A volte i pensieri volano, viaggiano nella mente, soprattutto mentre sei seduto davanti alla televisione. Questo perché ad un certo punto accade qualcosa che ti riporta alla mente quello che hai visto nel passato, ricordi tanto forti che non riesci mai a scordare, seppure sia passato tanto tempo.
Domenica ero alla televisione, e aspettavo che partissero alle ore 14, il Motogp, ed alle 15, il Gran Premio di Monza di Formula 1. Le partite iniziano dalle ore 18, e quindi cosa c'è di meglio che godersi le imprese della Ducati e delle Ferrari. E parte per primo il Gran Premio di Catalunya, a Barcellona, terra di Spagna. Bagnaia è in pole position, e come viene data la partenza, scatta subito in testa, ma dietro di lui si scatena la bagarre, e come dei barattoli impazziti, alcune moto si urtano, provocando una girandola di carambole con moto che strisciano per terra e piloti che le seguono, chi appiccicato al mezzo, e chi invece staccato, ma che sembra debba scappare dalla traiettoria pericolosa del mezzo meccanico senza controllo. Tutto sembra far pensare che ci potrebbe scappare l'incidente fatale, ma seppure con molta paura, i danni sono meno gravi del previsto. Ma quando sembra che tutto si sia risolto in quel pezzo di partenza di gara, proprio in testa alla gara, la moto di Bagnaia si impenna pericolosamente, disarcionando il suo cavaliere. L'impatto con l'asfalto è caratterizzato da una girandola impazzita del pilota, che con il corpo compie dei giri sull'asfalto come se fosse una trottola, e la testa e le gambe si alternano in una pazza giravolta, una roulette che non si sa dove porterà la pallina dell'impatto. Fortunatamente, la moto che segue, passa sulle gambe del pilota torinese, scongiurando l'impatto con l'addome o peggio ancora con la testa, lasciando il pilota seduto a terra, ma che mostra segnali vitali. Nonostante sia scongiurato il pericolo maggiore, l'ipotesi di una frattura scomposta delle ossa delle gambe si percepisce come una possibilità infausta non remota. E se di per se non sia una parte vitale del corpo, proprio come avvenne in passato a Peterson, pilota di Formula Uno, le fratture scomposte se sono troppo accentuate, possono portare a setticemia e alla morte. E questo è uno dei ricordi che mi sono venuti alla mente, quando sulla pista di Monza, Ronnie Peterson, svedese, ci lasciò per un incidente nel quale le fratture ossee erano troppo estese per permettere ai medici di salvarlo. Era il 1978.
Ma i ricordi più bui mi portano ancora più indietro nel tempo, era il 20 maggio del 1973, cinquant'anni fa. Sempre a Monza, durante la gara della categoria delle quarto di litro (250 cc), Yarno Saarinen e Renzo Pasolini alla prima curva del Gran Premio, cadono davanti al gruppo dei partenti, i quali non riescono ad evitarli e li uccidono sul colpo.
Le immagini di quello che era avvenuto non furono mai trasmesse, e le dinamiche dell'incidente mortale non si capirono mai del tutto, ma due grandi campioni, il finlandese Saarinen e il riminese Pasolini, ci lasciarono per sempre. La tristezza di quel giorno la curai con molto tempo, ed un continuo pensare alle pericolose traiettorie dei piloti delle moto, mi fece sempre comprendere che spesso nella vita puoi essere arrivato, ricco e famoso, eppure basta un niente per finire in una fossa, e dopo tanto chiasso e rotocalchi pieni di titoli, dimenticati nel tempo della memoria.
Quello era il periodo del grande Giacomo (Mino) Agostini, il quale stravinceva e accumulava titoli sia nelle 250 che nelle 500, affacciandosi anche talvolta nelle 750, e sempre con una moto, la MV Agusta, imbattibile. Era stato fortunato, perché nella sua lunga e luminosa carriera, non cadeva mai, e solo una volta si infortunò, ma si fece una piccola frattuta al piede, roba da bazzecole.
Ma torniamo a domenica, manca ancora la diagnosi di quello che è successo, ed il bollettino dei feriti. Nel primo incidente collettivo, Bastianini è quello che ci rimette di più, con la frattura del malleolo tibiale della caviglia sinistra. Questo lo porterà a saltare almeno i tre prossimi GP. Se per Enea Bastianini, pilota Ducati, le fratture erano accertate, per l'altro Ducati, "Pecco" Bagnaia, si è quasi gridato al miracolo. Le prime informazioni parlavano di fratture pregresse, perché i medici avevano trovato solo quelle, esiti di incidenti del passato. Ma un esame approfondito ha escluso nuove fratture, indicando un quadro clinico positivo, seppure l'indolenzimento della gamba sia rimasto come danno da sopportare, ma non in grado di fargli saltare la prossima gara motociclistica. La dea bendata ci ha messo una mano, insieme a colui che tutto può e tutto vede. Il buon Dio ha deciso che per il momento di Pecco non se ne fa nulla e può continuare a dannarsi l'anima in terra, volando sulla moto e sperandolo vivamente, vincendo altri titoli.
Forse la tecnologia oggi ci aiuta, soprattutto nelle fasi critiche degli incidenti, insieme a nuove "corazze", in dotazione dei piloti, ormai protetti non solo sulla schiena, ma persino nelle tibie e altre parti pericolose del corpo. Eppure, qualche anno prima, nel circuito di Sepang, in Malesia, Marco Simoncelli, all'età di soli 24 anni muore durante una gara di motogp. Era il 23 ottobre del 2011. Nato a Cattolica, vicino a Rimini, nel 1987, lasciò la famiglia nel dolore, ma lasciò in eredità anche una forza enorme, che spinse i genitori a colmare il vuoto con iniziative sportive e benefiche nel suo nome, vincendo lo strazio ed il dolore, sostituendoli con la solidarietà e l'impegno sociale. Perpetuando la memoria del loro caro figliolo.
Ed è rimarchevole quello che ci ha insegnato Sadio Mané, giocatore del Liverpool. Dopo essere stato più volte deriso per avere portato con sè un telefono rotto seppure funzionante, il giocatore senegalese dei Red Devils ha così risposto:"Perché dovrei cambiare il telefono?Se volessi ne potrei comprare dieci ogni giorno, insieme a 10 Ferrari, 20 orologi Rolex o due aerei privati. Ma per cosa? Avevo fame ed ho dovuto lavorare in campagna soffrendo anche la sete, Sono sopravvissuto alle guerre, alle carestie, alla fame nera ed ho giocato a calcio completamente scalzo. Non ho studiato e mi sono mancate tante cose, ma oggi, grazie a quello che guadagno con il calcio, posso aiutare la mia gente. Costruiamo scuole, ospedali, un parco giochi e forniamo vestiti, scarpe e cibo alle persone che vivono in estrema povertà. Inoltre invio soldi a della gente che vive in una regione molto povera, per aiutare queste persone a vivere dignitosamente. Invece di sfoggiare le mie ricchezze, preferisco che la mia gente riceva un pò di quello che la vita mi ha dato."
Un esempio di grande civiltà, e la generosità di cui è capace potrebbe invogliare molti campioni a fare altrettanto, anche se molti di questi "fortunati", fanno beneficenza e offrono solidarietà, senza alcuna pubblicità, e questo si sa spesso solo dopo la loro morte, come avvenne con Ayrton Senna. Un altro grande rimpianto, morto per colpa della stupidità di qualcuno, che pensò che le gomme a protezione dei muretti della pista, non servivano a niente.
Spesso si muore per l'incapacità degli altri! E per questi la memoria non rimane.
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