dio del pallone. E' una perdita irreparabile!”

Nella sua partita di esordio col Milan, l'asso uruguaiano segnò due reti alla Triestina vincendo poi lo scudetto già al suo primo campionato segnando 15 goal in 27 presenze. Schiaffino detto Pepe (soprannome affibbiatogli da sua madre) diventò l'idolo dei sostenitori milanisti. In maglia rossonera vinse 3 scudetti (nel 1955, nel 1957 e nel 1959) prima di passare alla Roma nel 1960 in cui vinse la coppa delle Fiere. Con il Milan, dopo aver vinto la coppa Latina nel 1956, disputò la Coppa dei Campioni (la Champions di allora) nel 1958, distinguendosi particolarmente per la sua grande classe di giocatore superlativo segnando 3 reti in semifinale contro il Manchester United. Pepe Schiaffino segnò pure il primo dei due goal realizzati dai rossoneri nella finale persa per 3 – 2 dopo i tempi supplementari contro il mitico Real Madrid, riscuotendo l'apprezzamento e gli applausi a scena aperta da parte della tifoseria spagnola che ritenne di accostare, in maniera imparziale, il talento di Schiaffino alla stessa stregua del valore di quello in  possesso del grande Alfredo Di Stefano, leggendario campione argentino naturalizzato Spagnolo che giocò nella gloriosa squadra del Real Madrid e nella nazionale iberica.

Il nonno di “Pepe” Schiaffino, di origine Genovese, emigrò in Uruguay all'inizio del 20° secolo dal quale il fuoriclasse uruguaiano ereditò totalmente le prerogative e il carattere ligure assumendo gli aspetti, i comportamenti e le tradizioni italiane impartitegli dall'educazione inculcata dal padre. Incuriosiscono alcuni aneddoti narrati da qualche compagno di squadra del Milan. Liedholm ad esempio raccontò una volta che, durante una trasferta dei rossoneri, il giorno prima di giocare una partita importante, lo svedese assieme ad altri 2 compagni di squadra e assieme anche a Schiaffino fecero una passeggiata sul longomare della città in cui si sarebbe disputata la partita. Essi ebbero il desiderio di entrare in un bar tutti assieme per consumare un caffè e l'Uruguaiano chiese chi avrebbe pagato il conto. Liedholm rispose che nessuno si era offerto per pagare, pertanto ognuno avrebbe pagato la propria consumazione. Schiaffino allora preferì rinunciare affermando che il caffè lo avrebbe reso nervoso. In realtà i compagni di squadra conoscevano molto bene “Pepe” la cui proverbiale avarizia lo rendeva spesso oggetto di amichevole scherno, evidenziando le sue chiare origine genovesi. In effetti una volta un suo compagno di squadra affermò affettuosamente che sarebbe stato più facile vincere una partita difficile che strappare un caffè a Schiaffino, il che la dice lunga sulla sua fama di taccagno insuperabile...

La tecnica sopraffina di Schiaffino ammaliò particolarmente l'indimenticabile maestro giornalista Gianni Brera, il quale seguì il giocatore sin dall'inizio degli anni 50 dopo il mondiale vinto in Brasile e dopo il mondiale disputato in Svizzera nel 1954, tanto da poter affermare in seguito commentando il valore tecnico del giocatore:

Forse non è mai esistito regista di tanto valore. Schiaffino pareva nascondere torce elettriche nei piedi. Illuminava e inventava gioco con la semplicità che è propria dei grandi. Aveva innato il senso geometrico, trovava la posizione quasi d'istinto

Io che ho avuto personalmente la fortuna di conoscere e ammirare il giocatore Uruguaiano posso non solo condividere il giudizio illustre di Gianni Brera, ma mi sento anche di affermare che Schiaffino appartiene a quel ristretto novero di fenomeni che faranno parte per sempre del patrimonio della leggenda del calcio.

Il suo stile di gioco rimarrà impresso in maniera indelebile nella memoria di tutti coloro i quali lo conobbero e lo videro giostrare nei campi di gioco!

 

Juan Alberto Schiaffino visse gli ultimi mesi della sua vita in ospizio a Montevideo, lottando contro un tumore che lo stroncò definitivamente nell'autunno del 2002.

 

Un uomo non muore mai se c'è qualcuno che lo ricorda” (Ugo Foscolo)

 

nostalgico rossonero