Dopo il pareggio nella gara di andata in Spagna, Juventus e Villarreal si affrontano allo Stadium in una sfida che vale il passaggio ai quarti di finale della Champions League. Traguardo che, per prestigio e denaro, rappresenta l'obiettivo minimo della campagna europea bianconera. La squadra di Allegri si trova quindi davanti al primo snodo cruciale della stagione. “Una finale”, come lo stesso allenatore, nel corso della conferenza stampa, ha definito la partita.

La lunga attesa si esaurisce circa mezz’ora prima del calcio d’inizio, quando i vari canali di informazione diffondono le formazioni ufficiali. Scelte ancora dettate dall’emergenza infortuni per Allegri. Nel consueto 442 proposto dal tecnico juventino, i bianconeri si presentano in campo con Szczesny tra i pali; linea di difesa formata da Danilo, De Ligt, Rugani e De Sciglio; Cuadrado, Locatelli, Arthur e Rabiot a centrocampo, mentre sulle spalle di Morata e Vlahovic ricadrà la responsabilità del reparto offensivo. Si rivedono in panchina Chiellini e soprattutto Dybala che, a partita in corso, potrebbe rappresentare un cambio significativo a disposizione dell’allenatore. Dall'altra parte la Juventus trova una squadra forte, solida nell'identità che Unai Emery ha saputo trasmettere ai suoi giocatori. Una squadra probabilmente non spettacolare ma capace di trasferire sul campo principi di gioco assolutamente credibili anche ai livelli più alti, come la vittoria della scorsa Europa League ha già dimostrato. Nel consueto 442, la formazione ospite si presenta in campo schierando Rulli; Aurier, Albiol, Pau Torres, Estupinan; Yeremi Pino, Capoue, Dani Parejo, Trigueros; Lo Celso, Danjuma. 
Uno stadio gremito accoglie le due squadre sul terreno di gioco. Dalla tv si percepisce l’entusiasmo di un pubblico carico e determinato a superare il turno e proseguire nel sogno europeo. E’ evidente come l'aria della Champions League risvegli una tifoseria che, più di ogni altra cosa, insegue questa coppa che sembra divertirsi a scivolare via quando sembra ormai a portata di mano. L’impianto audio dello stadio diffonde la musichetta della manifestazione, “Prime” lancia una serie di super spot che sembra non terminare mai, quindi l’arbitro polacco Marciniak può finalmente dare il via alla partita.
Le fasi iniziali dell’incontro scorrono ad un ritmo abbastanza compassato. I primi minuti di gioco somigliano ad una fase di attesa e di studio utile per comprendere come la Juventus, in possesso di palla, si schieri con un 352 nel quale Cuadrado e De Sciglio mantengono una posizione molto larga sulle due fasce. Prende il via una partita molto tattica tra due formazioni che hanno un modo piuttosto simile di interpretare il calcio. Il Villarreal svela presto quello che è il piano di gara allestito da Emery. La squadra vestita di giallo, come già proposto in altre importanti occasioni, mantiene un baricentro decisamente basso, attende l’iniziativa della Juventus e cerca lo spazio adatto per ripartire puntando principalmente sulla velocità di Danjuma.
Sono i bianconeri a cercare per primi di prendere in mano la sfida. Sfruttando l’ampiezza del campo con i due esterni, la squadra di Allegri cerca di aprirsi un varco nel muro di maglie gialle. Con un centrocampo che si muove prevalentemente in orizzontale, le prime occasioni per passare arrivano dalle fasce. Cuadrado salta Trigueros e crossa verso il secondo palo. Morata di testa impatta bene il pallone ma non riesce ad angolare la conclusione a sufficienza. Rulli respinge con un grande riflesso. Spinta dal pubblico, la Juventus percorre con determinazione la strada verso la porta avversaria. Morata viene ostacolato da Cuadrado al momento di concludere un’azione avviata da un’accelerazione di Rabiot e rifinita da Vlahovic. Pochi minuti più tardi, è il centravanti serbo ad impegnare Rulli con una conclusione di sinistro dal limite dell’area. Il Villarreal è rintanato dentro la sua area. La Juventus adesso spinge con grande convinzione. Il gol del vantaggio sembra soltanto questione di tempo. De Sciglio, dalla sinistra, mette in area un pallone forte e radente sul quale Vlahovic anticipa Albiol e con il sinistro gira verso la porta. La traversa respinge la conclusione del serbo. Inizia ad avanzare nel tifoso davanti alla tv il sospetto che la buona sorte, amica in tante recenti circostanze, questa notte non stia rivolgendo il suo sguardo benevolo verso Torino.
Dopo venti minuti in cui ha badato soltanto a contenere le iniziative bianconere, anche il Villarreal si affaccia dalle parti di Szczesny. Lo fa con una conclusione dal limite dell’area da parte di Lo Celso che termina non troppo distante dal palo. La partita scorre adesso su un binario di maggiore equilibrio. La Juventus trova con meno facilità gli spazi necessari per rendersi pericolosa. Manca, nella squadra di Allegri, soprattutto la capacità di riuscire ad aprire il gioco rapidamente sulle due fasce, dove spesso Cuadrado e De Sciglio godono di quel minimo di spazio inevitabilmente concesso da una squadra che difende compatta a ridosso della propria area. Come spesso accade, la Juventus attraversa l’ampiezza del campo con una serie di passaggi orizzontali che rallentano l’azione, togliendo alla manovra il ritmo necessario per rendersi pericolosa. Cuadrado inizia ad entrare forse con eccessiva frequenza dentro al campo, prendendo il pallone anche in zone non di sua competenza e alimentando una confusione che comincia ad intravedersi in una squadra forse scoraggiata da una partita ancora ferma sul pareggio nonostante le buone occasioni avute.
Danjuma mette in mostra alcune brucianti partenze da fermo che creano qualche apprensione alla retroguardia bianconera. Vlahovic, di testa sugli sviluppi di un calcio d’angolo, viene contenuto dall’uscita di Rulli. Il ritmo complessivo della partita cala ulteriormente. Entrambe le squadre mostrano un atteggiamento difensivo molto simile. Lasciano palleggiare l’avversario fino alla trequarti dove poi alzano un muro difficile da superare. Nessuna delle due contendenti mostra un qualche tipo di pressione in fase di recupero palla. Si assiste così ad una fase della partita lenta, a tratti quasi ferma. L’iniziativa è ancora prevalentemente nelle mani della Juventus ma alla squadra di Allegri manca in maniera evidente un giocatore capace di accendere la manovra tra le linee. Arthur continua a proporre il suo solito gioco corto e orizzontale costringendo la Juventus a cercare di sfondare sulle corsie esterne.

Con un possesso di palla che inizia a diventare pericolosamente sterile, il primo tempo termina sul risultato di parità. Per quanto visto finora è difficile muovere qualche rimprovero alla squadra di Allegri che, pur senza incantare, ha saputo costruire almeno quattro palle gol limpide per portarsi in vantaggio. 
L’inaridimento della manovra nella parte conclusiva del primo tempo, rappresenta però un piccolo motivo di preoccupazione. Nei minuti finali si è manifestata la sensazione che il Villarreal riuscisse a controllare le iniziative juventine senza più particolari difficoltà. I vari messaggi che si inseguono sui soliti gruppi di whatsapp che accompagnano l’intervallo, si domandano l’eventuale tenuta atletica di Dybala e la possibilità di aggiungerlo alla coppia d’attacco per cercare di conquistare una qualificazione che sembra alla portata.
Qualche perplessità è stata invece destata dalla prestazione di Cuadrado, sicuramente protagonista di alcuni spunti interessanti ma in alcune situazioni troppo accentratore di un gioco che spesso sui suoi piedi ha incontrato un motivo di rallentamento.

Al termine del quarto d’ora di riposo, senza aver operato alcun cambio, le due formazioni rientrano sul terreno di gioco per il secondo tempo. La partita riprende dal punto in cui si era interrotta. I buoni propositi della Juventus sembrano essersi esauriti durante i primi 45 minuti di gioco. Adesso il Villarreal contiene agevolmente le iniziative avversarie. La Juventus non trova più alcuno spazio tra le maglie di una squadra che, come le due recenti finali europee disputate dagli spagnoli hanno dimostrato, ha già fatto vedere in passato di essere capace di tenere un incontro in equilibrio fino all'ultimo e di trascinarlo anche ai rigori se necessario. Rispetto al primo tempo, l’umore del tifoso è profondamente mutato. L’ottimismo provocato dalle buone occasioni create in precedenza, ha lasciato il posto ad una forte preoccupazione. Avanza ora la sensazione che la Juventus, proseguendo su questo binario, non troverà la via della rete. Troppo lenta e banale la manovra, priva di idee che non siano uno sterile palleggio in orizzontale e all’indietro.
Il Villarreal continua a mantenersi ordinato e compatto a protezione della sua area. In avanti lascia soltanto Danjuma, neppure troppo sollecitato da una squadra che non sembra avere particolari intenzioni di andare a cercare il gol a tutti i costi. Avanzano perplessità sull’impianto tattico proposto da Allegri. Perchè insistere con la difesa a tre in fase di possesso? A cosa serve tenere De Sciglio in una posizione quasi da ala? Perchè continuare con un sistema che si è rivelato fallimentare nella scorsa stagione per la sua staticità in fase offensiva, quando per scardinare una difesa tanto efficace servirebbe maggiore velocità, movimenti senza palla e sovrapposizioni sulle fasce?

Allegri aspetta. Le telecamere di Amazon lo colgono mentre invita in maniera eloquente la sua squadra a mantenere la calma. Il gioco della Juventus continua a morire sui piedi di Cuadrado, ormai irritante per l’invadenza con la quale entra nella manovra e la puntualità con la quale rallenta l'azione o sbaglia la giocata. Rabiot prova a dare una scossa con una conclusione da lontano parata da Rulli e una percussione centrale contenuta in calcio d’angolo dalla difesa spagnola. Cuadrado calcia sul fondo dalla distanza. Locatelli azzarda una conclusione al volo che si rivela velleitaria. Tutta qui la produzione offensiva della Juventus nel secondo tempo. Troppo poco.
Vlahovic e Morata scompaiono lentamente dal gioco, risucchiati dal muro di maglie gialle allestito da Emery. Il tempo comincia a mancare, la partita sta prendendo una piega pericolosa. E’ necessario intervenire. E’ necessario aumentare il potenziale offensivo della squadra. E’ necessario trovare quel minimo di coraggio indispensabile per alzare il ritmo e tentare di andare a prendersi la qualificazione.
Allegri invece aspetta.
Aspetta perché, nella sua idea di calcio episodico e frammentato, magari negli ultimi dieci minuti inserisce un uomo fresco e trova il gol. Oppure aspetta perché la partita potrebbe risolversi nei tempi supplementari e allora meglio tenersi i cambi per presentarsi in condizioni fisiche migliori nei decisivi trenta minuti.
Il tifoso davanti alla tv pensa a Dybala. Se è in grado di giocare, adesso è il momento di metterlo in campo, di alzare il livello offensivo della squadra proponendolo assieme a Vlahovic e Morata. Potrebbe andare bene perfino un Bernardeschi largo a sinistra, magari al posto di Arthur, che non è scarso ma semplicemente inutile, per provare un vero 442. Per provare a giocare almeno una volta nella vita con due esterni veri e magari i terzini che salgono in sovrapposizione. Servirebbe senza dubbio pensare e riflettere di meno. Evitare di smarrirsi in un mare di calcoli. Nelle partite da dentro o fuori, nelle finali, prima o poi arriva il momento in cui bisogna mettere in campo qualcosa in più per andare a prendersi la vittoria. Invece Allegri aspetta e la Juventus pian piano si ferma. Aggrovigliata in una spirale di pensieri, paure e passaggi all’indietro.

Succede allora che Emery inizi lui per primo a proporre qualche sostituzione. Cambia prima gli esterni. Coqueline per Jeremy Pino. Chukwueze per Trigueros. Passano pochi minuti e il tecnico spagnolo si gioca anche la carta Gerard Moreno, il suo giocatore più forte e pericoloso appena tornato a disposizione. Gli lascia il campo Lo Celso. Manca un quarto d’ora al novantesimo. Dybala continua a scaldarsi a bordo campo.
Allegri preferisce aspettare ancora. Lui è più furbo degli altri allenatori. Arrivati a questo punto della partita, le sostituzioni le conserva per i supplementari. Lo fece già a Madrid nel 2018. Non le spreca mica tutte subito come Unai Emery. Peccato il nostro tecnico non ricordi che quella notte al Bernabeu i supplementari poi non ci furono. Un fischio sciagurato di un inglese pavido ed emaciato interruppe all’ultimo minuto una rimonta leggendaria ed Allegri rimase lì così, con la Juventus eliminata da un episodio negativo e due sostituzioni ancora da sfruttare.
Nemmeno questa volta ci saranno i tempi supplementari. In una delle rarissime sortite offensive del Villarreal, il nuovo entrato Coquelin anticipa Rugani in area di rigore. Il difensore lo stende. L’intervento sembra netto ma Marciniak lascia giocare. A Wembley contro il Tottenham, nel 2018, lo stesso arbitro non vide un rigore clamoroso di Vertonghen su Douglas Costa, stavolta la sua incapacità viene a vantaggio della Juventus. Peccato che rispetto ad allora oggi ci sia il Var e, a differenza di quanto accaduto in una partita del campionato italiano giocata nello scorso fine settimana, in questa occasione gli arbitri davanti ai monitor siano tutti vigili e reattivi. Il direttore di gara polacco viene invitato a rivedere l’azione. Le immagini non lasciano dubbi. Episodio talmente chiaro che non avrebbe nemmeno dovuto aver bisogno della revisione. Marciniak torna in campo e concede il rigore. La Juventus adesso, come in un incubo, si trova ad un passo dal baratro. Dopo aver pescato dal mazzo degli episodi diverse carte fortunate nelle ultime partite, tra autogol e pali a nostro favore, la squadra di Allegri nella sfida più importante della stagione si ritrova contro il frammento decisivo. Dal dischetto Gerard Moreno non sbaglia, nonostante il tuffo di Szczesny per un istante regali l’illusione della parata. Il Villarreal passa in vantaggio. La Juventus ha a disposizione poco più di dieci minuti per trovare almeno una rete. 
Saltato lo schema dell’autogol vincente al novantesimo minuto, Allegri si decide ad intervenire.
Manda in campo in rapida successione Dybala per Rugani, Bernardeschi per Locatelli e Kean per Morata. La Juventus però non ha la forza mentale per ribaltare la partita. Abituata a giocare con la paura di concedere anche una sola occasione da gol agli avversari, abituata a giocare pensando esclusivamente a difendere bene perché il resto non sembra contare, incapace di organizzare una manovra di passaggi verticali, la Juventus si smarrisce. La qualificazione sembra scappare via senza che la squadra riesca a trovare la forza e la capacità di andarla a riprendere. Undici maglie bianconere che, impaurite, vagano a caso per il campo non fanno una squadra di calcio. Di sicuro non fanno la Juventus. 
Cuadrado continua ad accentrare su di sé ogni azione, vanificandola con pallonate sparate a caso. Il Villarreal è ormai in pieno controllo della partita e dell’eliminatoria. Consapevole di avere la qualificazione a portata di mano, si presenta ancora in avanti e chiude l’incontro in maniera definitiva.
Segna Pau Torres sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Bonucci in tribuna invita la squadra a crederci ancora. Non c’è però nessuna reazione.
La chiude Danjuma, ancora su calcio di rigore, causato questa volta da una parata di De Ligt su un tiro ravvicinato dello stesso attaccante olandese arrivato al culmine di un’azione in cui Gerard Moreno, sfruttando un iniziale errore di Danilo, ha fatto quello che ha voluto dentro la nostra area.
La sconfitta diventa disfatta. Dentro lo Stadium si scatena un uragano di fischi.
La Juventus per la terza volta consecutiva viene estromessa dalla Champions League agli ottavi di finale, ancora una volta per mano di una squadra ritenuta almeno nei pronostici alla portata. 

Marciniak fischia la fine. La sconfitta ha assunto contorni umilianti. Il tifoso davanti alla tv osserva le immagini che scorrono sullo schermo senza nemmeno trovare la forza di alzarsi e andar via, talmente dura è stata la delusione. Il Villarreal celebra giustamente la sua impresa con i tifosi al seguito, mentre lo stadio un poco alla volta si svuota. Verrebbe da dire con grande dignità anche se forse si tratta di rassegnazione. Niente contestazioni isteriche e sceneggiate inopportune. Tanti fischi durante i cinque minuti di recupero inutilmente concessi dal direttore di gara e infine al termine della partita. Poi basta. Tutti a casa. Niente seggiolini incendiati. Niente motorini lanciati dal secondo anello. La gente va via. Delusa. Con la testa bassa. Qualcuno resta seduto qualche minuto più a lungo. Talmente scioccato da non trovare nemmeno la forza lasciare il posto occupato durante i novanta minuti. Quasi a voler cercare una sorta di conforto da quell’incubo appena vissuto. Quasi a volersi illudere che lo spettacolo appena andato in scena sia stato soltanto il frutto di una brutta allucinazione. Non arriverà nessuna rassicurazione purtroppo. È accaduto tutto per davvero. La Juventus è stata brutalmente estromessa dalla coppa. Fallisce dunque il primo traguardo minimo della stagione. 

Le grafiche di Prime presentano alcune statistiche della partita. Il tifoso, che ancora non trova la forza di alzarsi dalla sua poltrona, legge distrattamente qualche dato circa l’accuratezza dei passaggi. Il migliore risulta Arthur. Oltre cento passaggi con una percentuale di riuscita superiore a novantacinque. L’ennesima dimostrazione dell’inutilità di ridurre in numeri una partita di calcio. Passaggi precisi di cinque metri servono a poco. Nonostante la precisione dei tocchi, Arthur si è confermato per l’ennesima volta un ulteriore e inutile ingranaggio in un meccanismo già estremamente complesso. Buono per tenere palla negli ultimi venti minuti, insignificante in una squadra che deve trovare la via della rete. 

L’amara serata del tifoso bianconero si conclude. Su Sky passa un film di Nanni Moretti. Dopo novanta minuti di calcio allegriano e una disfatta tremenda, un film di Moretti appare come un’ulteriore punizione, nemmeno meritata. Meglio andare a dormire. C’è il tempo però di leggere le parole di Allegri in conferenza stampa rilanciate dalle varie agenzie. Il tecnico racconta di due belle partite disputate contro gli spagnoli, spiega che rigiocherebbe alla stessa maniera la sfida appena conclusa, che la squadra ha fatto bene per 75 minuti, che ha concesso poco e che alla fine è stato un episodio a fare la differenza. 
Cos'altro aspettarsi?
Magari un accenno al fatto che in due partite abbiamo segnato un solo gol, oltretutto al primo minuto della gara di andata? Che, dopo un buon primo tempo, la squadra non ha messo in campo la necessaria convinzione per andarsi a prendere la qualificazione? Che gli episodi fanno parte del calcio, questo è innegabile, ma che con idee di gioco più propositive forse si possono indirizzare a proprio favore o addirittura ribaltare quando sono negativi?
Sui vari forum, in mezzo ad una contestazione pesante nei confronti di un tecnico mai del tutto apprezzato dalla maggior parte dei tifosi bianconeri nonostante i successi, i sostenitori di Allegri, quelli che da quando è andato via non hanno fatto altro che ripetere ad ogni pareggio o sconfitta "questa Allegri te la faceva vincere così", "quest'altra con Allegri non la perdevi", si scagliano contro la rosa. Oltre Rugani, responsabile nell’azione del primo rigore, finisce come sempre nel mirino il centrocampo, ritenuto di modesto livello tecnico e privo di elementi in grado di “fare un filtrante oppure un lancio a scavalcare la difesa”. Sicuramente è vero, il nostro centrocampo non è sicuramente il migliore in circolazione. Senza dubbio è composto prevalentemente da mediani,  da giocatori di rottura (oltre Arthur che non si capisce bene a cosa serva). Sanno fare le cose che rientrano nelle loro caratteristiche. Il problema nasce quando ne vengono impiegati tre contemporaneamente, quando, in nome dell’equilibrio e del non concedere occasioni agli avversari, vengono schierati dei mediani sulle corsie esterne inaridendo in maniera irrimediabile la manovra, quando la proposta di gioco non prevede altro che una serie di passaggi in attesa che “si apra il buco”, quando il tecnico non è in grado di proporre niente di diverso dai soliti concetti ormai superati. 

Il Real Madrid ha cambiato passo ed eliminato il PSG quando Ancelotti ha tolto Kross e Asensio per mettere in campo Camavinga e Rodrygo. Fuori due giocatori esperti ma bolliti, dentro due ragazzi. La squadra ha cambiato passo, Benzema ha fatto il resto. Da noi sarebbe mai successo. Tevez definì pubblicamente Allegri un “cagon”. Cristiano Ronaldo, dopo l’eliminazione subìta contro l’Ajax, con un gesto inequivocabile della mano lo accusò di mancanza di coraggio. Ma va bene così. Meglio continuare a spendere parole sulla rosa e sul centrocampo inadeguato (intanto Kulusevski e Bentancur al Tottenham sembrano rinati e dimostrano di poter addirittura recitare un ruolo di rilievo in Premier League) e magari vediamo anche di allontanare Dybala e Morata, ritenuti non all’altezza dai seguaci del tecnico. Tra non molto finirà sotto accusa anche Vlahovic, questione di tempo. Qualsiasi cosa pur di non vedere che la società paga 9 milioni per un allenatore capace soltanto di ridurre il calcio ad una serie di episodi. Una volta va bene, un’altra va male. Passeranno mai questi quattro anni?

In conclusione, vale la pena spendere qualche parola per celebrare il successo della squadra under 19 in Youth League. Nel pomeriggio di martedì, nel centro sportivo di Vinovo, è infatti andato in scena l’incontro valido per i quarti di finale della manifestazione riservata alle squadre giovanili. La Juventus ha battuto i pari età del Liverpool con un netto 2-0, al termine di una prestazione che ha entusiasmato pubblico e tifosi anche oltre il risultato maturato sul campo. Le reti a metà del secondo tempo segnate da Miretti e Chibozo, in rapida e inesorabile successione, hanno coronato una superiorità da parte dei ragazzi bianconeri evidente fin dalle prime battute di gioco. Squadra che si lascia apprezzare per la pulizia delle sue trame, la forte personalità con cui scende in campo e la capacità di muovere il pallone sempre in avanti, secondo gli insegnamenti del tecnico Bonatti, la giovane Juventus, dopo un primo tempo dominato e nel quale ha collezionato almeno cinque nitide occasioni per andare in vantaggio, nella ripresa ha ulteriormente alzato il livello della sua prestazione e con personalità e coraggio, per la prima volta nella sua storia, è andata a prendersi un biglietto per la final four in programma ad aprile a Nyon, dove contenderà il trofeo a Salisburgo, Atletico Madrid e una tra Benfica, Sporting e Dinamo Kiev. 

Il percorso dei bianconeri nella manifestazione, con un girone vinto in scioltezza, e la crescita, evidente e costante, di tutti i ragazzi lasciano la sensazione di un vivaio che dopo anni aridi sta tornando a far sbocciare giovani di grandi speranze. Su tutti, Fabio Miretti, centrocampista classe 2003, rappresenta un patrimonio tecnico da inserire gradualmente nel giro della prima squadra già a partire dall’ultimo scorcio di questa stagione. Inevitabilmente, prima o poi, arriva il momento in cui serve trovare il coraggio necessario per cambiare le proprie convinzioni quando queste si dimostrano evidentemente superate.