La passione per il calcio è un sentimento strano; passa di generazione in generazione, quasi fosse una sorta di eredità implicita tramandata di padre in figlio.

Nel corso di una vita intera, ogni cosa è mutevole: la simpatia per un partito politico, l'affinità ad un certo tipo di lavoro, l'amore per una donna. L'unica cosa che mai e poi mai cambierà è l'attaccamento di un tifoso alla propria squadra.

Chi non se ne intende di calcio non può capire, e non capendo se ne esce ogni volta che si tocca l'argomento con domande tipo "ma se la tua squadra dovesse anche vincere il campionato, tu cosa ci guadagneresti?". Materialmente, nulla; emotivamente, tutto.

Come si può non gioire quando la TUA squadra vince? Quando quegli 11 estranei, che indossano la TUA maglia sollevano al cielo un trofeo e ti fanno gioire come un bambino, come la prima volta che andasti allo stadio con tuo padre, così come fece lui la prima volta che andò col suo?
Impossibile. E' semplicemente impossibile non tornare bambini almeno per un attimo e rivivere la stessa gioia incontrollata e incontrollabile.

Chiusa questa parentesi romantica, non si può non menzionare il fattore generazionale, perchè ogni generazione di tifosi è stata illuminata da uno o più eroi, i vari Pelè, Maradona, Messi e Ronaldo; quei giocatori che definire umani sembra quasi un insulto. Coloro che popolavano (e popolano) i racconti calcistici tramandati di padre in figlio.

Ma tutti questi "giocatori" come hanno fatto ad oltrepassare quel confine che li ha consacrati a leggende, da semplici campioni quali erano? Le sole gesta sportive? Si, ma non proprio.

Le loro storie, e tutti i messaggi e le emozioni che portavano in dote; per questo mio nonno parlava a mio padre di Pelé, perchè quell'esile ragazzo uscito dalla giungla incarnava il sogno di un'intera generazione di sollevarsi dagli stenti della guerra e di vivere di nuovo di gioia ed emozioni.

Allo stesso modo mio padre mi raccontava di Maradona quando ero bambino, perchè tra una prodezza e l'altra si celava un uomo che per un fuggevole attimo aveva fatto scordare la violenza e la criminalità alle persone, facendogli ammirare tutta la poesia che si poteva scrivere con una palla da calcio.

Insomma, i tempi cambiano, i contesti sociali e le tecnologie pure, e con questo continuo ed inarrestabile cambiamento siamo tutti più disillusi: non sentiremo più raccontare di quel gol leggendario di Pelè, mai immortalato da una telecamera, che vive solo nei ricordi dei presenti e nei racconti dei nostri nonni. Non si ripeterà mai più una "mano de dios", capace di incantare ed allo stesso tempo beffare tutto il mondo. Ormai i gesti sportivi, seppur bellissimi, possono essere rivisti da chiunque, in qualunque momento e da qualunque angolazione, privandoli di quel fascino magico che permette loro di diventare ambasciatori dei messaggi positivi trasmessi dai loro autori.

In tutto questo, ogni generazione di piccoli tifosi necessita di un messaggio veicolato loro da un giocatore della generazione precedente, possibilmente che si conformi al contesto sociale in vigore in quel momento; per tanto mio nonno raccontava a mio padre di Pelé, mio padre mi raccontava di Maradona, e io racconterò a mio figlio di Quagliarella.

Sì, Fabio Quagliarella. Non un talento baciato da Dio, non una personalità così influente da fermare una guerra civile pur di vederlo giocare, non un genio arrivato dai barrios di Buenos Aires al tetto del mondo, ma un "onesto" centravanti, un giocatore "mediocre", un signor nessuno che vanta 153 reti in serie A e che all'età di 36 anni (e militando nella modesta Sampdoria) ha battuto l'imbattibile CR7 Juventino per 26 gol a 21 in campionato. 

Parlerò di lui, non come se fosse un eroe, ma come un uomo normale, che pur senza mantello si è tolto immense soddisfazioni, perchè quando un giorno dovrò parlare di qualche campione della mia epoca ai miei futuri figli, di modo che in qualche modo sia loro d'esempio, voglio che loro sappiano di lui.

Infine, un grazie immenso Fabio, grazie a te che insegnerai ai miei bambini che in un mondo come quello odierno, dove apparentemente tutti possono avere tutto, sudando e facendo sacrifici si possono ottenere enormi ed insperate vittorie anche se sei il signor nessuno.